Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16782 del 04/07/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 16782 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

LUCANTONI DANIELA (C.F.: LCN DNL 45M66 H501D), FUNARI MASSIMO (C.F.:
FNR MSM 57A10 H501J) e LANTIERI OSVALDO (C.F.: LNT SLD 42B25 H501Y),
rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti
Ferdinando Emilio Abbate e Giovambattista Ferriolo ed elettivamente domiciliati
presso il loro studio, in Roma, alla v. Lungotevere Michelangelo, n. 9;
– ricorrenti –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
Uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 309 del 2012, depositato in data
4 aprile 2012 (e non notificato).

44í3/13

Data pubblicazione: 04/07/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 maggio 2013
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l’Avv. Ranieri Roda (per delega) nell’interesse dei ricorrenti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I sigg. Lucantoni Daniela, Funari Massimo e Lantieri Osvaldo chiedevano alla Corte
d’appello di Perugia, con ricorso ritualmente depositato il 20 luglio 2010, il
riconoscimento, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, dell’equa riparazione del
danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata di un giudizio
di equa riparazione introdotto dinanzi alla Corte di appello di Roma con ricorso
depositato nel mese di settembre 2005, concluso con decreto di parziale
accoglimento depositato nel mese di gennaio 2007 e definito, a seguito di ricorso per
cassazione notificato nel mese di marzo 2008, con sentenza di cassazione e
contestuale decisione nel merito di questa Corte depositata nel mese di marzo 2010,
con la conseguenza che il procedimento era durato complessivamente, per lo
svolgimento di due gradi di giudizio, dal mese di settembre 2005 al mese di marzo
2010.
L’adita Corte di appello perugina, con decreto depositato il 4 aprile 2012, dichiarava
la domanda inammissibile, ritenendo che non fosse esperibile il rimedio di cui alla
legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti riguardanti la denunciata violazione
della durata ragionevole dei giudizi di equa riparazione, non discendendo tale
proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo l’eventuale
ritardo nella definizione dei procedimenti ai sensi della suddetta legge compensabile
dal giudice del procedimento.
2

Ignazio Patrone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Avverso il suddetto decreto hanno proposto ricorso per cassazione Lucantoni
Daniela, Funari Massimo e Lantieri Osvaldo, con atto notificato il 10 novembre 2012,
sulla base di un unico motivo.
L’intimato Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il dedotto motivo i ricorrenti hanno denunciato (ai sensi dell’art. 360, n. 3,
c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e degli
artt. 6, paragrafo primo, 13 e 41 della C.E.D.U., nonché dell’art. 111 Cost.
(richiamando anche altri decreti della stessa Corte perugina), sul presupposto della
ritenuta illegittimità del decreto impugnato avuto riguardo alla decisiva
argomentazione — già recepita in altre decisioni di questa Corte — in base alla quale
la legge n. 89 del 2001 non consente in alcun modo di distinguere i procedimenti di
equa riparazione da quelli ai quali la medesima legge si applica e di sottrarli, dunque,
al regime di ragionevole durata, che discende direttamente dalla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione italiana.
2. Il motivo è fondato e deve essere accolto nei termini che seguono.
Questa Corte ha già avuto modo (v. Cass. n. 5924 del 2012; Cass. n. 5925 del 2012;
Cass. n. 5455 del 2013 e Cass. n. 6981 del 2013) di pronunciarsi più volte in ordine
all’applicabilità del procedimento disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 ai
procedimenti introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole di durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
A tal proposito è stato evidenziato che il giudizio di equa riparazione, che si
svolge presso le Corti di appello ed eventualmente, in sede di impugnazione,
3

Il collegio ha deliberato di adottare il modello di sentenza in forma semplificata.

dinanzi a questa Corte, si configura come un ordinario processo di cognizione,
soggetto, in quanto tale, all’esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, la
quale deve ritenersi tanto più presente per tale tipologia di giudizi, in quanto
finalizzati proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale

sofferenza ed un patema d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere
anche per i procedimenti regolati dalla legge n. 89 del 2001.

