Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16784 del 23/07/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 16784 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 26635-2008 proposto da:
BARTOLOMEI ALESSANDRA BRTLSN57P68A390C, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 40, presso lo studio
dell’avvocato PAROLA STEFANIA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BALDASSARI LIDIA
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

)014

contro

1289

CHRISTIE’S

NEW

YORK,

persona

in

del

legale

rappresentante pro tempore sig.ra KAREN A. GRAY,
considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la

1

Data pubblicazione: 23/07/2014

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dall’avvocato DI GRAVIO VALERIO, unitamente
all’avvocato VITTORIO GRIMALDI giusta procura
speciale notarile del Dott. Notaio HEATHER JOHNSON in
New York del 16/12/2008;
TERESA

BRTTRS59C66A390L,

VEGAS

DE

VASCONCELLOS ANTONIO VGSNNJ59H13Z128H, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA PIETRO BORSIERI 3, presso lo
studio dell’avvocato GRAZIOLI MASSIMO,

che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GRAZIOLI PIER FRANCESCO giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

CHRISTIE’S SPA FILIALE ITALIANA ;
– intimata –

avverso la sentenza n. 3737/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/09/2007 R.G.N.
7136/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/05/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato STEFANIA PAROLA;
udito l’Avvocato PIER FRANCESCO GRAZIOLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.

IGNAZIO PATRONE che si oppone

BARTOLOMEI

all’istanza di sospensione; inammissibilita’.

3

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

Svolgimento del giudizio.

Il 12 ottobre 1998 Alessandra Bartolomei conveniva in giudizio
la Christie’s di New York, la Christie’s Filiale Italia e la
. Christie’s International s.a., chiedendone l’accertamento di
responsabilità e la condanna al pagamento della somma di 624.050

avere – la prima – venduto preziosi oggetti d’arte giapponese
(incisioni e rotoli dipinti a mano, detti

‘emakemoniq

in assenza

di mandato da parte del proprietario Giuseppe Bartolomei (suo
padre) e, comunque, in forza di un mandato venuto meno prima della
vendita a causa del decesso di quest’ultimo.
A seguito della costituzione in giudizio della Christie’s New
York emergeva che il ricavato della alienazione era stato da
quest’ultima attribuito ai coniugi Teresa Bartolomei (alla quale
il mandante Giuseppe Bartolomei aveva affidato il compito di
seguire la vendita tramite la casa d’aste) ed Antonio Jorge Vegas
de Vasconcellos; soggetti che l’attrice otteneva di chiamare in
giudizio invocandone la responsabilità in garanzia (la prima in
,
qualità di coerede) per l’ipotesi di mancata attribuzione della
suddetta somma da parte della società convenuta.
Nella costituzione in giudizio dei chiamati, i quali assumevano
di aver attribuito la somma proveniente dalla vendita all’attivo
ereditario oggetto di un separato giudizio di divisione con
l’attrice, interveniva la sentenza n.11215/02 con la quale l’adito
tribunale di Roma decideva, tra il resto, per: – l’inammissibilità
delle domande proposte nei confronti dei terzi chiamati, in quanto
31m>

dollari US, oltre ad accessori e danni morali e materiali, per

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

tardivamente introdotte solo con la memoria ex articolo 183
u.c.cpc; – il rigetto della domanda proposta nei confronti di
Christie’s, perché avente natura contrattuale, e basata su un
mandato di vendita inesistente.
Proposto appello da parte di Alessandra Bartolomei, interveniva

di appello di Roma confermava la sentenza del tribunale.
Contro tale sentenza viene da Alessandra Bartolomei proposto
ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali
resistono con controricorso la Christie’s New York ed i coniugi
Bartolomei-Viegas. Sono state presentate memorie ex art.378
cod.proc.civ. da parte della ricorrente e dei controricorrenti
Bartolomei/Vegas.
Motivi della decisione.
l. Va preliminarmente respinta l’eccezione opposta da Christie’s

circa l’asserita tardività del ricorso per cassazione, perché
notificatole presso il difensore domiciliatario in data (14/19
novembre 2008) successiva al decorso dell’anno, pur considerata la
sospensione feriale, dalla pubblicazione della sentenza di appello
(19 settembre 2007).
Va

