Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16788 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 04/07/2016, dep. 09/08/2016), n.16788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20513-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TRASPORTI ITAL PAD SRL;

– intimato –

Nonchè da:

TRASPORTI ITAL PAD SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA F. PAULUCCI DE’

CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato PIERO SANDULLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO BASILAVECCHIA

giusta delega in calce;

– controricorrente con ricorso incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 237/2011 della COMM.TRIB. REG. DELL’ABRUZZO

SEZ.DIST. di PESCARA, depositata il 26/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLLABOLLETTA che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato BASILAVECCHIA che si riporta

agli scritti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, accoglimento per quanto di ragione del ricorso

incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza depositata il 26.5.2011, la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo sez. distaccata di Pescara, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Trasporti Ital P.A.D srl avverso la sentenza 272/03/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara, ha riconosciuto, in relazione all’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2004 (ai fini IRES, IRAP e IVA), la deducibilità dei canoni di leasing di un immobile, rigettando nel resto il gravame e confermando così la decisione di primo grado in ordine, per quanto ancora interessa, all’indeducibilità degli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto.

Per giungere a tale conclusione la Commissione Regionale ha osservato:

– che, a norma del T.U.I.R., art. 40, comma 2 all’epoca vigente, gli immobili relativi ad imprese commerciali non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si considerano strumentali anche se non utilizzati (cd. immobili strumentali per natura);

– che per individuare tale categoria soccorre la risoluzione n. 3/330 del 3.3.1989 della Direzione Generale del Catasto secondo cui rientrano in tale categoria quelli dei gruppi B, C, D ed E nonchè quelli classificati in cat. A/10 – Uffici, come nel caso in esame;

– che, quanto alle indennità di fine rapporto, la deducibilità va esclusa in applicazione dell’art. 70 T.U.I.R. letto congiuntamente con l’art. 16, lett. c) richiedendosi che il diritto all’indennità debba trovare la sua fonte in un atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.

2 L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione con due motivi. La società contribuente resiste con controricorso contenente ricorso incidentale articolato anch’esso in due motivi.

La società contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate

denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. 22 dicembre 1972, n. 546, art. 43 (ex art. 40), art. 102, comma 7 (già art. 68, comma 8) e art. 109 (già 75) nonchè dell’art. 62, comma 1: per giustificare la deduzione dei relativi costi, la CTR non poteva ritenere sufficiente la qualificazione dell’immobile detenuto in leasing come bene strumentale per natura, occorrendo invece la verifica dell’inerenza. Ragionando diversamente – osserva la ricorrente Agenzia delle entrate – si finirebbe per ammettere la deduzione anche nel caso di beni utilizzati per fini personali o per fini comunque estranei all’attività dell’impresa. Secondo l’Agenzia, dunque, ai fini della deduzione, occorre che il bene sia effettivamente destinato all’esercizio del’attività produttiva, concorrendo alla determinazione del reddito.

1.2 Col secondo motivo si denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, motivazione insufficiente su punti controversi e decisivi con riferimento al D.P.R. 22 dicembre 1972, n. 546, art. 62, comma 1: la Commissione Regionale avrebbe omesso di considerare che – come accertato nel PVC da cui era scaturito l’avviso impugnato – l’immobile detenuto in leasing non era mai stato utilizzato per l’esercizio dell’attività di impresa, ma solo per esigenze personali. Secondo l’Agenzia ricorrente, la CTR avrebbe dovuto di conseguenza riconoscere la mancanza di correlazione tra costo e ricavi e quindi la mancanza del requisito dell’inerenza, condizione generale per la deduzione delle spese ai sensi dell’art. 109 T.U.I.R..

1.3 Entrambi i motivi sono fondati.

Come più volte affermato da questa Corte, in tema di imposte sui redditi, il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 40, comma 2, secondo periodo, presuppone la prova della funzione strumentale del bene non in senso oggettivo, ma in rapporto all’attività dell’azienda, non contemplando tale disposizione una categoria di beni la cui strumentalità è “in re ipsa”, e potendosi prescindere (ai fini dell’accertamento della strumentalità) dall’utilizzo diretto del bene da parte dell’azienda soltanto nel caso in cui risulti provata l’insuscettibilità (senza radicali trasformazioni) di una destinazione del bene diversa da quella accertata in relazione all’attività aziendale (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 4306 del 04/03/2015 Rv. 634841; Sez. 5, Sentenza n. 12999 del 04/06/2007 Rv. 598412).

