Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16798 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/07/2017, (ud. 25/05/2017, dep.07/07/2017),  n. 16798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1898-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.U.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 15/2009 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 16/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2017 dal Consigliere Dott. AMATORE ROBERTO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la parte ricorrente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa, in data 15.2.2009, dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 3, con la quale la detta Commissione accoglieva la domanda di revocazione del contribuente, dichiarando non dovuta l’Irap per gli anni 2003, 2004 e 2005 e fondando tale decisione sulla circostanza fattuale secondo cui, negli anni compresi tra il 2003 ed il 2005, il contribuente non aveva presentato istanza di condono e pertanto la richiesta dell’imposta pagata doveva essere accolta giacchè, nel merito, l’imposta non era dovuta;

che con ricorso datato 27 marzo 2006 l’odierno resistente si era opposto al silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso dell’Imposta Irap per gli anni dal 2001 al 2005: assumeva il contribuente di non avvalersi nella sua professione di perito nè di collaboratori nè di dipendenti e di essere privo di qualsiasi forma di organizzazione, con il conseguente diritto al rimborso delle somme indebitamente versate a titolo di Irap; che si era costituito l’ente erariale, rilevando, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per l’assenza di un atto impugnabile, e ciò in ragione della circostanza che il contribuente non aveva presentato domanda di rimborso in via amministrativa con conseguente inammissibilità D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19; sostenendo, peraltro, che non essendosi avvalso il contribuente, per gli anni 2001 e 2002, della sanatoria di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 7, la relativa istanza doveva considerarsi inammissibile per gli anni interessati dal condono; ed eccependo, peraltro, in relazione al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, la decadenza al diritto al rimborso per i versamenti effettuati anteriormente al 27 marzo 2002;

che la Commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza n. 140/4/2007, aveva rigettato il ricorso del contribuente, ritenendo fondata, da un lato, l’eccezione preliminare sollevata dall’Agenzia in relazione alla mancanza di un atto impugnabile e, dall’altro, sottolineando come l’adesione alla sanatoria di cui al predetto la L. n. 289 del 2002, art. 7, avesse reso definitivo il risultato delle liquidazioni delle imposte applicate alle dichiarazioni presentate dal ricorrente per gli anni 2001 e 2002;

che il contribuente aveva proposto appello e l’ente oggi ricorrente aveva riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso;

che con sentenza n. 13/4/2008 la Commissione tributaria regionale aveva rigettato l’appello sulla base della già accertata circostanza secondo cui il contribuente aveva optato per la sanatoria delle pendenze tributarie con la conseguente inibizione di ogni possibilità di restituzione delle somme già versate;

che il contribuente aveva impugnato, allora, tale decisione chiedendone la revocazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 64 e art. 395 c.p.c., e lamentando l’errore derivante dal fatto che nessuna istanza di condono era stata presentata per gli anni 2003, 2004 e 2005;

che la Commissione tributaria regionale, con la sentenza qui impugnata, aveva accolto il ricorso del contribuente, dichiarando non dovuta l’Irap per il triennio da ultimo menzionato sulla base della accertata circostanza che per il periodo in esame il contribuente non aveva presentato istanze di condono e pertanto l’imposta, nel merito, non era dovuta;

che insorgeva avverso quest’ultima sentenza l’Agenzia delle Entrate, presentando due motivi di doglianza;

che, con il primo motivo, si denunziava violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e dell’art. 2969 c.c., osservando che dall’incarto processuale non era emerso che il contribuente avesse avanzato una valida istanza di rimborso con conseguenziale inammissibilità del ricorso originario, come peraltro aveva affermato già il giudice di prime cure e che solo in appello il contribuente aveva depositato una istanza di rimborso che tuttavia si riferiva ad una raccomandata spedita non direttamente dal contribuente, ma dal suo difensore e che la stessa non risultava sottoscritta dall’odierno resistente nè risultava indicata la somma oggetto della richiesta di rimborso; si eccepiva inoltre la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto il giudicante della revocazione aveva di fatto esentato il contribuente della prova sullo stesso incombente della esistenza della predetta istanza di rimborso; proponeva, pertanto, alla Corte il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se possa ritenersi valida la sentenza che abbia riconosciuto al contribuente il diritto di rimborso dell’Irap versata negli anni 2003 – 2005 in relazione ad istanza di rimborso di cui l’Ufficio ha negato l’effettiva presentazione – prova prodotta solo in appello senza la sottoscrizione della istanza da parte del contribuente e della quantificazione dell’importo – o se ricorra invece una ipotesi di violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, come tale rilevabile in ogni stato e grado di giudizio – per la inesistenza di un atto su cui si possa essere validamente formato il silenzio rifiuto”; che con il secondo motivo si denunziava omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, su un punto decisivo della controversia, eccependo una carenza assoluta di motivazione in relazione all’affermazione del diritto del contribuente alla restituzione per gli anni 2003, 2004 e 2005, diritto per il quale il contribuente non aveva presentato istanza di sanatoria ed il giudice della revocazione, nel conseguente giudizio rescissorio, non aveva motivato, nel merito, l’effettività del diritto al rimborso ex adverso richiesto, e ciò senza vagliare la fondatezza del diritto del contribuente a non versare la predetta tassa; precisava pertanto l’ente erariale il seguente quesito di diritto: “Se possa ritenersi validamente motivata una sentenza di revocazione la quale – una volta riconosciuto il vizio revocatorio del giudice a quo – si limiti a fondare l’accoglimento della domanda di rimborso Irap sulla semplice dichiarazione che essa sia fondata nel merito, senza spiegarne le ragioni”;

che la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 25.5.2017.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso è fondato quanto al secondo motivo di censura;

che il primo motivo di doglianza è invece manifestamente infondato, giacchè non risulta rilevante e pertinente il diritto del contribuente per il periodo 2003/2005 sulla base della presentazione della istanza di condono, se il giudizio di revocazione si fonda proprio sulla mancata presentazione della predetta istanza da parte del contribuente e perchè, inoltre, la istanza era stata comunque presentata in appello ed acquisita in giudizio;

che, in relazione al secondo motivo, non vi era una adeguata motivazione sulle ragioni che legittimavano nel merito il contribuente, per il periodo oggetto dell’accertato errore revocatorio, ad avere diritto alla restituzione dell’Irap, visto e considerato che ciò era stato oggetto di contestazione da parte dall’Agenzia delle Entrate;

che pertanto si impone l’annullamento della impugnata sentenza in ragione del sopra evidenziato vizio argomentativo;

che le spese del presente giudizio potranno essere valutate in sede di giudizio di rinvio.

PQM

 

Accoglie il ricorso e per l’effetto annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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