Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16793 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 15/06/2021), n.16793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30295-2017 R.G. proposto da:

SAN MARCO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

con domicilio eletto in Roma, via Luigi Ceci n. 2, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO BORIONI che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FASSA S.r.l., già FASSA S.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA CODEMO e

Prof. GIUSEPPE MARINI presso il cui studio ha eletto domiciliato in

Roma, via di Villa Sacchetti, n. 9;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1942/17 della COMM.TRIB.REG. di MILANO

depositata il 8 maggio 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio

2021 dal Consigliere Dott. FILOCAMO FULVIO.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 1942 del 2017, rigettava l’appello proposto da San Marco S.p.a., quale concessionaria per l’accertamento e la liquidazione dei tributi per il Comune di Marnate, per la riforma della pronuncia di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale aveva accolto il ricorso della contribuente Fassa S.r.l. – già Fassa S.p.a. – Società di distribuzione materiale edile, avverso l’avviso di accertamento n. 267/225 per l’omesso pagamento dell’Imposta Comunale sulla Pubblicità su tre silos riportanti il logo societario relativamente all’anno 2014. La decisione dei giudici di secondo grado afferma che l’imposta non è dovuta perchè la Società Fassa deve essere considerata “fabbricante” dei silos ex art. 2 lett. i) “direttiva macchine” 2006/42/CE, i silos oggetto dell’atto impositivo impugnato sono assimilabili alle “attrezzature di cantiere itineranti” così da rientrare nella citata direttiva-macchine e nell’ambito applicativo del D.M. 26 luglio 2012, la San Marco non era legittimata a richiedere il tributo perchè l’imposta non era di competenza del Comune di Marnate ma, invece, del Comune di Spresiano con la quale la società contribuente aveva stipulato una convenzione ai sensi del ora citato D.M. 26 luglio 2012, art. 2, inoltre, la San Marco non aveva “provato” gli elementi a sostegno dell’accertamento, nè risultava allegato l’atto di rilevazione dei mezzi pubblicitari e la mancata allegazione di quest’ultimo atto, richiamato nell’avviso di accertamento, rendeva comunque illegittimo l’atto impositivo per lesione del diritto di difesa.

1.1. Avverso questa decisione, la San Marco S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati con memoria. 1.2. La Fassa S.r.l. ha presentato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2. Va preliminarmente disattesa (anche in base a quanto già stabilito tra le stesse parti da Cass. nn. 26104/19 e 26398/19 alle quali interamente si rinvia) l’eccezione di difetto di rappresentanza processuale del sottoscrittore della procura qualificatosi amministratore Unico, mentre la società sarebbe retta, già prima del rilascio della procura da un C.d.A. di cui il soggetto indicato non risulta essere nemmeno il presidente, poichè, come risulta dalla visura camerale prodotta, emerge che V.L.C. aveva i poteri per conferire il mandato ad litem.

2.1 Va parimenti disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata specifica indicazione del tipo di censura svolta, poichè infondata. Pur rilevandosi che il motivo è privo del riferimento al vizio di legittimità che si ritiene di denunciare, ossia del riferimento a quale delle ipotesi indicate nell’art. 360 c.p.c. vada ricondotta la doglianza non si ritiene che lo stesso sia inammissibile. Nel giudizio di legittimità è infatti richiesto, da un lato, per ogni motivo di ricorso, la rubrica di esso con la puntuale indicazione delle ragioni, tra quelli espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c., per cui è proposto; dall’altro si esige l’illustrazione del singolo motivo, contenente l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (cfr. Cass., Sez. 3, sent. n. 18421 del 2009). Tuttavia, questa Corte richiede che i motivi siano riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi (Cass., S.U., n. 17931 del 2013). Inoltre, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., S.U., n. 9100 del 2015), come avvenuto nel caso in esame.

3. San Marco S.p.a., con il primo motivo, denuncia la violazione dell’obbligo di motivazione e falsa ed erronea applicazione al caso di specie del D.M. 26 luglio 2012, art. 2 in violazione delle norme dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 1 al art. 7 e art. 10 e dell’art. 2, lett. a) della Direttiva 2006/42/CE cd. direttiva macchine (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). In particolare, rispetto al decreto ministeriale 26 luglio 2012 ed all’art. 2 lett. a) della direttiva macchine, sostiene che i silos con il logo societario oggetto d’imposizione non potevano essere assimilati alle macchine da cantiere esenti dall’imposta in base al citato decreto ministeriale, nè potevano rientrare nella direttiva macchine, poichè emessa al diverso scopo di stabilire le misure di sicurezza dei macchinari. La Fassa S.r.l., inoltre, non può considerarsi fabbricante dei silos essendo una società che “produce e fornisce materiali per l’edilizia che distribuisce mediante silos/serbatoi”, a nulla rilevando che potesse aver affidato al fabbricante dei silos le specifiche tecniche necessarie (peraltro neanche documentate), poichè il marchio apposto non fa riferimento al soggetto produttore di silos, ma assolve esclusivamente ad una funzione pubblicitaria reclamizzando il nome, l’attività ed i prodotti della Società resistente.

3.1. Il motivo è fondato.

3.2. La CTR si è limitata ad affermare che i silos Fassa siano ai fini fiscali macchine da cantiere senza accertare le caratteristiche dell’installazione pubblicitaria e motivare sul punto. Dalla lettura della pronuncia impugnata si rileva come i giudici di secondo grado abbiano ritenuto di poter considerare la Fassa S.r.l. quale fabbricante dei silos oggetto d’imposizione perchè, senza contestazione, il marchio Fassa vi sarebbe stato apposto prima dell’installazione in cantiere e che, credibilmente, essi siano stati realizzati su specifiche indicazioni fornite dalla Società resistente, così decidendo di applicare il D.M. 27 luglio 2012. Detto decreto, però, non esclude a priori l’imposizione da parte dei Comuni per le macchine da cantiere, bensì regolamenta il solo marchio di fabbrica. Le circostanze sopra riportate appaiono irrilevanti al fine di poter considerare la Società committente quale fabbricante, poichè la costruzione (e vendita) di silos non è presente nell’oggetto sociale il quale, invece senza contestazioni sul punto, riguarda solo la distribuzione e la vendita di materiali per l’edilizia che possono essere miscelati o meramente contenuti in serbatoi, anche motorizzati, come quelli oggetto di accertamento. La deroga all’imposta pubblicitaria prevista dal D.M. 26 luglio 2012 è diretta, infatti, esclusivamente alle “imprese produttrici delle gru mobili, delle gru a torre adoperate nei cantieri edili e delle macchine da cantiere, ai fini del riconoscimento dell’esenzione” (art. 2, comma 3) per rapposizione del marchio di fabbrica sulle gru mobili, sulle gru a torre adoperate nei cantieri edili e sulle macchine da cantiere” (art. 1, comma 1). Pertanto, qualora la raffigurazione esuli dall’individuare un segno distintivo rappresentato dal marchio di fabbrica, come nel caso in esame, troverà applicazione la norma sulla pubblicità di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993. Il richiamo effettuato alle note del MEF con le quali si assume che i silos possano essere considerati attrezzature di cantiere non modifica in alcun modo i termini della questione ed il riferimento all’art. 2 della cd. direttiva macchine, finalizzato a dimostrare che la Fassa S.r.l. fosse il fabbricante dei silos, è inconferente perchè essa è stata emanata al fine di procedere all’esecuzione di specifiche attività per aumentare il livello di sicurezza degli impianti, integrando la sicurezza nelle fasi di progettazione e di costruzione, fino a una corretta installazione e manutenzione. L’apposizione del marchio Fassa sui silos – costruiti da altri – ha lo scopo di pubblicizzare il marchio della Società dedita, come detto, alla distribuzione e vendita di prodotti per l’edilizia e non dei serbatoi in cui gli stessi sono contenuti o miscelati. Il presupposto dell’imposta sulla pubblicità, infatti, va ricercato nell’astratta potenzialità del messaggio pubblicitario, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di far conoscere indiscriminatamente alla massa di possibili acquirenti ed utenti il nome, l’attività ed il prodotto di un’azienda (Cass., nn. 27497 del 2014, 15654 del 2004 e 8658 del 2015).

3.3. Conseguentemente, in assenza della dimostrazione che la Fassa S.r.l. sia effettivamente il fabbricante dei silos, la legittimazione attiva all’imposizione fiscale non spetta alla concessionaria del Comune di Spresiano (D.M. 26 luglio 2012, ex art. 2, comma 2, secondo il quale “l’imposta è dovuta, in base alla superficie complessiva dei marchi installati su ciascun bene mobile individuato all’art. 1, per anno solare al comune ove ha sede l’impresa produttrice dei beni o qualsiasi altra sua dipendenza, nella misura e con le modalità previste dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12, comma 1”), sede legale della Fassa S.r.l., mentre deve individuarsi in quella del Comune di Marnate, ove i silos della Società sono installati e la pubblicità esterna viene eseguita, come da previsione generale del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 1.

4. La Concessionaria ricorrente, con il secondo motivo, denuncia la falsa ed erronea applicabilità al caso di specie della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162 (legge finanziaria 2007), del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) perchè l’avviso di accertamento (allegato al ricorso) contiene tutti gli elementi motivazionali essenziali e non si rinviene alcuna norma di legge che imponga di allegare all’avviso ulteriore documentazione oltre a quella attestante il soggetto passivo, l’oggetto, la causa dell’accertamento ed i presupposti di fatto.

4.1. Il motivo è fondato.

4.2. La sentenza impugnata ha rilevato “in via assorbente” che l’avviso di accertamento impugnato non è fondato, poichè la Concessionaria, su cui grava il relativo onere, non ha provato la pretesa tributaria non avendo prodotto alcun elemento di prova a sostegno dell’accertamento senza allegare l’atto di rilevazione, limitandosi a richiamarlo; detta mancata allegazione ha reso l’atto impositivo impugnato illegittimo per lesione del diritto di difesa della Società contribuente.

4.3. E’ giurisprudenza consolidata che si condivide l’orientamento secondo il quale “La L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza, consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche “per relationem”, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento” (Cass., n. 9323 del 2017). Dall’esame dell’avviso di accertamento allegato al ricorso è possibile individuare il soggetto passivo dell’imposizione e l’oggetto della stessa, la causa dell’accertamento, il periodo di riferimento, i presupposti di fatto dell’avviso di accertamento, l’ubicazione, il numero ed il tipo di mezzi pubblicitari, l’importo dell’imposta accertata, della sanzione e degli interessi, nonchè la normativa applicata e le ragioni giuridiche sottese all’emanazione dell’atto. L’atto impugnato contiene in sè tutti gli elementi necessari per potersi considerare adeguatamente motivato, riportando i dati di fatto oggetto dell’atto di rilevazione richiamato ma non allegato. Diversamente la decisione impugnata non chiarisce in che modo sarebbe stato leso il diritto di difesa della Società contribuente da parte della Concessionaria che non ha allegato l’atto di rilevazione solamente richiamandolo.

5. In definitiva, per quanto esposto, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

la Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale tenutasi con modalità da remoto, come da decreti del Primo Presidente nn. 76 e 97 del 2020, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

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