Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16782 del 16/07/2010
Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 26/03/2010, dep. 16/07/2010), n.16782
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.M., rappresentato e difeso dall’avv. Tumietto
Patrizio, ed elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv.
Guglielmucci Olga in via Giovanni Pier Luigi da Palestrina n. 19;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e presso
la stessa domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 7/12/07, depositata il 5 marzo 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26 marzo 2010 dal Relatore Cons. Dott. GRECO Antonio.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“ M.M. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 7/12/07, depositata il 5 marzo 2007, che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Milano (OMISSIS), gli ha negato il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2002, 2003 e 2004.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., con il quale il contribuente lamenta la violazione della normativa istitutiva dell’IRAP in ordine al presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione.
La ratio decidendi della sentenza impugnata e’ conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attivita’ di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1 e’ escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata: il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).
Nella specie, il giudice d’appello ha ritenuto non provato dal contribuente, “parte che chiede la ripetizione dell’indebito”, a carico della quale unicamente incombe il relativo onere, “di svolgere un’attivita’ autonoma senza l’organizzazione di beni strumentali in misura congrua, tale prova deve essere rigorosa per quanto concerne il corretto espletamento dell’attivita’ libero professionale e le modalita’ organizzative a supporto, e detta prova non si ricava dalla lettura della documentazione agli atti di causa”; ne’ un siffatto accertamento e’ stato oggetto di idonea censura da parte del contribuente.
In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380 bis c.p.c., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;
che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;
che il ricorrente ha depositato memoria;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;
che si ravvisano giusti motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso.
Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.
Cosi’ deciso in Roma, il 26 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010