Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16798 del 29/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 29/07/2011), n.16798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

DOTT.SSA P.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA RODI 32, presso lo studio dell’avvocato CHIOCCI MARTINO UMBERTO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SPADETTA

ANTONIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE CITTA’ DI MILANO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

BACONE 9, presso lo studio dell’avvocato AVOLIO ANTONIETTA,

rappresentata e difesa dall’avvocato AVOLIO VINCENZO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 851/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 28/11/2006 r.g.n. 692/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per il

terzo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano confermava la statuizione di primo grado con cui era stata rigettata la domanda proposta dalla dottoressa P.A.M., medico convenzionato con il SSN, nei confronti della Asl di Milano per ottenere la sua condanna al pagamento di Euro 60.936,93 oltre accessori nella misura del 12% a titolo di compenso aggiuntivo dovuto, per il periodo da gennaio 1995 a gennaio 2002, in virtù dell’Accordo Quadro 15 marzo 2002 della Regione Lombardia; in subordine la minor somma di Euro 18.348,84 per la medesima indennità, sempre in forza dell’accordo predetto, per il periodo dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2001. Affermava la Corte territoriale che nell’Accordo Quadro su cui si fondava la pretesa era sì previsto il diritto dei sanitari convenzionati al compenso aggiuntivo, ma era stato altresì precisato che ci si riservava un approfondimento, per coloro, tra cui era da includere la P. (sentenza Tribunale di Milano del 21 ottobre 2000), cui fosse stato negato il diritto stesso con sentenza passata in giudicato. In tal modo, osservava la Corte territoriale, i soggetti già destinatari di un giudicato di rigetto, dovevano essere esclusi dalla erogazione, perchè il loro trattamento era stato rimesso ad un futuro ed eventuale regolamento negoziale. Quanto alla domanda subordinata, non esaminata dalla sentenza di primo grado, aveva per oggetto il diritto fatto valere sulla base della normativa antecedente all’Accordo Quadro, per il periodo successivo al giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Milano del 21 ottobre 2000, ossia il periodo da gennaio 2000 al 31 dicembre 2001, ma secondo la Corte, la pretesa era preclusa dal suddetto giudicato che copriva anche il periodo successivo, giacchè, restando immutati i fatti, la domanda si fondava pur sempre su questioni costituenti il presupposto logico e indefettibile di quella decisione definitiva.

Avverso detta sentenza la P. ricorre con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste la ASL con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, lamentando violazione dell’art. 2909 cod. civ. si sostiene l’insussistenza del giudicato preclusivo all’accoglimento della domanda, perchè la sentenza del Tribunale di Milano dell’ottobre 2000 concerneva il cumulo tra le quote di carovita e l’indennità integrativa speciale, e quindi un emolumento diverso dal compenso aggiuntivo, introdotto dal D.P.R. n. 500 del 1996 in luogo delle quote di carovita.

Con il secondo motivo si lamenta contraddittorietà di motivazione, perchè in una parte della sentenza si rileverebbe che il titolo fatto valere era lo stesso di cui al giudicato, mentre in altra parte si affermerebbe che il titolo era diverso.

Con il terzo motivo si deduce difetto di motivazione in relazione alla domanda subordinata di riconoscimento dell’indennità per il periodo 1.1.2000/31.12.2001 ossia per il periodo successivo a quello coperto da giudicato, lamentando che la Corte territoriale abbia affermato che la domanda veniva fondata sul D.P.R. del 1996 e quindi sullo stesso titolo di cui al giudicato, mentre sostiene la ricorrente che la attuale pretesa si fonda sull’Accordo Quadro, e quindi giudicato non potrebbe avere efficacia preclusiva, essendo diversi sia i titoli, sia i periodi. Il ricorso non merita accoglimento.

1. Con la sentenza del 21 ottobre 2000 il Tribunale di Milano rigettò la domanda della attuale ricorrente volta ad ottenere in misura integrale il compenso aggiuntivo di cui al D.P.R. n. 500 del 1996, art. 31 alla stregua del principio della impossibilità di cumulo totale tra il medesimo compenso aggiuntivo e l’indennità integrativa speciale percepita sulla pensione.

Il Tribunale infatti, secondo il testo riportato nel presente ricorso, ritenne che il divieto del cumulo integrale, già previsto per le quote di carovita di cui alla precedente convenzione, valesse anche per il compenso aggiuntivo che il D.P.R. n. 500 del 1996 aveva sostituito alle quote di carovita. Detta statuizione è pacificamente passata in giudicato.

Nel 2003 la dottoressa P. propose il presente giudizio per richiedere nuovamente il pagamento integrale del compenso aggiuntivo, ma non più sulla base del D.P.R. n. 500 del 1996, ma sulla base del c.d. Accordo Quadro intervenuto il 15 marzo 2002 tra la regione Lombardia e le organizzazioni sindacali dei medici convenzionati. Con detto accordo la Regione si obbligava a liquidare ai medici convenzionati, attraverso le ASL, i crediti maturati per la mancata corresponsione, in tutto o in parte, della voce stipendiale “compenso aggiuntivo” relativamente al periodo gennaio 1995/gennaio 2002. Con il presente giudizio la ricorrente pone quindi a base della pretesa non più il D.P.R. n. 500 del 1996, ma l’Accordo Quadro, sostenendo che, essendo cambiato il titolo, il giudicato già formatosi non opererebbe. Più precisamente nel giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale di Milano passata in giudicato, il compenso aggiuntivo integrale era stato chiesto fino al 2000, con il presente giudizio viene ora chiesto, sulla base dell’Accordo Quadro, dal gennaio 1995 al 31 dicembre 2001, data di fine della convenzione.

2. La tesi prospettata con i primi due motivi, da trattare congiuntamente stante la connessione, non è fondata.

Il primo luogo il giudicato copre sicuramente tutto il periodo fino alla data di emanazione della sentenza del Tribunale di Milano, giacchè quella statuizione ha escluso il relativo diritto e detta esclusione non può più essere messa in discussione, essendo irrilevante che sia mutato il titolo su cui si fonda la pretesa, pena, diversamente opinando, la possibilità di caducazione di tutti i giudicati ove fosse consentito di azionare nuovamente la “medesima” pretesa (nella specie il compenso aggiuntivo in misura integrale dal 1995 al 2000) sulla base di un titolo diverso, e ciò sulla base del principio per cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile.

E’ stato infatti affermato (tra le tante Cass. n. 8650 del 12/04/2010) che ” Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno dì essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo.” Nello stesso senso si è pronunciata la sentenza n. 25862 del 21/12/2010 con cui si è affermato che Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica comune ad entrambe le cause preclude il riesame del punto accertato e risolto, pur se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle costituenti lo scopo e il “petitum” del primo; l’autorità del giudicato non è di ostacolo all’allegazione ed alla cognizione di nuovi e “posteriori” eventi i quali incidano sul modo di essere del diritto deciso, ma impedisce il riesame o la deduzione di questioni “anteriori” ad esso, tendenti ad una nuova decisione della controversia già risolta con provvedimento definitivo, a nulla rilevando che questi ultimi non fossero conosciuti dalle parti al tempo del primo processo.

3. Patimenti infondato è il terzo motivo.

E’ vero infatti, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, che la preclusione da giudicato aveva termine nel 2000 non potendo questo spiegare effetti per il futuro, ossia oltre la data della sentenza, di talchè la pretesa per il periodo successivo poteva ben essere fatta valere con il presente giudizio, azionando il diritto all’integrale compenso aggiuntivo dal gennaio 2000 fino al 31 dicembre 2001, data di fine del rapporto convenzionale, sulla base di un fatto intervenuto successivamente al giudicato, ossia sulla base dell’Accordo Quadro.

Tuttavia la domanda è infondata anche per questo residuo periodo, perchè lo esclude lo stesso titolo su cui essa si fonda. E’ infatti pacifico che l’Accordo Quadro del 2002, nel riconoscere il compenso aggiuntivo in via retroattiva, ossia dal gennaio 1995 al gennaio 2002, prevedeva espressamente.

Per le posizioni dei sanitari cui l’autorità giudiziaria ha negato, con sentenza passata in giudicato, il diritto oggetto del presente accordo, ci si riserva un approfondimento”.

L’Accordo Quadro escludeva dunque dal beneficio (salvo ulteriori intese, che non risultano essere intervenute) tutti coloro che avevano avuto un giudicato di rigetto della pretesa fatta valere al compenso aggiuntivo, e il giudicato ivi contemplato non poteva che riferirsi al periodo precedente all’accordo stesso, e, stante l’assenza di determinazioni temporali, quale che fosse il periodo considerato dal giudicato medesimo. Nè si può sostenere che secondo detta clausola sarebbe salvo il periodo non coperto da giudicato, nella specie appunto quello di cui alla domanda subordinata concernente il lasso di tempo da 1.1.2000 al 31.12.2001, perchè, se così interpretata, la clausola medesima sarebbe stata inutile e non avrebbe avuto alcun significato, essendo ovvia l’assenza di impedimenti per il periodo non coperto dalla sentenza passata in giudicato. In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 30,00 per esborsi e in millecinquecento/00 Euro per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2011

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