Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16776 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 09/08/2016), n.16776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21968-2014 proposto da:

SAIMA AVANDERO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo

studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI SCARPA giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 245/2013 della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA,

depositata 11 17/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

uditi per il ricorrente gli Avvocati LUCISANO e SCARPA che hanno

chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato COLLABOLLETTA che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La contribuente SAIMA AVANDERO SPA ha impugnato l’invito al pagamento n. 2008 47507, per l’anno di imposta 2004 per l’importo di Euro 35.652,18, notificatole dall’Agenzia delle Dogane, nella qualità di responsabile in solido con la società Vega 3 SRL destinataria della merce, e scaturente, nella prospettazione dell’Ufficio, dall’omessa introduzione fisica, nei depositi gestiti dalla stessa società nell’interesse di propri clienti, di merce di provenienza extracomunitaria, circostanza che, per l’Ufficio, aveva reso illegittimo l’assolvimento dell’IVA ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 50.

2. La pronuncia di primo grado, sfavorevole alla contribuente, è stata confermata in appello dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale n. 245/28/13, depositata il 17.06.2013 e non notificata.

Il giudice di appello, avendo accertato che l’utilizzo del deposito IVA era stato solo virtuale in quanto la merce era stata consegnata direttamente ai destinatari, riteneva sussistenti le violazioni sulla considerazione che, comunque, non era stata provata nemmeno la regolare effettuazione dell’autofatturazione da parte del destinatario della merce.

3. La società Saima Avandero ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi e corredato da memoria ex art. 378 c.p.c., al quale ha resistito l’Agenzia delle dogane con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia il vizio di omesso esame e motivazione di un fatto decisivo per il giudizio e la violazione e falsa applicazione della L n. 212 del 2000, art. 7 (art. 360 c.p.c., comma 14, n. 5).

Sostiene la ricorrente di essersi doluta, sia in primo che in secondo grado, del fatto che l’invito notificatole facesse riferimento ad un altro atto, da lei non conosciuto e che ciò aveva comportato una violazione del diritto di difesa, senza che sul punto fosse stata spesa alcuna motivazione, nè dalla CTP, nè dalla CTR, e che non poteva ravvisarsi un rigetto implicito.

Inoltre, a dire della ricorrente, la CTR non avrebbe esaminato tutte le dichiarazioni rese dal trasportatore T.G. e da altri autisti alle sue dipendenze, da cui sarebbe emerso che la merce trasportata, o almeno parte, transitava presso il deposito della Saima in (OMISSIS) per l’apertura delle porte dei containers, il cambio del piombo e la registrazione dei documenti.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.3. Per quanto riguarda la doglianza relativa all’omesso esame della denuncia di difetto di motivazione dell’invito al pagamento, deve osservare la Corte che la stessa è carente sul piano dell’autosufficienza: è proposta in modo generico e non consente di comprendere l’effettivo contenuto della censura, e soprattutto non è affatto rapportata al contenuto dell’invito, che risulta del tutto pretermesso nel ricorso (cfr. Cass. n. 2928/2015, 14784/2015): ciò incide negativamente anche sulla valutazione della sua decisività.

1.4. Anche la doglianza relativa al profilo motivazionale, in merito alla prova della mancata introduzione delle merci nel deposito virtuale, risulta inammissibile.

Come già ritenuto da questa Corte in caso sovrapponibile (Cass. nn. 5995/2015, 16109/2015) la censura non è autosufficiente, là dove richiama le dichiarazioni degli autisti dipendenti della ditta T., senza allegare gli elementi dai quali si evinca che tali dichiarazioni siano state oggetto di discussione fra le parti, perchè dedotte in primo grado e reintrodotte in appello.

Il motivo è altresì articolato su fatti privi di decisività.

Invero le dichiarazioni di T. e di E.G. riportate, che la società assume non siano state adeguatamente considerate dalla Commissione, riferiscono in generale soltanto sul transito e sulla breve sosta degli automezzi, per di più soltanto “qualche volta”, presso il deposito della ricorrente, non già sull’immagazzinamento o sullo stoccaggio nel deposito della merce trasportata per conto della Vega 3.

2.1. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Secondo la ricorrente la CTR aveva erroneamente escluso, in caso di mancata introduzione fisica della merce nel deposito fiscale, la rilevanza dell’assolvimento dell’IVA interna, poichè il mancato pagamento dell’IVA all’importazione era stato compensato proprio dall’assolvimento mediante autofatturazione dell’IVA interna, dovendosi altrimenti ipotizzare una doppia imposizione.

2.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

2.3. La ricorrente, infatti, non coglie la compiuta ratio decidendi espressa alla CTR, la quale non si è limitata ad escludere che fosse intervenuta la materiale introduzione della merce nel deposito fiscale, ma ha accertato in fatto che nel caso in esame non era stata fornita prova dell’assolvimento dell’IVA mediante autofatturazione.

Invero, solo nel primo caso la condotta è qualificabile come violazione formale alla luce della decisione della Corte di giustizia Equoland, Corte giust. 17 luglio 2014, C- 272/13 integralmente recepita da questa Corte nelle sentenze rese in analoghi casi – v., tra le altre, Cass. nn. 17814/2015, 17815/2015, 15980/2015, 15995/2015, 16109/2015), qualora la parte privata abbia già provveduto all’adempimento, sia pur tardivo, dell’obbligazione – tributaria nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile mediante un’autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite.

2.4. L’accertamento in fatto, sulla assenza di prova dell’autofatturazione, non è stato censurato ed il motivo proposto risulta pertanto privo di decisività, proprio in ragione dei principi espressi dalla Corte di Giustizia.

3.1. Sulla base di tali conclusioni la sentenza impugnata va rigettata per inammissibilità dei motivi.

3.2. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

3.4. Si deve dare atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE

– rigetta il ricorso per inammissibilità dei motivi;

– condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito;

– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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