Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16774 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 09/08/2016), n.16774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13818-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SAIMA AVANDERO SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo

studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI SCARPA giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 171/2011 della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA,

depositata il 14/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLLABOLLETTA che ha chiesto

l’accoglimento;

uditi per il controricorrente gli Avvocati LUCISANO e SCARPA che

hanno chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di Saima Avandero s.p.a. quale obbligato solidale venne emesso dall’Ufficio delle Dogane di Napoli (OMISSIS) relativamente all’anno 2005 invito al pagamento per omesso versamento dell’IVA, non essendo stata la merce importata inserita nel deposito IVA della medesima Saima Avandero s.p.a., secondo quanto risultante dal p.v.c.. La CTP accolse il ricorso, reputando che, per effetto del D.L. n. 185 del 2008, art. 16, comma 5 bis, e del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, comma 4, lett. h) le prestazioni di servizio relative ai beni consegnati al depositario dovevano intendersi introduzione nel deposito IVA. L’appello dell’Ufficio venne rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania sulla base della seguente motivazione.

L’eccezione di mancanza di prova della circostanza indicata nel p.v.c. del mancato passaggio nel deposito IVA non è fondata “in quanto i verbali per la qualità dei verbalizzanti sono da soli sufficienti a costituire prova avverso la quale è però ammessa prova contraria”. La norma interpretativa ha escluso che in casi come quello di specie sia necessaria la materiale introduzione della merce nel deposito, costituendo il compimento delle prestazioni di servizio relative alla merce consegnata al depositarlo introduzione nel medesimo deposito. “Altra argomentazione che si ritiene decisiva è costituita dall’autofatturazione stessa che non si ritiene che possa dar luogo ad evasione d’imposta, in quanto il pagamento dell’IVA viene solo differito nel tempo”.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Dogane sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, comma 5, convertito con L. n. 427 del 1993, come modificato dal D.L. n. 185 del 2008, art. 16, comma 5 bis, conv. con L. n. 2 del 2009 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che l’operazione di immissione delle merci nel deposito IVA, inteso come luogo fisico, non si è mai realizzata, essendo esclusa la possibilità di costituire depositi virtuali e dovendo le eventuali prestazioni di servizio, anche se materialmente eseguite nei locali limitrofi, essere relative a beni custoditi in un deposito IVA. Aggiunge che l’autofattura non rileva risultando un’evasione di IVA che andava assolta fin dal momento in cui la merce era stata immessa per l’importazione.

Con il secondo motivo si denuncia contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva la ricorrente che la CTR, pur avendo riconosciuto che “i verbali per la qualità dei verbalizzanti sono da soli sufficienti a costituire prova avverso la quale è però ammessa prova contraria”, non ha poi riconosciuto la legittimità dell’atto accertativo basato sui detti verbali.

Va premesso che ai fini dell’esame del ricorso non rileva il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, disposto con ordinanza 6 maggio 2016, n. 9278 in controversia relativa al deposito fiscale, sulla compatibilità della normativa interna con il principio generale del contradditorio procedimentale di matrice comunitaria laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione dell’atto come conseguenza normale della proposizione del ricorso in via amministrativa. La controversia in esame non involge infatti profili afferenti il principio del contraddittorio procedimentale.

I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. In tema d’IVA, al fine di evitare l’immediato assolvimento dell’imposta per l’immissione in libera pratica di beni non comunitari, occorre la loro introduzione fisica e non solo virtuale in depositi fiscali, collocati in territorio italiano, come si desume dal D.L. n. 331 del 1993, art. 50 convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, su cui non incide la disciplina successiva, ed in particolare, il D.M. 20 ottobre 1997, n. 419, art. 4 che si occupa dei soli adempimenti documentali, e il D.L. 185 del 2008, art. 16, comma 5 bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 2 del 2009, che si riferisce alle sole prestazioni di servizi relative ai beni ivi custoditi (Cass. 29 luglio 2015, n. 15980). L’Amministrazione finanziaria non può tuttavia pretendere il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui al D.L. n. 331 del 1993, n. 331, art. 50 bis, comma 4, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all’adempimento, sia pur tardivo, dell’obbligazione tributaria nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile mediante un’autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell’IVA, realizzata dall’importatore per effetto dell’immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può peraltro mettere in discussione il suo diritto alla detrazione, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland (Cass. 29 luglio 2015, n. 16109 e n. 15988; 8 settembre 2015, n. 17815 e 8 settembre 2015 n. 17814; 29 luglio 2015, n. 16109; si veda anche Cass. 19 settembre 2014, n. 19749). L’avvenuta autofatturazione esclude pertanto nel caso di specie la ricorrenza di una ipotesi di omesso versamento dell’IVA.

La decisione del ricorso sulla base della giurisprudenza sovranazionale e nazionale successiva alla proposizione del ricorso costituisce giusto motivo di compensazione delle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dispone la compensazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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