Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16796 del 09/08/2016
Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 22/07/2016, dep. 09/08/2016), n.16796
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1959/2012 R.G. proposto da:
M.A. S.p.A., in persona del dirigente procuratore
dott. D.D.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale
Mazzini, 11, presso lo studio della Prof. Avv. Livia Salvini del
Foro di Roma, che la rappresenta e difende, unitamente alla Prof.
Avv. Laura Castaldi del Foro di Firenze giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 155/13/2010, depositata il 22/11/2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22
luglio 2016 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;
udito per la ricorrente l’Avv. Laura Castaldi;
udito il RM., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa
SOLDI Anna Maria, la quale ha concluso per il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La M.a. S.p.A. impugna con quattro mezzi la sentenza, depositata in data 22/11/2010, con la quale la C.T.R. della Lombardia, in accoglimento dell’appello proposto dall’ufficio, ha affermato la legittimità del diniego opposto all’istanza della contribuente di rimborso di Ires asseritamente pagata in eccesso, per l’anno d’imposta 2004, in dipendenza dalla mancata deduzione dal reddito imponibile delle somme versate a titolo di sanzioni irrogate dall’Isvap per inosservanza di alcuni termini temporali nell’esecuzione delle obbligazioni derivanti dai contratti assicurativi: deduzione che la società riteneva invece potersi operare.
2. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Con i primi due motivi di ricorso la società contribuente deduce, rispettivamente, “nullità del procedimento per error in procedendo”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e violazione di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. disatteso l’eccezione di giudicato interno opposta da essa appellata in ragione della mancata impugnazione, da parte dell’ufficio, della prima delle due alternative rationes decidendi poste a fondamento della sentenza di primo grado: ratio decidendi rappresentata dal rilievo, esplicitamente indicato dalla C.T.P. come assorbente, del vizio di motivazione del provvedimento di diniego di rimborso, in quanto giustificato dalla indeducibilità delle sanzioni irrogate “dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato” ossia da un riferimento estraneo alla fattispecie nella quale si trattava pacificamente di sanzioni irrogate dall’Isvap, ente privatistico del tutto diverso.
4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 7 e 12 e della L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 7 e 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. omesso di rilevare la nullità dell’impugnato provvedimento di diniego in quanto viziato da carenza di motivazione, poichè giustificato dal rilievo della indeducibilità delle sanzioni irrogate “dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato”, ossia da soggetto pubblico completamente diverso dall’Isvap, ente privato che aveva effettivamente irrogato le sanzioni comminate ad essa contribuente.
5. Con il quarto motivo infine la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 75, comma 5 (ora art. 109) T.U.I.R., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. considerato indeducibili le sanzioni pecuniarie irrogate dall’Isvap. Sostiene infatti la ricorrente che tali sanzioni, essendo state comminate per la violazione di termini temporali nell’esecuzione di obblighi derivanti dai contratti assicurativi stipulati da essa società con i propri clienti – violazione che dipendeva da scelte imprenditoriali nell’approntamento dell’apparato organizzativo aziendale deputato all’espletamento dell’attività -, sono riconducibili a costi direttamente riferibili alla gestione dell’impresa, anche per effetto della loro natura e funzione risarcitorio-ripristinatoria piuttosto che afflittiva.
6. I primi due motivi di ricorso – congiuntamente esaminabili in quanto proponenti la medesima questione, ancorchè diversamente sussunta alternativamente nelle tipologie di vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 (qualificazione comunque non vincolante per questa Corte e inidonea pertanto a costituire effettivo motivo di differenziazione tra le due censure) – sono fondati.
La lettura della sentenza di primo grado, presente agli atti e consentita a questa Corte, in via di esame diretto, trattandosi di error in procedendo, permette di riconoscere la fondatezza dell’assunto della ricorrente, secondo cui, a fondamento della stessa, erano poste due alternative rationes decidendi: la prima, espressamente anteposta e dichiarata “assorbente”, afferente al difetto di motivazione dell’atto impugnato con il ricorso introduttivo; la seconda, significativamente introdotta dall’avverbio “inoltre”, rappresentata dalla ritenuta deducibilità della sanzioni sopra dette.
Ciò posto, è innegabile che sulla prima delle due ratio rationes, in grado da sola di sorreggere la decisione di accoglimento del ricorso introduttivo, si sia formato il giudicato interno, non risultando essa – siccome del resto anche pacifico in causa – fatta segno di specifico motivo di gravame.
Non è al riguardo condivisibile l’obiezione della controricorrente secondo cui, posto che il giudice d’appello prende in esame l’eccezione e ne esclude la fondatezza, ritenendo trattarsi non di autonoma ratio decidendi ma di “semplice passaggio argomentativo”, la ricorrente avrebbe dovuto prendere atto di tale diversa lettura della C.T.R. e semmai impugnarla sotto il profilo del vizio di motivazione.
Trattandosi, infatti, come detto, di error in procedendo, questa Corte è giudice anche del fatto (processuale) ed ha, quindi, il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali, senza essere vincolata alla diversa qualificazione che dello stesso ne abbia fatto il giudice a quo (v. ex aliis sez. 3, n. 1655 del 27/01/2005, rv. 578776).
I primi due motivi vanno pertanto accolti, con assorbimento dei rimanenti.
Non essendo necessari altri accertamenti di fatto, la causa può conseguentemente essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo, in ragione del giudicato formatosi sulla detta decisione di primo grado.
Avuto riguardo alle ragioni della decisione, fondate sul giudicato formatosi nel passaggio da un grado all’altro del giudizio di merito, si ravvisano giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese relative.
L’Agenzia delle entrate va invece condannata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo; compensa per intero tra le parti le spese di ambo i gradi del giudizio di merito; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 22 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016