Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16794 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 16/07/2010), n.16794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.S.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Sardegna, sez. 8, n. 27, depositata il 2.4.2007.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che il contribuente propose ricorso avverso avviso, con il quale l’Agenzia – con metodo induttivo e sulla base dei “parametri”, di cui al D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e D.P.C.M. 27 marzo 1997, emessi ai sensi dell’art. 3, commi 181 e ss. 1. 549/1995 – aveva accertato a suo carico, per l’anno 1996, maggiori Irpef, e c.s.s.n.;

– che, a fondamento del ricorso, il contribuente rilevava che l’Agenzia non aveva tenuto conto del fatto che egli svolgeva l’attività di parquettista in comune attivo solo nel periodo estivo ed aveva dichiarato in relazione a tale attività una percentuale di ricarico (del 45%) considerevole per la realtà locale e, soprattutto, non aveva tenuto conto delle passività relative all’ulteriore, fallimentare, propria attività (di posa in opera di porte blindate);

che l’adita commissione tributaria accolse parzialmente il ricorso, con sentenza che, in sede di appello fu riformata dalla Commissione regionale, che annullò integralmente l’accertamento;

– che, nel suo nucleo essenziale la motivazione dei giudici di appello è affidata alla considerazione che l’utilizzo dei parametri non conduce automaticamente all’inversione dell’onere della prova a favore dell’Amministrazione fiscale ed al rilievo che, nel caso concreto, le circostanze addotte dal contribuente fornivano ragionevole spiegazione delle incongruenze espresse dall’applicazione dei “parametri” relativi alla sola attività di parquettista;

rilevato:

– che, avverso la sentenza di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, deducendo violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, L. n. 549 del 1995, art. 3 e art. 2697 c.c.), censurando la decisione impugnata per non aver considerato che i parametri assumono valenza di presunzioni legali, le cui risultanze, nel caso di specie, non erano state idoneamente superate dal contribuente;

– che il contribuente non si è costituito;

osservato:

– che le SS.UU. di questa Corte (cfr. sent. n. 26635/09) hanno, di recente, aderito all’impostazione secondo cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, i parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi da 181 a 187, e dal successivo D.P.C.M. 29 gennaio 1996, quest’ultimo come modificato dal D.P.C.M. 27 marzo 1997 – non costituendo fatto concreto noto e certo, specificamente inerente al contribuente, suscettibile di evidenziare in termini di rilevante probabilità l’entità del suo reddito, ma rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni – rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), ma, ove siano contestati sulla base di allegazioni specifiche, sono inidonei a supportare l’accertamento medesimo, se non confortati da elementi concreti desunti dalla realtà economica dell’impresa che devono essere provati e non semplicemente enunciati nella motivazione dell’accertamento;

considerato:

che, alla luce degli esposti rilievi, deve ritenersi che la decisione impugnata è incensurabile, poichè, in conformità con il principio sopra richiamato, ha negato idoneo valore probatorio a dati parametrici, specificamente contestati dal contribuente e non altrimenti asseverati dall’Agenzia;

ritenuto:

– che il ricorso dell’Agenzia si rivela, pertanto, manifestamente infondato, sicchè va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimato, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

 

 

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