Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16775 del 04/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16775 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA

motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
MIRANTE CONCETTA (C.F.: MRN CCT 54B55 C352F), rappresentata e difesa, in
forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti Ferdinando Emilio Abbate e
Giovambattista Ferriolo ed elettivamente domiciliata presso il loro studio, in Roma,
alla v. Lungotevere Michelangelo, n. 9; – ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
Uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 657 del 2012, depositato in data
15 maggio 2012 (e notificato il 17 settembre 2012).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 maggio 2013

dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

Data pubblicazione: 04/07/2013

udito l’Avv. Ranieri Roda (per delega) nell’interesse della ricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Ignazio Patrone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

ritualmente depositato 1’11 febbraio 2011, il riconoscimento, ai sensi della legge 24
marzo 2001, n. 89, dell’equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa
della non ragionevole durata di un giudizio di equa riparazione introdotto dinanzi alla
Corte di appello di Roma con ricorso depositato nel mese di novembre 2003,
concluso con decreto di parziale accoglimento depositato nel mese di marzo 2004 e
definito, una prima volta, dopo la proposizione di ricorso per cassazione notificato nel
mese di maggio 2005, con sentenza di cassazione con rinvio alla stessa Corte di
appello (in diversa composizione), che lo definitiva, infine, con decreto depositato nel
mese di aprile 2010, con la conseguenza che il procedimento era durato
complessivamente, per lo svolgimento di due gradi di giudizio, dal mese di novembre
2003 al mese di aprile 2010.
L’adita Corte di appello perugina, con decreto depositato il 15 maggio 2012,
dichiarava la domanda inammissibile, ritenendo che non fosse esperibile il rimedio di
cui alla legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti riguardanti la denunciata
violazione della durata ragionevole dei giudizi di equa riparazione, non discendendo
tale proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo
l’eventuale ritardo nella definizione dei procedimenti ai sensi della suddetta legge
compensabile dal giudice del procedimento.
Avverso il suddetto decreto ha proposto ricorso per cassazione la Mirante Concetta,
con atto notificato il 5 novembre 2012, sulla base di un unico motivo.
2

La sig.ra Mirante Concetta chiedeva alla Corte d’appello di Perugia, con ricorso

L’intimato Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Il collegio ha deliberato di adottare il modello di sentenza in forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il dedotto motivo la ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360, n. 3,

artt. 6, paragrafo primo, 13 e 41 della C.E.D.U., nonché dell’art. 111 Cost.
(richiamando anche altri decreti della stessa Corte perugina), sul presupposto della
ritenuta illegittimità del decreto impugnato avuto riguardo alla decisiva
argomentazione — già recepita in altre decisioni di questa Corte — in base alla quale
la legge n. 89 del 2001 non consente in alcun modo di distinguere i procedimenti di
equa riparazione da quelli ai quali la medesima legge si applica e di sottrarli, dunque,
al regime di ragionevole durata, che discende direttamente dalla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione italiana.
2. Il motivo è fondato e deve essere accolto nei termini che seguono.
Questa Corte ha già avuto modo (v. Cass. n. 5924 del 2012; Cass. n. 5925 del 2012;
Cass. n. 5455 del 2013 e Cass. n. 6981 del 2013) di pronunciarsi più volte in ordine
all’applicabilità del procedimento disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 ai
procedimenti introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole di durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
A tal proposito è stato evidenziato che il giudizio di equa riparazione, che si
svolge presso le Corti di appello ed eventualmente, in sede di impugnazione,
dinanzi a questa Corte, si configura come un ordinario processo di cognizione,
soggetto, in quanto tale, all’esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, la
quale deve ritenersi tanto più presente per tale tipologia di giudizi, in quanto
3

c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e degli

finalizzati proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale
nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per sé una condizione di
sofferenza ed un paterna d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere
anche per i procedimenti regolati dalla legge n. 89 del 2001.

Né appare

giudizio di impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico procedimento
destinato a concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento
interno la parte interessata non ottenga un’efficace tutela dell’indicato diritto
fondamentale, atteso che il procedimento interno rappresenta una forma di tutela
adeguata ed incisiva, sempre che, naturalmente, si svolga esso stesso nell’ambito di
una ragionevole durata.
Del resto in tal senso si è espressa la stessa C.E.D.U., da ultimo con la sentenza 6
marzo 2012, pronunciata nel ric. N. 23563/07 — Gagliano Giorgi c. Italia, che —
richiamando altri precedenti — ha affermato il principio secondo il quale “per
soddisfare le esigenze del <

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