infatti

considerato

che

il

ricorso

notificato

tempestivamente nei confronti delle altre parti – era stato fatto
oggetto di un precedente tentativo di notifica in termini (3
novembre 2008) in Roma, via Mercadante 32, presso lo studio degli’
avvocati Grimaldi, Di Gravio ed Adinolfi. Questa notifica non era
andata a buon fine per il trasferimento dello studio legale, nel
4

la sentenza n. 3737 del 19 settembre 2007 con la quale la corte

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

2004, presso il nuovo indirizzo di Roma, Via Pinciana 25, dove ha
infine trovato esecuzione il 14 novembre 2008. Agli atti di causa
non vi era indicazione del mutato recapito di domiciliazione di
Christie’s, tanto che nella sentenza della corte di appello era
ancora indicato l’originario domicilio in Via Mercadante 32. Va

rinotificare l’atto allo studio legale domiciliatario presso il
nuovo indirizzo, non appena avuta notizia dell’esito negativo
delle precedente notificazione e del nuovo recapito.
Deve dunque farsi nella specie applicazione del principio
secondo cui (Cass. n. 6547 del 12.3.2008)

“se la notifica

dell’atto di impugnazione, tempestivamente consegnato
all’ufficiale giudiziario, non si perfeziona per cause non
imputabili al notificante, questi non incorre in alcuna decadenza
ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un
principio di ragionevolezza) a rinnovare la notificazione, a nulla
rilevando che quest’ultima si perfezioni successivamente allo
spirare del termine per proporre gravame. (Principio affermato
dalla S.C. in una fattispecie in cui la prima notificazione non si
era perfezionata a causa dell’avvenuto trasferimento del difensore
domiciliatario, non conoscibile da parte del notificante, in
quanto alla data della notificazione lo studio indicato
sull’avviso degli avvocati risultava ancora ubicato al precedente
indirizzo)’.
In tale ipotesi – e sempre che la ripresa del medesimo sia
intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto – ai fini
5

ancora rilevato che parte ricorrente ha provveduto con solerzia a

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

del rispetto del termine dovrà assumersi a riferimento la data
iniziale di attivazione del procedimento notificatorio (Cass.
n.21154 del 13.10.2010).
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso, la Bartolomei deduce, ex
articolo 360, l” co.nn.3) e 5) cod.proc.civ., violazione o falsa
applicazione degli articoli 214 seguenti cod.proc.civ., nonché
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul
disconoscimento da lei tempestivamente proposto nei confronti del
mandato a vendere, oltre che delle altre scritture e
sottoscrizioni a nome del de

cujus

prodotte in giudizio dalla

società convenuta. Ciò perché la corte di appello aveva
confermato l’erroneo ragionamento del tribunale il quale, preso
atto del disconoscimento del mandato prodotto in copia dalla
società convenuta nonché della dichiarata impossibilità di
quest’ultima di produrre in giudizio l’originale del documento al
fine della sua sottoposizione a verificazione, aveva ritenuto
nella specie impossibile dare corso a quest’ultima; e, preso atto
dell’inesistenza del mandato, aveva rigettato la sua domanda
perché basata sulla responsabilità della casa d’aste in forza di
tale rapporto contrattuale.
§ 2.2 n motivo è infondato.

Dal disconoscimento del mandato a vendere operato dall’attrice,
il giudice di merito ha fatto discendere l’applicazione degli
artt.214 segg. cod.proc.civ. e – preso atto della mancat a
allegazione del documento in originale ad opera della parte
(Christies’s) che l’aveva versato in copia, e che aveva mostrato
6

.

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

di volersene avvalere al fine di comprovare l’insussistenza della
propria responsabilità contrattuale ha concluso per
l’impossibilità di verificazione ex art.216 cod.proc.civ. e,
conseguentemente, per l’inutilizzabilità del documento stesso ai
fini della decisione.

