Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16778 del 04/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16778 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

2001 – sentenza in

forma semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

ROMA CLEMENZA (C.F.: RMO CMN 43P44 A421Z), rappresentata e difesa, in forza
di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Gabriele De Paola ed elettivamente
domiciliata presso il suo studio, in Roma, alla v. Giulia di Colloredo;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
Uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 270 del 2012, depositato in data
21 marzo 2012 (e non notificato).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 maggio 2013

dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

4 45′ li Ì(3

Data pubblicazione: 04/07/2013

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Ignazio Patrone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto

La sig.ra Roma Clemenza chiedeva alla Corte d’appello di Perugia, con ricorso

dell’equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa della non
ragionevole durata di un giudizio di equa riparazione introdotto dinanzi alla Corte di
appello di Roma con ricorso del 26 febbraio 2007 e definito con decreto depositato il
10 ottobre 2009.
L’adita Corte di appello perugina, con decreto depositato il 21 marzo 2012,
dichiarava la domanda inammissibile, ritenendo che non fosse esperibile il rimedio di
cui alla legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti riguardanti la denunciata
violazione della durata ragionevole dei giudizi di equa riparazione, non discendendo
tale proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo
l’eventuale ritardo nella definizione dei procedimenti ai sensi della suddetta legge
compensabile dal giudice del procedimento.
Avverso il suddetto decreto (non notificato) ha proposto ricorso per cassazione la
Roma Clemenza, con atto notificato il 14 novembre 2012, sulla base di un unico
motivo, illustrato da memoria.
Il Ministero della Giustizia si è costituito in questa fase con controricorso.
Il collegio ha deliberato di adottare il modello di sentenza in forma semplificata.
Considerato in diritto

1. – Con il dedotto motivo la ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360, n. 3,
c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 e
dell’art. 6, paragrafo primo, della C.E.D.U., in relazione al successivo art. 35, sul
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ritualmente depositato, il riconoscimento, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89,

presupposto della ritenuta illegittimità del decreto impugnato avuto riguardo alla
decisiva argomentazione — già recepita in altre decisioni di questa Corte — in base
alla quale la legge n. 89 del 2001 non consente in alcun modo di distinguere i
procedimenti di equa riparazione da quelli ai quali la medesima legge si applica e di

Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione italiana.
2. Il motivo è fondato e deve essere accolto nei termini che seguono.
Questa Corte ha già avuto modo (v. Cass. n. 5924 del 2012; Cass. n. 5925 del 2012;
Cass. n. 5455 del 2013 e Cass. n. 6981 del 2013) di pronunciarsi più volte in ordine
all’applicabilità del procedimento disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 ai
procedimenti introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole di durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
A tal proposito è stato evidenziato che il giudizio di equa riparazione, che si
svolge presso le Corti di appello ed eventualmente, in sede di impugnazione,
dinanzi a questa Corte, si configura come un ordinario processo di cognizione,
soggetto, in quanto tale, all’esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, la
quale deve ritenersi tanto più presente per tale tipologia di giudizi, in quanto
finalizzati proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale
nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per sé una condizione di
sofferenza ed un paterna d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere
anche per i procedimenti regolati dalla legge n. 89 del 2001.

Né appare

condivisibile l’assunto che il giudizio dinanzi alla Corte di appello e l’eventuale
giudizio di impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico procedimento
destinato a concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento
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sottrarli, dunque, al regime di ragionevole durata, che discende direttamente dalla

interno la parte interessata non ottenga un’efficace tutela dell’indicato diritto
fondamentale, atteso che il procedimento interno rappresenta una forma di tutela
adeguata ed incisiva, sempre che, naturalmente, si svolga esso stesso nell’ambito di
una ragionevole durata.

marzo 2012, pronunciata nel ric. N. 23563/07 — Gagliano Giorgi c. Italia, che —
richiamando altri precedenti — ha affermato il principio secondo il quale “per
soddisfare le esigenze del <

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