Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16787 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.07/07/2017),  n. 16787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9770/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato, in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMPAGNIA ASSICURAZIONI MILANO SPA, in persona del Procuratore

Speciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE G.

MAZZINI 9-11, presso lo studio dell’avvocato LIVIA SALVINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LAURA CASTALDI giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 119/2009 della COMM. TRIB. REG. della

LOMBARDIA, depositata il 26/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato CASTALDI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La (allora) Bavaria Assicurazioni SPA aveva presentato la dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 1997, dalla quale emergeva un credito IRPEG di Lire 280.647.000, contestualmente chiesto a rimborso. Il credito corrispondeva alla differenza tra le ritenute di acconto sui redditi da capitale percepiti nel 1997 e l’IRPEG effettivamente dovuta al termine del periodo di imposta e la dichiarazione non aveva formato oggetto di accertamenti da parte dell’Ufficio.

Non essendo stato spontaneamente adempiuto il rimborso, la società incorporante Compagnia di Assicurazioni di Milano SPA in data 14.03.2006 inoltrò istanza di rimborso all’Agenzia delle entrate senza ottenere risposta e, decorso il termine di 90 giorni, impugnò il silenzio rifiuto, chiedendo la condanna dell’Ufficio al rimborso del credito risultante dalla dichiarazione della propria incorporata, nonchè al pagamento degli interessi primari maturati e maturandi e del risarcimento del maggior danno da ritardato adempimento rispetto agli interessi primari, previsto dall’art. 1224 c.c., comma 2.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano accolse il ricorso della società limitatamente alla richiesta di rimborso del credito, nell’ammontare risultante dalla dichiarazione, e degli interessi primari sullo stesso maturati e maturandi fino alla data della effettiva erogazione, rigettando la ulteriore domanda di condanna al pagamento del risarcimento del maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2.

3. La prima decisione venne impugnata dalla contribuente che insistette per il riconoscimento del risarcimento del maggior danno da ritardato rimborso.

4. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza n. 119/06/09, depositata il 26.10.2009, accolse l’appello della società.

5. Il giudice di appello ha accolto la richiesta di risarcimento del maggior danno da lucro cessante ex art. 1224 c.c., comma 2, ritenendola provata con la produzione dei bilanci.

5. La Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione su due motivi. La contribuente replica con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Entrambi i motivi, che denunciano carenze motivazionali (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sono volti a censurare la seguente sintetica statuizione “Alla luce della Suprema Corte (sentenza n. 18854 del 18.06.2009) il diritto al risarcimento del maggior danno ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, viene riconosciuto avendo l’appellante provato, con la produzione dei bilanci, la produttività dell’impresa. In assenza inoltre di contestazioni sul punto, tale maggior danno viene liquidato, così come richiesto in Euro 22.723,96”.

2. I motivi sono fondati e vanno accolti.

3. Giova premettere che in tema di risarcimento del danno da svalutazione monetaria in campo tributario questa Corte ha di recente confermato (Cass. nn. 3331/2017, 28332/2013), con riferimento alle pretese restitutorie vantate dal contribuente nei confronti dell’Erario, l’operatività del principio secondo il quale, nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione pecuniaria, può liquidarsi il danno da svalutazione monetaria, sempre che il creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione e salva l’applicazione – imposta dalla specificità della disciplina dell’obbligazione tributaria – di un particolare rigore nella valutazione del materiale probatorio (Cass. SSUU n. 16871/07; conf. Cass. nn. 26403/10, 7803/2016, 11943/2016).

4. La decisione impugnata non ha dato corretta attuazione a questo principio.

5. Invero, come esattamente evidenziato dalla ricorrente nel primo motivo, la CTR nella concisa statuizione non ha indicato alcun elemento di fatto desunto dai bilanci – che, a dire della ricorrente, sarebbero stati comunque relativi ad annualità diverse da quella in contestazione, circostanza confermata dalla controricorrente (fol. 12, 14 del controricorso) – su cui si sarebbe basata per affermare che l’impresa era “produttiva”, non ha condotto alcun esame delle risultanze dei bilanci, nè ha spiegato il percorso logico giuridico seguito, giungendo a formulare una conclusione meramente assertiva. Inoltre la CTR non ha nemmeno chiarito le ragioni per le quali, nell’accertare il maggior danno, abbia fatto riferimento al tasso di produttività dell’impresa e non piuttosto al tasso di produttività degli investimenti operati dalla società.

Va qui ribadito che l’onere di provare il maggior danno grava sulla parte che lo richiede che, come prima precisato (sub 1.2.), è tenuta a dimostrare che un tempestivo adempimento le avrebbe consentito di impiegare i denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione, e che il materiale probatorio va vagliato dal giudice di merito con particolare rigore.

6. Inoltre, come denunciato con il secondo motivo, la CTR ha fondato la quantificazione del maggior danno nella misura indicata dalla contribuente avendo ritenuto la mancanza di contestazione sul punto da parte dell’Ufficio, ma non ha chiarito quale scelta difensiva dell’Ufficio le avesse indotto tale conclusione, atteso che questi aveva sempre contestato in toto che vi fosse stata prova del maggior danno.

7. In proposito va osservato che la integrale contestazione della fondatezza della pretesa risarcitoria, operata dall’Agenzia già nelle fasi di merito, necessariamente e logicamente include anche la quantificazione del danno proposta dalla contribuente, di guisa che la statuizione sul punto appare senza dubbio carente.

8. In conclusione il ricorso va accolto sui due motivi; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia in altra composizione per il riesame e la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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