disconoscimento (con il quale l’attrice contestava la produzione
avversaria a tutto campo, e dunque sia nella riferibilità della
sottoscrizione del mandato al padre defunto, sia nella sua
conformità all’originale), ed al parere del ctu designato e
comparso in udienza, il giudice di merito ha ritenuto che la
procedura di verificazione non potesse venire intrapresa che
sull’originale del documento. In assenza di quest’ultimo, derivava
che il documento prodotto in copia dovesse ritenersi
processualmente tamguam non esset.
Contrariamente a quanto si sostiene nella doglianza, questa
soluzione è conforme a diritto; dal momento che se è vero che il
disconoscimento può essere rivolto a una scrittura privata
prodotta in copia, la speciale procedura di verificazione ex
artt.214 segg. cod.proc.civ. può essere svolta solo
sull’originale. In difetto di ciò, la scrittura non verificata non
può essere utilizzata in causa:

“in caso di disconoscimento

dell’autenticità della sottoscrizione di scrittura privata
prodotta in copia fotostatica, la parte che l’abbia esibita i rj
giudizio e intenda avvalersene deve produrre l’originale,
necessario per la procedura di verificazione ex art. 216 cod.
7

In rapporto alla natura della controversia, al tenore del

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

proc. civ.’ (Cass.

n. 9202 del 14/05/2004; in termini: Cass. n.

9869 del 27/07/2000).
Va d’altra parte considerato che l’impossibilità di procedere a
verificazione per mancata produzione dell’originale si è
conseguenzialmente risolta nell’affermazione di inesistenza del

un’affermazione conforme all’interesse della stessa attrice, la
quale aveva sostenuto la responsabilità di Christies’s anche – ed
in primo luogo – per aver venduto i preziosi in assenza di
regolare incarico da parte del proprietario Giuseppe Bartolomei,
tale non essendo quello contenuto nel

‘consignment agreement’ ex

adverso prodotto in copia.
§ 3.1

Con il secondo motivo di ricorso, la Bartolomei deduce

omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nonché
violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2059
cod.civ., atteso che la corte di appello aveva erroneamente
confermato il ragionamento del primo giudice il quale, preso atto
dell’inesistenza del mandato per impossibilità di verificazione
della scrittura disconosciuta dall’attrice, aveva rigettato la
domanda di quest’ultima, in quanto asseritamente fondata solo sul
contratto; come anche doveva desumersi dalla sua domanda di
condanna della casa d’aste alla produzione e consegna di documenti
contrattuali.
Contrariamente a tale assunto, non poteva il giudice di merit
ritenere che la sua azione avesse esclusiva natura contrattuale, e
non anche ex artt.2043 e 2059 cod.civ.
8

mandato a vendere gli oggetti d’arte, e dunque – fin qua – in

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

45 3.2 La doglianza è infondata perché non tiene conto del fatto

che la corte di appello – nella delibazione del primo motivo di
gravame sottoposto alla sua attenzione – ha affermato, non già
negato, la natura anche extracontrattuale della domanda
dell’attrice. Da questo punto di vista, la corte territoriale ha

il giudice di primo grado nell’attribuire natura esclusivamente
contrattuale all’azione; tanto che il mancato accoglimento della
pretesa attorea è dipesa, secondo il suo ragionamento, non già dal
fatto che l’attrice Bartolomei non avesse proposto l’azione
aquiliana, bensì dalla circostanza che quest’ultima, ancorchè
proposta, non fosse infine risultata provata nel merito.
Si osserva nella sentenza qui impugnata (pag.8):

Pur a

voler ritenere configurabile nei fatti dedotti in giudizio anche,
o soltanto, un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale
deve osservarsi che incombeva all’attrice la prova della
ricorrenza degli elementi oggettivi e soggettivi contemplati
dall’articolo 2043 cod.civ.

(per esempio, la consapevolezza

dell’assenza o della falsità del mandato; della sopravvenuta morte
del sen.Bartolomei; dell’esistenza di altri eredi oltre a Teresa
Bartolomei; dell’estraneità del Vasconcellos agli interessi
economici dei Bartolomel, o quantomeno la colpa nella verifica di
tali

circostanze)/i;

concludendosi

quindi

nel

senso

che:

