Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16802 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/07/2017, (ud. 25/05/2017, dep.07/07/2017),  n. 16802

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22035-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.E., I.B., domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’Avvocato VINCENZO BALZANI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 191/2010 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 24/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO AMATORE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la parte ricorrente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 191/50/2010 della Commissione Regionale Tributaria della Campania, depositata il 24.05.2010, affidando la sua impugnativa a due ragioni di doglianza.

che con ricorso depositato alla C.T.P. di Napoli la M.R., quale erede della sorella M.A., aveva impugnato personalmente l’accertamento per il recupero a tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione d’azienda; che con successivo ricorso la predetta parte, assistita in questo caso dal Rag. R., aveva impugnato il medesimo avviso di accertamento; che la C.P.T., riuniti i ricorsi, li rigettava perchè infondati.

che avverso la predetta sentenza gli eredi della parte ricorrente M.R., deceduta medio tempore in data 1.10.2005, proponevano appello con atto notificato all’Ufficio in data 8.9.2009: sostenevano gli appellanti di aver avuto conoscenza di tale sentenza solo in occasione della notifica della cartella esattoriale, effettuata in data 21-26.6.2008, e dunque di aver tempestivamente impugnato la sentenza che era affetta peraltro da nullità giacchè la C.T.P. avrebbe dovuto dichiarare la interruzione del giudizio proposto dalla M. personalmente e nel merito dichiarare infondate le pretese erariali;

che la C.T.R., con la sentenza sopra indicata, accoglieva l’appello ritenendolo tempestivo e dichiarava la nullità della sentenza impugnata perchè avrebbe dovuto dichiarare l’interruzione di entrambi i processi riuniti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 40, comma 2;

che, con il primo motivo, si denunziava innanzi a questa Corte la violazione e falsa applicazione degli artt. 327 e 161 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38 e ciò con riferimento all’art. 360 n. 4, codice di rito: si sostiene la inapplicabilità, nel caso di specie, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, in relazione all’art. 327 c.p.c., in relazione al fatto che la norma in esame si applicava al contumace, mentre nella fattispecie concreta il giudizio era stato attivato dal contribuente e dunque la norma non era applicabile agli eredi della predetta parte;

che, con il secondo motivo, si denunziava violazione di legge riferita al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 40, e ciò in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: si sostiene che in uno dei due giudizi, poi riuniti, la parte M. era assistita da un difensore e dunque la causa di interruzione del giudizio era collegata alla dichiarazione del difensore e non già al decesso della parte;

che si costituivano con controricorso i predetti resistenti, chiedendo il rigetto della impugnazione;

che la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 25.5.2017.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso è infondato;

che già il primo motivo di censura è infondato;

che in realtà ricorre, all’evidenza, la tempestività nella proposizione dell’appello, invece contestato dalla parte ricorrente, e ciò sulla base della giurisprudenza qui di seguito riportata;

che invero è stato costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui il termine d’impugnazione per fare valere, ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 1, la nullità della sentenza pronunciata in un giudizio proseguito nonostante l’automatica interruzione conseguente alla morte del convenuto, verificatasi dopo la notificazione dell’atto di citazione ma prima della Costituzione, è, nel caso di mancata notifica della sentenza stessa agli eredi del convenuto, di un anno (art. 327 c.p.c.) decorrente dal momento in cui i predetti ne abbiano avuto in qualsiasi modo conoscenza, dovendosi equiparare la posizione degli eredi a quella del contumace che non abbia avuto cognizione del processo per la nullità della citazione o della sua notificazione (V 495/78, mass n 389789; (V 1917/68, mass n 333916; (V 2726/68, mass n 335310); (Sez. 2, Sentenza n. 6984 del 21/12/1988, Rv. 461180 – 01); cfr. anche: Sez. L, Sentenza n. 7699 del 16/05/2003 (Rv. 563212 – 01);

che pertanto il primo motivo di censura avanzato dal ricorrente è infondato; che anche il secondo motivo di censura risulta infondato, atteso che non è rintracciabile la denunziata violazione di legge: in realtà la causa di interruzione determinato dalla morte della parte processuale determina la interruzione dell’unico procedimento nel quale erano confluite le due cause riunite per connessione;

che occorre addivenire ad una compensazione delle spese di lite tra le parti in ragione della natura prettamente processuale delle questioni affrontate.

PQM

 

rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio;

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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