Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1680 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. lav., 26/01/2021, (ud. 08/09/2020, dep. 26/01/2021), n.1680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4269/2015 proposto da:

B.I., S.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO PIRANI,

rappresentati e difesi dagli avvocati GRAZIA PIA GARGANO, CINZIA

GORDINI;

– ricorrenti –

contro

CAMERA DI COMMERCIO, INDUSTRIA, ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI BOLOGNA,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CESARE PAVESE 141, presso lo studio

dell’avvocato NUNZIO VALENZA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARLA CAVINA;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, ESTER ADA SCIPLINO, EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO, GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 553/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 18/07/2014 r.g.n. 1416/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto della domanda proposta da S.A. e B.I. avverso la Camera di Commercio e l’Inps di risarcimento del danno pensionistico subito a causa del mancato riconoscimento del periodo contributivo dal settembre 1971 al dicembre 1975.

La Corte ha esposto che lo S., iscritto all’albo delle imprese artigiane dal 1970 e la moglie B. dall’1/2/1974, era stato erroneamente cancellato dall’albo delle imprese artigiane dalla Camera di commercio e poi nuovamente iscritto in autotutela dalla stessa Camera di commercio.

Secondo la Corte territoriale il danno pensionistico non era imputabile alla cancellazione, ma al mancato pagamento dei contributi da parte degli appellanti in detto periodo. Ha rilevato, infatti, che a fronte della mancata richiesta da parte dell’Inps di pagamento dei contributi, lo S. avrebbe dovuto attivarsi, considerata la non operatività del principio di automaticità delle prestazioni per i lavoratori autonomi, oppure provvedere al pagamento spontaneo a seguito della comunicazione del 21/1/1980 con la quale l’Inps lo aveva avvisato di aver disposto la rettifica della decorrenza dell’obbligo contributivo dall’1/1/1976, nell’ambito della prescrizione quinquennale; che infatti l’Inps non poteva chiedere il pagamento dei contributi prescritti,ma lo S. avrebbe potuto pagarli spontaneamente e,certamente a tale data, era a piena conoscenza del mancato versamento dei contributi dal 1971 al 1974; che non potevano porsi questioni relative alla cancellazione in quanto, a seguito del provvedimento in autotutela, la cancellazione era stata posta nel nulla con attestazione di continuità dell’impresa e che ciò legittimava lo S. a pagare i contributi.

2. Avverso la sentenza ricorrono in Cassazione lo S. e la B. con quattro motivi. Resiste la Camera di Commercio di Bologna. L’Inps ha rilasciato delega in calce al ricorso notificato. I ricorrenti e la Camera di Commercio hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 2115 c.c., comma 3, art. 2937 c.c., comma 2, L. n. 463 del 1959, art. 4, commi 8 e 9. Censurano l’affermazione della Corte secondo cui anche dopo il decorso del termine di prescrizione triennale lo S. avrebbe potuto e dovuto pagare spontaneamente i contributi prescritti considerato che la disciplina dell’art. 2937 c.c., non poteva essere applicata all’Inps e che l’art. 4 citato vietava la regolarizzazione dei contributi prescritti.

4. Con il secondo motivo denunciano violazione della L. n. 463 del 1959, art. 4, comma 8 e della L. n. 1533 del 1956, art. 3, censurano l’affermazione della Corte secondo cui lo S., all’epoca in cui i contributi non erano ancora prescritti, li avrebbe comunque potuti versare spontaneamente. Osservano che la Corte non aveva dato rilievo alla mancata iscrizione nelle liste nominative, iscrizione necessaria al fine di consentire all’artigiano di versare i contributi in quanto poi inserito nei ruoli esattoriali,i quali, una volta ricevuti da parte dell’esattore, obbligavano al pagamento. Deducono che a causa dell’inadempimento della Camera di Commercio e dell’Inps lo S. non era stato posto in condizioni di pagare.

Osservano che era stato erroneamente cancellato e poi iscritto nuovamente, ma o per tardiva comunicazione all’Inps da parte della Camera di Commercio,o per tardivo recepimento da parte dell’Inps di tale comunicazione, la regolarizzazione della posizione era stata disposta con ingiustificabile ritardo con conseguente decorso del termine prescrizionale.

5. Con il terzo motivo denunciano violazione degli artt. 1175,1176,1218,1223 e 1227 c.c.. Ritenuta la natura contrattuale del rapporto, la Corte avrebbe dovuto applicare tali norme ed affermare il concorso colposo degli enti pubblici il cui comportamento aveva senz’altro contributo al verificarsi del danno.

6. Con il quarto motivo denunciano l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Censurano l’affermazione della Corte secondo cui il ricorrente non aveva ricevuto i ruoli esattoriali durante il periodo di cancellazione. Deducono che invece lo S. aveva ricevuto e pagato i ruoli e solo successivamente aveva scoperto che si riferivano esclusivamente alle prestazioni assistenziali e non anche contributive non essendo specificate nei ruoli la causa del pagamento.

7. I motivi,congiuntamente esaminati stante la loro connessione,sono infondati.

8. L’impresa dello S. è stata per errore della Camera di Commercio cancellata dall’albo delle imprese artigiane nel 1971 e da tale data non sono più stati inviati i bollettini per i pagamenti relativi alla contribuzione per gli artigiani dovuta all’Inps.

Con provvedimento emesso, in autotutela, la Camera di commercio ha iscritto nuovamente l’impresa senza interruzioni, circostanza in data non precisata comunicata all’Inps.

In data 21 gennaio 1980 l’Inps ha comunicato allo S. la rettifica con decorrenza dell’obbligo contributivo dall’1/1/1976, tenuto conto della prescrizione. Secondo i ricorrenti, una volta appreso l’errore e la successiva regolarizzazione, non avrebbero potuto chiedere il risarcimento in quanto ancora non vi era il danno, nè avrebbero potuto pagare spontaneamente in quanto i contributi erano prescritti (1 motivo); non avrebbero neppure potuto pagare quando i contributi non erano ancora prescritti in quanto mancava l’iscrizione nell’albo degli artigiani avente carattere costitutivo, atto prodromico necessario (2 motivo) e solo chi era iscritto veniva poi inserito nei ruoli esattoriali e poteva pagare all’esattore e non all’Inps.

Le argomentazioni dei ricorrenti sono infondate.

Va, in primo luogo, rilevato che il richiamo alla L. n. 443 del 1985, art. 5, il quale al comma 5, afferma che l’iscrizione all’albo ha natura costitutiva, non vale ad esonerare i ricorrenti dalla responsabilità per aver omesso di pagare i contributi dovuti all’Inps e per i danni riportati a seguito di tale mancato pagamento. Incontestato è, infatti, lo svolgimento di attività artigianale e l’obbligo di pagamento sorge per il fatto dello svolgimento di tale attività (cfr. Cass. n. 8434 del 27/05/2003 secondo cui “l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane della L. n. 443 del 1985, ex art. 5, non ha valore costitutivo per l’insorgenza del rapporto assicurativo dell’artigiano), ai sensi della L. n. 463 del 1959 e L. n. 233 del 1990) e del conseguente obbligo contributivo, i quali vengono ad esistenza automaticamente con l’espletamento, da parte del titolare dell’impresa, delle attività aventi le caratteristiche previste dagli artt. 3 e 4 della medesima legge”).

Il richiamo, dunque, alla natura costitutiva dell’iscrizione all’albo di un’impresa artigiana, nei termini sopra indicati, non spiega alcuna influenza nella fattispecie in esame assumendo rilievo ad altri fini.

Lo stesso ricorrente, del resto, si era iscritto all’albo delle imprese artigiane ed ora non può ritenersi esonerato, in definitiva, per la sola circostanza che non gli erano arrivati i ruoli esattoriali. Tale circostanza, infatti, come ha rilevato la Corte,avrebbe dovuto indurlo ad attivarsi ” per conoscere le ragioni del mancato inoltro “e provvedere al pagamento pretendendo la regolarizzazione della sua posizione, considerato anche che egli, quale lavoratore autonomo, era “dominus della sua posizione previdenziale”, nè avrebbe potuto beneficiare del principio di automaticità delle prestazioni, non operante nei confronti dei lavoratori autonomi.

Il mancato invio dei ruoli esattoriali avrebbe dovuto insospettire i ricorrenti, restando dunque imputabile a loro stessi se detti contributi si sono poi prescritti.

9. Ad ulteriore conferma dell’infondatezza della domanda va, altresì, rilevato che in data 21 gennaio 1980 l’Inps ha comunicato allo S. la rettifica con decorrenza dell’obbligo contributivo dall’1/1/1976. Fin dal 1980, dunque, lo S. era a conoscenza della scopertura di un periodo contributivo e, poichè il provvedimento in autotutela aveva posto nel nulla la cancellazione con conseguente continuità dell’impresa, i ricorrenti erano ben legittimati a chiederne la regolarizzazione anche agli effetti contributivi dei periodi scoperti. Anche sotto tale profilo non si giustifica il mancato pagamento dei contributi. Il danno pensionistico lamentato è riconducibile, come ha affermato la Corte territoriale, al mancato pagamento dei contributi alle date corrette e non già all’erronea cancellazione dall’albo delle imprese artigiane.

10. Con riferimento all’avvenuto pagamento dei bollettini che i ricorrenti assumo di aver ricevuto in tutto il periodo creando in essi la convinzione della regolarità dei pagamenti, va rilevato che la Camera di Commercio riferisce che erano versamenti effettuati all’Inail, mentre per i ricorrenti si trattava di versamenti relativi al servizio sanitario. Risulta certo ed evidente che non erano i versamenti per i contributi dovuti all’Inps e tanto basta per escludere qualsiasi rilevanza decisiva a tale circostanza.

11. Quanto, infine, al terzo motivo va rilevato che la questione del concorso colposo non risulta esaminata dalla Corte territoriale, nè il ricorrente ha provato che la questione sia stata sollevata fin dal primo grado o che, comunque, l’omesso esame d’ufficio del fatto colposo del creditore da parte del giudice di primo grado,sia stato oggetto dell’impugnazione della sentenza del Tribunale, in difetto) qualora, ciò non sia avvenuto, la questione resta preclusa e non può essere sollevata nell’ulteriore corso del giudizio. Infatti, pur ammesso che il giudice debba procedere d’ufficio all’indagine in ordine al concorso del fatto colposo (cfr da Cass. Sez. 3, ord. 19 luglio 2018, n. 19218,; in senso conforme, tra le altre, Cass. Sez. 3, sent. 25 maggio 2010, n. 12714, Cass. Sez. 3, sent. 23 gennaio 2006, n. 1213) nondimeno, resta inteso che “ove il giudice di primo grado non abbia rilevato d’ufficio se le dedotte circostanze potessero integrare una colpa concorrente del danneggiato”, “la parte ha l’onere di proporre appello per tale omissione, dato che la rilevabilità d’ufficio non comporta, altresì, che essa possa farsi valere in ogni stato e grado del processo, e se non abbia proposto appello, non può dedurre per la prima volta in Cassazione la questione del concorso di colpa del danneggiato” (cfr. Cass. 1164/2020).

12. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna dei ricorrenti a pagare le spese di lite.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare alla Camera di Commercio le spese di lite liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali,oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

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