“Alessandra Bartolomei non ha fornito alcuna prova e, a ben,
vedere, non l’ha neppure prospettata, di dolo o di colpa degli
organi della Christle’s
9

esattamente rilevato l’errore nel quale era effettivamente incorso

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

Consegue dunque che la corte di appello – andando oltre, sul
punto, quanto ritenuto dal tribunale sulla natura esclusivamente
ex contractu della responsabilità dedotta in giudizio dall’attrice
– ha compiuto una doverosa attività di qualificazione giuridica
della domanda attorea, prendendo espressamente in considerazione

relative alla consegna dei documenti concernenti la vendita e la
destinazione del ricavato) anche l’eventualità che essa avesse
natura extracontrattuale; con ciò in parte condividendo il primo
motivo di appello con il quale la Bartolomei aveva rimarcato come
la sua domanda, diversamente da quanto ritenuto del tribunale,
presupponesse proprio la carenza del mandato: vuoi per effetto del
disconoscimento, vuoi perché comunque venuto a cessare per effetto
della morte del mandante prima della vendita.
Ora, nella doglianza di ricorso qui in esame, la Bartolomei
censura l’affermazione della corte di appello secondo cui, non
soltanto essa attrice non aveva provato il dolo o la colpa di
Christie’s, ma quest’ultima aveva dimostrato ‘in positivo’ la sua
buona fede: “attraverso la produzione, sin dal primo grado, di una
lettera a firma Giuseppe Bartolomeo in data 31 maggio 96 ed
indirizzata al suo funzionario Sebastian Izzard, nella quale
Teresa Bartolomeo viene indicata come persona incaricata del
contatti per l’esame della collezione d’arte. Tale lettera,
differenza degli altri indicati documenti (‘consignmen
agreement’; ‘schedule of property’) non risulta essere mai stata
disconosciuta da Alessandra Bartolomel’ (sent.pagg.8,9).
10

(indipendentemente dalla riferibilità al contratto delle domande

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

In special modo, l’odierna ricorrente si duole del fatto che la
corte di appello non abbia considerato che, al contrario di quanto
così ritenuto, ella aveva disconosciuto anche questa ulteriore
documentazione.
Quest’ultima affermazione viene riferita a quanto genericamente

senza peraltro che nel motivo di ricorso vengano esplicitati gli
indefettibili caratteri di tempestività, inequivocità e
specificazione che debbono presiedere al valido disconoscimento
(seppur proveniente, come dichiarazione di ‘non conoscenza’,
dall’erede del dichiarante, ai sensi del secondo comma
dell’articolo 214 cod.proc.civ.).
Alla luce del ragionamento seguito nella sentenza impugnata, è
tuttavia dirimente osservare come quand’anche trovasse conferma,
nelle circostanze del processo, la formulazione di un valido
disconoscimento da parte dell’attrice anche di questa ulteriore
documentazione (in particolare, la lettera in data 31 maggio ’96
con la quale il Bartolomei indicava a Christie’s, in Teresa
Bartolomei, il soggetto incaricato di curare per suo conto l’esame
degli oggetti d’arte), purtuttavia il convincimento della corte
territoriale non ne risulterebbe minimamente inficiato sul piano
logico-giuridico.
Ciò perché l’argomento in questione è stato comunque utilizzato
dal giudice di merito a titolo di

obiter dictum,

fermo restan

che la domanda extracontrattuale doveva comunque trovare rigetto,
anche indipendentemente dalla suddetta prova ‘positiva’ di assenza
11

verbalizzato dalla difesa dell’attrice all’udienza 14 ottobre ’99,

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

di colpa da parte di Christie’s, per il solo fatto che l’attrice,
sulla quale gravava il relativo onere, non aveva “fornito alcuna
prova e, a ben vedere, non l’ha nemmeno prospettata, di dolo o di
colpa degli organi della Christie’s” (ivi).
La censura sul mancato rilievo dell’avvenuto disconoscimento

vera

‘ratio decidendi’

del giudice di merito; sicché il suo

ipotetico accoglimento non farebbe di per sé cadere l’argomento di
fondo, secondo cui l’attrice non aveva soddisfatto l’onere
probatorio suo proprio.
Quest’ultima osservazione (di inadeguatezza probatoria della
domanda extracontrattuale) non è stata fatta oggetto di specifica
doglianza rientrante nei limiti del sindacato di legittimità.
Genericamente lamentata la ‘carenza di istruttoria’ da parte del
primo giudice, non viene poi argomentata l’avvenuta deduzione da
parte dell’attrice di determinati mezzi probatori che il giudice
di merito avrebbe inopinatamente deciso di non ammettere; e la cui
ammissione avrebbe invece potuto sortire effetti tali con
prognosi di certezza e non soltanto di probabilità – da sovvertire
la decisione qui impugnata.
Ciò vale ad escludere tanto il vizio di applicazione normativa
quanto quello di carenza motivazionale.
A quest’ultimo proposito

