Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16796 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.07/07/2017),  n. 16796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24564-2013 proposto da:

COMUNE DI NOGAROLE ROCCA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO 9,

presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI MUCCARI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

M.I., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE U. TIPINI

103, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA PACINI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati RINALDO SARTORI, DINO

SARTORI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2013 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA

depositata il 20/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2017 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

p. 1. Il Comune di Nogarole Rocca (VR) propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 50/21/13 del 20 maggio 2013 con la quale la commissione tributaria regionale del Veneto, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimi i dinieghi da esso opposti alle istanze con le quali M.I. aveva richiesto il rimborso di quanto indebitamente versato a titolo di Ici dal 2006 al 2010.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto – in dichiarata conformità a Cass. 15566/10 – che l’imposta in oggetto non fosse dovuta, in quanto gravante su un’area fabbricabile che tale non poteva considerarsi, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b), perchè posseduta dalla M. in comproprietà con il marito F.A., coltivatore diretto e conduttore del fondo.

Resiste con controricorso la M..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso il Comune lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 9. Per avere la commissione tributaria regionale attribuito rilevanza oggettiva al presupposto di non imponibilità Ici. E ciò in contrasto sia con il principio di tassatività e stretta interpretazione della materia agevolativa, sia con la rilevanza soggettiva necessariamente attribuibile, anche ai fini della riduzione dell’imposta ex art. 9 citato, alla qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

Non vi sono infatti ragioni per discostarsi da quanto stabilito – in fattispecie sovrapponibile alla presente – da Cass. 15566/10 (recepita anche nella sentenza impugnata), secondo cui: “in tema di ICI, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), nel considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, a condizione che sia posseduto e condotto dai soggetti indicati nell’art. 9, comma 1 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l’utilizzazione agro – silvo – pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, si riferisce ad una situazione incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell’area, avente carattere oggettivo, e pertanto, nel caso di comunione di un fondo edificabile in cui persiste la predetta utilizzazione da parte di uno solo dei comproprietari, trova applicazione non solo al comproprietario coltivatore diretto, ma anche agli altri comunisti che non esercitano sul fondo l’attività agricola” (nello stesso senso, Cass. 14824/11).

Tale decisione, in particolare, ha osservato che in base all’art. 2, lett. b) cit.: “(…) un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell’imposta, laddove ricorrano tre condizioni: a) il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale: b) la diretta conduzione del medesimo da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell’utilizzazione agro – silvo – pastorale, mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione. Ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all’imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell’area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali”.

Si è altresì osservato come, da un lato, il medesimo fondo non possa al contempo reputarsi fabbricabile, ovvero agricolo, a seconda della qualità soggettiva dei singoli contribuenti comunisti; e come, dall’altro, una diversa soluzione finirebbe con l’indebitamente sovrapporre due situazioni diverse: “quella di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), che ha riguardo alla qualificazione dell’area ai fini del criterio del calcolo della base imponibile (art. 5 del decreto citato) che ha carattere oggettivo; e quella di cui all’art. 9 dello stesso decreto, che invece introduce agevolazioni, di carattere soggettivo, ai fini del calcolo dell’imposta in concreto applicabile”.

PQM

 

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.800,00; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge;

v.to D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della quinta sezione civile, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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