Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16786 del 16/07/2010
Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 26/03/2010, dep. 16/07/2010), n.16786
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e presso
la stessa domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
B.L.;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle
Marche n. 65/02/07, depositata il 28 maggio 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26 marzo 2010 dal Relatore Cons. Dott. GRECO Antonio.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche n. 65/2/07, depositata il 28 maggio 2007, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Pesaro, ha riconosciuto a B.L., pianista, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001, ritenendo privo di pregio il rilievo dell’amministrazione secondo cui l’essersi avvalso il contribuente, per i periodi d’imposta in discussione, della definizione agevolata prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 avrebbe impedito qualsiasi altra rivalsa nei confronti del fisco, con conseguente inammissibilita’ del ricorso.
Il contribuente non ha svolto attivita’ nella presente sede.
Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., con il quale l’Agenzia delle entrate, denunciando violazione della L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9 deduce che il condono precluderebbe al contribuente ogni possibilita’ di rimborso per le annualita’ d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto.
Questa Corte ha affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 l’esercizio della facolta’ di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra (Cass. n. 25239 del 2007).
Ed ha altresi’ affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilita’ di rimborso per le annualita’ d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilita’ di riflessi o interferenze con quanto eventualmente gia’ corrisposto in via ordinaria (Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007).
In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e dell’art. 380 bis c.p.c., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;
che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;
che non sono state depositate conclusioni scritte ne’ memorie;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;
che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Cosi’ deciso in Roma, il 26 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010