deve

farsi

qui

applicazione

dell’orientamento secondo cui la deduzione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare
12

della lettera 31 maggio ’96 citata non coglie, in definitiva, la

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo
controllo, bensì la sola facoltà di controllare, sotto il profilo
della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in
via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio

l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge); ne
consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo
della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima,
può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di
merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o
insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia,
prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando
esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente
adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logico-giuridico posto a base della decisione

multis,

(ex

Cass. n. 8718 del 27/04/2005). Si è inoltre stabilito

(Sez. U., n. 24148 del 25/10/2013) che la motivazione omessa o
insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento
del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnat
emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre
ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva
13

convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento
logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al
suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità
rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul
valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi

un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del
convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova
pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini
del giudizio di cassazione.
4.1

Con il terzo motivo di ricorso, Alessandra Bartolomei

lamenta carenza motivazionale e violazione o falsa applicazione
dell’articolo 183 c.p.c., atteso che la corte d’appello aveva
erroneamente ritenuto inammissibili le domande da lei proposte nei
confronti dei terzi chiamati in garanzia, perché tardivamente
dedotte solo con la memoria ex articolo 183 cod.proc.civ. e non
all’udienza fissata in base a tale norma. In realtà, tali domande
dovevano ritenersi ammissibili poiché i terzi chiamati in garanzia
non avevano mai eccepito la tardività delle domande così proposte,
ed avevano anzi accettato il contraddittorio interloquendo
ampiamente sul merito delle stesse.
§ 4.2 Il motivo è infondato.

Sul punto, la corte di appello ha ravvisato l’inammissibilità
delle domande proposte nei confronti dei terzi chiamati sul
presupposto che: – esse erano state formulate non all’udienza ex
articolo 183 cod.proc.civ. previg., ma con la memoria prevista
14

delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

dall’ultimo comma di tale disposizione; – la tardività non era
dipesa dall’atteggiamento processuale della società convenuta,
posto che gli elementi per chiamare in giudizio i terzi erano
stati da quest’ultima tutti dedotti già nella comparsa di
costituzione in giudizio e nella relativa produzione documentale,

e la notula, altrettanto tempestivamente avrebbe potuto, e dovuto,
estendere la domanda ai chiamati in causa”

(sent.pag.10);

non vi

era nessun elemento per far ritenere che questi ultimi avessero
accettato il contraddittorio, dal momento che non deponeva in tal
senso né l’istanza di rigetto delle domande avanzate dall’attrice
nei confronti della Christie’s (assunte quale presupposto per
l’eventuale accoglimento della domanda di garanzia nei confronti
dei terzi) e nemmeno le conclusioni di merito da costoro assunte.
In tale contesto, la ricorrente non disconosce l’effettiva
tardività delle domande in oggetto, ma ne sostiene l’accettazione
da parte dei terzi chiamati. Senonchè, l’accettazione del
contraddittorio, quand’anche implicita e per facta concludentia,
deve essere inequivoca e, a fronte della valutazione
argomentatamente resa dalla corte di appello, il motivo di ricorso
(men che meno il quesito che lo assiste ex articolo 366 bis cpc,
di per sé inammissibile nella parte in cui dà per scontata tale
accettazione senza in concreto positivamente dimostrarne, né
allegarne, i requisiti) non specifica attraverso quali elementi
comportamentali (al di là della generica presa di posizione s11
merito di tali domande, di per sé ascrivibile anche a contegno
15

sicché l’attrice “come tempestivamente ha disconosciuto il mandato

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

puramente cautelativo di difesa) i terzi chiamati avrebbero
manifestato una siffatta inequivoca volontà.
5.

