Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16800 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 26/03/2010, dep. 16/07/2010), n.16800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso

la stessa domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 64/50/07, depositata il 26 marzo 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26 marzo 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 64/50/07, depositata il 26 marzo 2007, che, accogliendo l’appello di P.G., avvocato, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1999, 2000, 2001, 2002 e 2003, ritenendo che l’intervenuta definizione automatica in relazione ai redditi degli anni oggetto di contestazione, in base alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, “rende sì definitiva la liquidazione delle imposte, compresa l’IRAP, ma sempre che ne sussistano i corrispondenti presupposti impositivi”, in quanto “il professionista è soggetto all’IRAP solo se titolare di un’attività autonomamente organizzata. In definitiva il condono tombale non può inerire a tributi inesistenti”.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene due motivi, che rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con il primo l’Agenzia delle entrate, denunciando violazione dell’art. 9 della legge n. 289 del 2002, deduce che il condono comporterebbe l’esaurimento del rapporto tributario sottostante, con la conseguenza che nessuna pretesa di restituzione il contribuente potrebbe legittimamente fare valere; con il secondo motivo lamenta la violazione della normativa istitutiva dell’IRAP in ordine al presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione.

Questa Corte ha affermato che, “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi cerne questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra” (Cass. n. 25239 del 2007).

Ed ha altresì affermato che, “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria” (Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007).

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto il primo motivo, assorbito l’esame del secondo, appare manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che dalla sentenza appellata risulta che il contribuente ” P. G. Via (OMISSIS)”, rappresentato da sè stesso e dal Dott. M.L., ha eletto domicilio presso lo studio dello stesso P. in Via (OMISSIS);

che il ricorso per cassazione risulta notificato dapprima, il 24 aprile 2008, mediante consegna del plico postale al portiere dello stabile, e successivamente (“anzi si notifichi…”), il 16 maggio 2008, “all’avv. P.G., presso lo studio M.- F. in (OMISSIS)”, a mezzo del servizio postale, ma non risulta prodotto il relativo avviso di ricevimento;

che mentre la seconda notifica non risulta essersi perfezionata, vi è incertezza in ordine all’esito della prima, eseguita in un luogo diverso dal domicilio eletto.

PQM

la Corte rinvia a nuovo ruolo per la rinnovazione della notifica, concedendo all’uopo termine di giorni novanta dalla comunicazione della presente ordinanza.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

 

 

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