Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16801 del 29/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 29/07/2011), n.16801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, STUMPO VINCENZO, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

W.H., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MARTIRI

DI BELFIORE N. 2, presso lo studio dell’avvocato CONCETTI Domenico,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce alla copia

notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 95/2007 della SEZ. DIST. CORTE D’APPELLO di

BOLZANO, depositata il (5/01/08) R.G.N. 36/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA per delega TADRIS PATRIZIA;

udito l’Avvocato CONCETTI DOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato il 12 dicembre 2008, l’INPS chiede, con due motivi, la cassazione della sentenza depositata il 5 gennaio 2008, con la quale, la Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda, proposta con ricorso del 7 dicembre 2005 da H. W. nei confronti dell’INPS, di corresponsione di ulteriori quattro ratei, oltre il primo regolarmente erogato, dell’indennità di disoccupazione relativi al periodo dal 1 febbraio al 31 maggio 2002, con gli accessori di legge.

In proposito, la Corte territoriale ha anzitutto respinto una eccezione di decadenza dall’azione formulata dall’INPS ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e successive modifiche e integrazioni, affermando che il provvedimento di rigetto della richiesta dei ratei successivi al gennaio 2002, rilevante ai fini dell’accertamento dell’eventuale decadenza annuale era la comunicazione in data 30 gennaio 2004 con la quale l’ente aveva comunicato all’assistito della perdita del diritto a tali ratei di indennità e non dal febbraio 2002, quando aveva interrotto l’erogazione dell’indennità, come sostenuto dall’INPS, per cui la decadenza era stata impedita dalla proposizione dell’azione giudiziaria col ricorso depositato il 7 dicembre 2005.

Nel merito, i giudici di appello hanno rilevato che, contrariamente a quanto dedotto dall’ente previdenziale (che aveva negato la prestazione in quanto l’assistito si era recato per tre mesi in vacanza in (OMISSIS)), nessuna norma (di legge, regolamentare e comunque preventivamente predisposta anche unilateralmente dall’INPS) impone ai lavoratore licenziato di risiedere in Italia durante il periodo in cui è richiesta l’indennità di disoccupazione.

L’intimato ha depositato la procura speciale in calce alla copia di ricorso notificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso, l’INPS deduce la violazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, comma 3 nel testo risultante dalle modificazioni apportate dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 convertito nella L. n. 166 del 1991 e dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 convertito nella L. n. 438 del 1992, rilevando che la indicata decisione del 30 gennaio 2004 era stata impugnata dall’interessato con ricorso amministrativo il 27 aprile 2004, ricorso che l’INPS aveva respinto solo in data 4 gennaio 2005, quindi tardivamente rispetto al termine di 90 giorni dal ricorso, scadente il 26 luglio 2004. Conseguentemente il termine annuale di decadenza applicabile al caso di specie era da ritenersi ampiamente decorso alla data del deposito introduttivo del giudizio, effettuato il 7 dicembre 2005.

Col secondo motivo, l’ente denuncia la violazione del R.D.L. 4 ottobre 1925, n. 1827, art. 45 convertito nella L. 6 aprile 1926, n. 1155 e D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 34 sostenendo che in ogni caso, recandosi dal febbraio 2002 in vacanza in Tailandia, il W. aveva perduto il diritto all’indennità di disoccupazione.

Il ricorso è fondato nel primo motivo, assorbito il secondo (in ordine al quale cfr., comunque, Cass. 3 settembre 2008 n. 22151).

A norma del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, commi 2 e 3 nel testo risultante dalle modificazioni apportate dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 convertito nella L. n. 166 del 1991 e dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 convertito nella L. n. 438 del 1992 “Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunciata dai competenti organi dell’Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronuncia della predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta.

Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24 l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma”.

Nel caso in esame, in cui il sig. W. aveva proposto in data 27 aprile 2004 un tempestivo ricorso amministrativo avverso la decisione del 30 gennaio precedente di diniego dell’indennità di disoccupazione ordinaria a partire dal 31 gennaio 2002, non essendo intervenuta entro successiva 90 giorni (secondo quanto stabilito nella materia L n. 88 del 1989, art. 46, comma 6) la decisione da parte degli organi competenti dell’INPS, ricorreva, ai fini della decadenza annuale, la seconda delle ipotesi indicate dalla legge del 1992 e pertanto tale decadenza è iniziata a decorrere dal 26 luglio 2004, maturando pertanto il 26 luglio 2005.

Ed invero secondo la giurisprudenza di questa Corte richiamata dal ricorrente “il tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (nel testo modificato dal D.L. n. 384 del 1992, art. 34 del convertito, con modificazioni, nella L. n. 438 del 1992), individua nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” – la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui alla L. n. 533 del 1973, art. 7 e di centottanta giorni, previsto dalla L. n. 88 del 1989, art. 46, commi 5 e 6), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo”per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno): tale principio va esteso all’ipotesi di tardivo provvedimento di rigetto nel merito da parte dell’istituto previdenziale.” (cfr. ad es. Cass. 29 marzo 2010 n. 7527, 17 marzo 2008 n. 7148, 23 ottobre 2007 n. 22243).

Concludendo, sulla base delle argomentazioni svolte, deve rilevarsi che alla data di deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio, avvenuto il 7 dicembre 2005, il diritto ai ratei di indennità di disoccupazione per i mesi dal febbraio al maggio 2002 azionato da W.H. era ormai estinto.

Il ricorso dell’INPS va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto dell’originaria domanda del W..

Il regolamento delle spese dell’intero processo si uniforma al criterio della soccombenza e la relativa liquidazione è operata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta originaria di W.; condanna quest’ultimo a rimborsare all’INPS le spese dell’intero processo, liquidando quelle di primo grado in Euro 1.050,00 di cui Euro 300,00 per diritti ed Euro 750,00 per onorari, quelle dell’appello in Euro 1.350,00 di cui Euro 300,00 per diritti ed Euro 1.000,00 per onorari e le spese di questo giudizio di cassazione in Euro 15,00 per esborsi ed Euro 1500,00 per onorari, oltre gli accessori di legge in ogni grado.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2011

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