Con il quarto motivo di ricorso, si deduce carenza

motivazionale e violazione o falsa applicazione dell’articolo 75,
primo comma cpp in relazione all’articolo 306 cod.proc.civ.,

nei confronti dei terzi chiamati in garanzia fossero state
dall’attrice trasferite in sede penale ai sensi della norma testé
citata. Segnatamente, esse sarebbero state poste a fondamento
della costituzione di parte civile dell’attrice nel procedimento
penale intentato nei confronti di Francesca Bartolomei, Teresa
Bartolomei ed Antonio Jorge Viegas per contraffazione del mandato
di vendita ed appropriazione indebita dei medesimi oggetti d’arte
venduti attraverso Christie’s.
Quanto affermato dalla corte di appello non teneva conto né del
fatto che il procedimento penale riguardava soggetti diversi
(essendo ad esso estranei gli esponenti di Christie’s), ed anche
un oggetto parzialmente diverso da quello civile; né che
l’estinzione del giudizio civile derivante dal trasferimento
dell’azione civile in sede penale presupponeva comunque
l’eccezione della parte, nella specie mai formulata.
La presente doglianza deve reputarsi assorbita dal rigetto di
quella precedente. Anche in tal caso l’osservazione della
corte di appello in ordine all’avvenuto trasferimento in sede
penale dell’azione civile è stata infatti resa

ad abundanti m

(come confermato anche sul piano lessicale dall’utilizzo
16

perché la corte di appello aveva ritenuto che le domande proposte

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

dell’avverbio

“peraltro”: sent.pag.9), per la sola ipotesi (solo

retoricamente considerata) in cui le domande nei confronti dei
terzi chiamati potessero essere ritenute tempestive. Poiché – per
le considerazioni già svolte nella disamina del motivo di ricorso
che precede – ciò non è, la doglianza in oggetto non può avere

6.

Nella sua memoria ex articolo 378 cod.proc.civ. in data

15.5.2014, la ricorrente Alessandra Bartolomei ha riferito di aver
chiesto la sospensione del presente giudizio ai sensi dell’ultimo
comma dell’articolo 398 cod.proc.civ., attesa la pendenza avanti
alla corte di appello di Roma di giudizio di revocazione della
stessa sentenza qui impugnata; giudizio di revocazione proposto,
ex articolo 395 n.2) cod.proc.civ., in forza del giudicato penale
medio tempore

intervenuto sull’effettiva falsità del mandato a

vendere gli oggetti d’arte in questione (sent.Cass.pen. n.32274
del 24.8.2010, allegata). Su tale presupposto, l’odierna
ricorrente ha chiesto che la sospensione venga comunque disposta
da questa corte di legittimità, stante l’affermata pregiudizialità
ex art.295 cod.proc.civ. della revocazione.
Tale istanza deve essere disattesa.
Al di là del fatto che la decisione qui impugnata ha deciso
sulla base non già di un documento (il

consignment agreement)

dichiarato falso ma, all’esatto opposto e come anche riconosciuto
dalla stessa ricorrente, della inesistenza del mandato quale fonte/
contrattuale del rapporto e della domanda (sicchè nessud
pregiudizialità può, sotto tale profilo, qui affermarsi), è
17

ingresso.

Ric.n. 26635/08 rg. – Ud. del 21 maggio 2014.

dirimente osservare

(v.Cass.

n.

11413 dell’11.5.2010;

Cass.

n.22902 dell’11.11.2005; Cass. n.22395 del 19 ottobre 2006) che la
pendenza del giudizio di revocazione non determina la sospensione
di quello di cassazione; salvo che tale sospensione venga disposta
dal giudice ‘a quo’ in presenza dei presupposti di cui al quarto

(v.memoria, pag.2).
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte
ricorrente alla rifusione a favore delle parti controricorrenti
delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano,
come in dispositivo, ai sensi del DM 10 marzo 2014 n.55.
Pqm

La Corte
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione che liquida, a favore della
controricorrente Christie’s New York, in euro 6.200,00; ed a
favore dei controricorrenti Teresa Bartolomei-Vegas de
Vasconcellos, in euro 7.200,00; di cui, per entrambi, euro 200,00
per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre rimborso
forfettario spese generali ed accessori di legge.
Così deciso nell camera di consiglio della terza sezione civile
in data 21 maggio 2 14.

comma dell’articolo 398 cit., il che non è nella specie accaduto

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