Nel caso di specie, la Commissione Regionale si è limitata a ravvisare la strumentalità “per natura” ricavandola dalla categoria catastale, mentre invece avrebbe dovuto, sulla scorta del citato principio, valutare in concreto, in base agli elementi dedotti in giudizio, la funzione strumentale del bene in rapporto all’attività dell’azienda.

Si rende pertanto necessaria la cassazione della sentenza impugnata per nuovo esame.

2.1 Passando alla disamina del ricorso incidentale, con il primo motivo la società contribuente deduce il vizio di omessa e insufficiente motivazione su circostanza decisiva. Si contesta la decisione della Commissione Regionale per avere ritenuto che mancasse nel caso di specie la prova dell’atto di data certa (quale fonte del diritto all’indennità), rilevandosi invece che nel giudizio di primo grado risultavano regolarmente depositate le delibere assembleari del 12.5.1999 e del 4.1.2002. Inoltre, si osserva che la Commissione Regionale avrebbe dovuto desumere la certezza della data delle delibere dal fatto che esse erano riportate con sequenza cronologicamente corretta sul relativo libro dei verbali, come riportato nello stesso PVC.

2.2 Col secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 70, comma 3 T.U.I.R. nel testo vigente nel periodo di imposta 2003. Censurando la ritenuta indeducibilità degli accantonamenti per fine rapporto (costo della polizza assicurativa per fine mandato stipulata a favore degli amministratori), la società contribuente ritiene che la sentenza impugnata sia pervenuta ad un risultato non in linea con l’interpretazione sistematica della disposizione indicata in rubrica che prescinde dalla previa esistenza di un atto di data certa e ne fornisce le motivazioni attraverso una propria ricostruzione interpretativa della norma.

2.3 Quest’ultimo motivo è infondato perchè si scontra con la costante giurisprudenza di questa Corte che invece, in più occasioni, ha affermato il principio secondo cui in tema di imposte sui redditi, e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, gli accantonamenti effettuati da una società in favore dei propri amministratori, relativi al trattamento di fine rapporto, sono deducibili quali componenti negativi solo se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto, in quanto il rinvio che il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 70, comma 3, (attuale art. 105, comma 4) opera al precedente art. 16 (attuale art. 17) è un rinvio pieno, non limitato all’identificazione della categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l’indennità, ma esteso alle condizioni richieste dall’art. 16, lett. c) (v. Sez. 5, Sentenza n. 18752 del 05/09/2014 Rv. 631959; v. altresì Sez. 5, Sentenza n. 10959 del 14/05/2007 Rv. 599470 che, in motivazione, spiega le ragioni di tale convincimento rinvenibili in sostanza nel criterio generale di ermeneutica “ubi lex voluit, dixit”).

La ricostruzione operata dalla ricorrente incidentale è apprezzabile per lo sforzo interpretativo profuso, ma non coglie nel segno.

2.4 Meritevole di accoglimento appare invece il primo motivo del ricorso incidentale.

Come si legge nel ricorso incidentale a pag. 18, in primo grado, tra i vari documenti erano state depositate le delibere assembleari del 12.5.1999 e del 4.1.2002. Dal PVC (di cui viene trascritto un passaggio a pagg. 16 e 17 del controricorso), risulta che dette delibere contenevano la previsione di un trattamento di fine mandato agli amministratori. Le delibere risultavano trascritte nel relativo libro dei verbali, consegnato ai verbalizzanti in un secondo momento (come dà atto il medesimo PVC che solleva contemporaneamente dubbi sulla genuinità della loro inserzione).

Ebbene, a fronte di tale produzione documentale, la Commissione Regionale avrebbe dovuto analizzare il contenuto delle due delibere societarie e la regolarità della loro inserzione nel libro dei verbali, traendo poi le relative conseguenze al fine di stabilire se da esse potesse ricavarsi l’atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto, ai fini della deducibilità degli accantonamenti.

Anche sotto tale profilo si rende necessario pertanto un nuovo esame e pertanto la sentenza va cassata.

Il giudice di rinvio, che si individua nella Commissione Regionale dell’Abruzzo in diversa composizione soggettiva, tenendo presenti i principi di diritto affermati, riesaminerà le questioni poste dal ricorso principale (deducibilità delle quote di ammortamento dei beni materiali) e dal primo motivo di quello incidentale (deducibilità degli accantonamenti, effettuati da una società in favore dei propri amministratori, relativi al trattamento di fine rapporto) e provvederà infine alla regolamentazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale; rigetta il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo in diversa composizione che pronuncerà anche sulle spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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