Né appare

condivisibile l’assunto che il giudizio dinanzi alla Corte di appello e l’eventuale
giudizio di impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico procedimento
destinato a concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento
interno la parte interessata non ottenga un’efficace tutela dell’indicato diritto
fondamentale, atteso che il procedimento interno rappresenta una forma di tutela
adeguata ed incisiva, sempre che, naturalmente, si svolga esso stesso nell’ambito di
una ragionevole durata.
Del resto in tal senso si è espressa la stessa C.E.D.U., da ultimo con la sentenza 6
marzo 2012, pronunciata nel ric. N. 23563/07 — Gagliano Giorgi c. Italia, che —
richiamando altri precedenti — ha affermato il principio secondo il quale “per
soddisfare le esigenze del «termine ragionevole>> ai sensi dell’art. 6, § 1 della
Convenzione europea, la durata di un procedimento «Pinto>> dinanzi alla Corte di
appello competente e alla Corte di cassazione, compresa la fase di esecuzione della
decisione, non dovrebbe, in linea di principio e salvo circostanze eccezionali, essere
superiore a due anni e sei mesi”, con ciò implicitamente ribadendo l’ammissibilità del
rimedio previsto dalla legge n. 89 del 2011 con riferimento ai giudizi sulla
irragionevole durata dei procedimenti presupposti.

4

nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per sé una condizione di

Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un procedimento di equa
riparazione, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte si ritiene che, ove
venga in rilievo un giudizio “Pinto” svoltosi in due gradi, la durata complessiva degli
pt)
stessi debba essere computata come ragionevole ove non ecceda il termine vaue

Orbene, tenuto conto che il termine di durata ragionevole di un giudizio di legittimità
riguardante l’impugnazione di un decreto ai sensi della legge n. 89 del 2001 è
normalmente fissato in un anno, deve ritenersi che il giudizio di primo grado debba
essere concluso nel termine ragionevole di un anno, non potendosi a tal fine
attribuire al termine di quattro mesi di cui all’art. 3, comma 4, della legge n. 89 del
2001, natura diversa da quella sollecitatoria che gli è propria e, quindi, non
espressiva in modo assoluto della ragionevole durata del procedimento di equa
riparazione.
Il ricorso deve, perciò essere accolto, risultando erronea la decisione della Corte
territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per la
irragionevole durata di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio
presupposto di altra natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso risulta essere stato depositato presso la Corte di
appello di Roma nel mese di settembre 2005, il primo grado di merito si è concluso
con decreto depositato nel gennaio 2007; il ricorso per cassazione, avverso
quest’ultimo decreto, è stato notificato nel mese di marzo 2008 ed il giudizio di
legittimità si è concluso (con la definizione dell’intero procedimento) con il deposito di
sentenza nel marzo 2010. Pertanto, detratti il termine ragionevole, stimato in due
5

anni.

anni, ed il termine di undici mesi intercorso il tra il deposito del decreto della Corte
capitolina e la proposizione del ricorso per cassazione (ulteriore rispetto al termine
breve previsto per quest’ultima impugnazione), la durata complessiva non
ragionevole del procedimento di equa riparazione è stata di circa un anno e sette

Alla luce dell’accertata durata irragionevole del giudizio e tenuto conto che, in ordine
alla quantificazione del danno non patrimoniale, deve farsi applicazione del principio,
costante nella giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 21840 del 2009 e,
da ultimo, Cass. n. 8471 del 2012), secondo cui detta liquidazione deve essere, di
regola, non inferiore a euro 750 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni
eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a euro 1.000,00 per quelli successivi,
ne consegue che l’indennizzo riconoscibile ad ognuno dei ricorrenti deve essere
quantificato nell’importo di euro 1.191,00 (di cui euro 750,00 per il primo anno ed
euro 441,00 per i residui sette mesi), a cui devono aggiungersi gli interessi legali con
decorrenza dalla proposizione della domanda giudiziale e fino al soddisfo.
Ai ricorrenti competono, altresì, in base al principio della soccombenza, il rimborso
delle spese e competenze dell’intero giudizio, liquidate nella misura indicata in
dispositivo, con l’attribuzione ai loro difensori, per dichiarato anticipo.

PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito,
accoglie la domanda proposta nell’interesse di Lucantoni Daniela, Funari Massimo e
Lantieri Osvaldo e condanna il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore di
ciascun ricorrente, della somma di euro 1.191,00 a titolo di equa riparazione, oltre
interessi legali dalla domanda al saldo, nonché al rimborso delle spese del giudizio
davanti alla Corte d’appello, liquidate in complessivi euro 775,00, di cui euro 445,00
6

mesi.

per onorari, euro 280,00 per diritti ed euro 50,00 per esborsi, oltre alle spese generali
e agli accessori come per legge, ponendo a carico dello stesso Ministero le spese
del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi euro 606,25, di cui euro
506,25 per compensi ed euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge; dispone la

come rispettivamente liquidate a vantaggio dei ricorrenti, in favore degli Avv.ti
Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, per dichiarato anticipo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte suprema di Cassazione, in data 22 maggio 2013.

distrazione delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimità, nelle misure

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA