Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16799 del 05/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16799 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 13953-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
BANCA POPOLARE DI MILANO SCARL 00715120150, in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
GIUSEPPE MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato ESCALAR
GABRIELE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SALVINI LIVIA giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 05/07/2013

avverso la sentenza n. 474//2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO dell’8/02/2010,
depositata 1’01/04/2010;
,

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

udito l’Avvocato Escalar Gabriele difensore della controricorrente che
si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che
nulla osserva.

Ric. 2011 n. 13953 sez. MT – ud. 23-05-2013
-2-

CARACCIOLO;

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva
La CTR di Milano ha respinto l’appello principale dell’Agenzia ed accolto l’appello
incidentale della “Banca Popolare di Milano – scarl” -appelli proposti contro la
sentenza n.174/01/2008 della CTP di Milano che aveva parzialmente accolto i ricorsi
della medesima società- ed ha così integralmente annullato l’avviso di accertamento
per IRPEG relativa all’anno 2001.
L’Agenzia ha proposto ricorso fondato su quattro motivi.
La contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, va riproposta qui la problematica dei cosiddetti “ricorsi farciti”, cioè
confezionati in modo tale che siano riprodotti con procedimento fotografico (o
similare) gli atti dei pregressi gradi e i documenti ivi prodotti, tra di loro giustapposti
con mere proposizioni di collegamento, ovvero ancora —come nella specie di causamediante la semplice trascrizione o integrazione fotografica- del testo della pronuncia
impugnata, preceduta dall’assunto che la stessa contenga un’esaustiva esposizione dei
fatti di causa e sia perciò sufficiente ad assolvere di per sé all’onere di “esposizione
sommaria dei fatti di causa”.
(Cass. S.U. 19255/2010; Cass. S.U.

E’ indirizzo costante di questa Corte

16628/2009; Cass. 15180/2010) quello che ha sanzionato di inammissibilità, per
violazione del criterio di autosufficienza, detta modalità grafica, poiché essa equivale,
in sostanza, ad un rinvio puro e semplice agli atti di causa (così come riprodoti o

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letti gli atti depositati

riassunti nel contesto del provvedimento giudiziario impugnato) e viola di poi il
precetto dell’art.366 comma 1 n.3 cpc che impone l’esposizione sommaria dei fatti di
causa, onere sostituito da una modalità grafica che rende indaginosa e complessa,
nonché rimessa alla discrezionale valutazione del relatore, la verifica del contenuto
degli atti di causa e la delineazione del thema decidendum oggetto dei gradi di

L’anzidetta prescrizione non può ritenersi osservata allorché il ricorrente non
prospetti alcuna narrativa degli antefatti e dei fatti di causa né determini con
precisione l’oggetto della originaria pretesa, così contravvenendo proprio alla finalità
primaria della prescrizione di rito, che è quella di rendere agevole la comprensione
della questione controversa, e dei profili di censura formulati, in immediato
coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata. La consecuzione di atti
puramente giustapposti (o intervallati da semplici locuzioni di raccordo) o la mera
trascrizione della pronuncia impugnata, se allevia la parte ricorrente dal necessario
sforzo di selezione e di sintesi, grava contempo la Corte di un compito che le è
istituzionalmente estraneo, né può essere giustificata con l’intento di assolvere più
puntualmente all’onere di autosufficienza, perché il momento della verifica degli atti
viene solo dopo la sommaria ed autosufficiente esposizione dei fatti e non può essere
anticipato. D’altronde, se fosse questo il vero intento della parte ricorrente, essa non
avrebbe avuto alcuna necessità di trascrivere il contenuto della sentenza impugnata,
che è già obbligatoriamente prodotta in una con il ricorso per cassazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 10 ottobre 2012

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che entrambe le parti hanno depositato memorie, dalle quali la Corte non desume
ragioni per dissentire dalle conclusioni della relazione;

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merito.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite

esborsi.
Così deciso in Roma il 23 maggio 2013.

di questo grado, liquidate in € 9.000,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per

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