Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16769 del 06/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 06/08/2020), n.16769

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9538/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

R.M.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, sezione staccata di Foggia, sezione n. 27, n. 71/27/16,

pronunciata il 18/12/2015, depositata il 19/01/2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 febbraio

2020 dal Consigliere Guida Riccardo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con due motivi, nei confronti di R.M., rimasto intimato, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, indicata in epigrafe, che – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso del 60% dell’IRPEG, IRES, IRAP ed IVA versate dal contribuente, residente nel Comune di Pietramontecorvino (rientrante nel D.M. 9 gennaio 2003), posto nella provincia di Foggia (colpita dagli eventi sismici dell’ottobre 2002), nel periodo dal 31/10/2002 al 30/06/2008 – nel contraddittorio del contribuente, ha rigettato l’appello dell’ufficio, confermando la sentenza di primo grado, favorevole al ricorrente;

il giudice d’appello ha riconosciuto il diritto al rimborso dichiarando di aderire ad altre analoghe pronunce di merito, che avevano escluso che lo ius superveniens (D.L. n. 162 del 2008, art. 3, convertito con modificazioni dalla L. n. 201 del 2009, art. 6, del D.L. n. 185 del 2008, convertito con modificazioni dalla L. n. 2 del 2009), secondo cui le imposte dovute dai residenti nelle province terremotate erano ridotte al 40%, fosse applicabile soltanto a quanti avessero beneficiato della sospensione dei termini, e non anche a quelli che, più diligentemente, avevano versato le tasse rispettando le normali scadenze.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo del ricorso (“1) Violazione e/o falsa applicazione della decisione della Commissione Europea n. C(2015) 5549 final del 14 agosto 2015, nonchè degli artt. 108 e 288 TFUE (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere confermato il diritto al rimborso travisando completamente il contenuto e l’effettiva portata della decisione della Commissione Europea C(2015) 5549 final del 14 agosto 2015;

2. con il secondo motivo (“2) Con specifico riferimento all’IVA, Violazione e/o falsa applicazione dei principi affermati dalla C.G.U.E., con ordinanza 15 luglio 2015 Nuova Invincibile s.r.l., C-82/14 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere considerato che i principi espressi dalla predetta ordinanza della CGUE, 15 luglio 2015, Nuova Invincibile Srl, C-82/14, aventi efficacia diretta nell’ordinamento nazionale, ostano al riconoscimento del rimborso dell’IVA versata dal contribuente;

2.1. i due motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati nei seguenti termini;

2.2. è ius receptum della Corte (Cass. 08/02/2018, n. 3070; conf.: 17/12/2019, n. 33319, nn. 29905/2017, 1325/2018, 10450/2018, 19577/2018 e 2208/2019), in continuità con la linea giurisprudenziale inaugurata dalla Sezione lavoro (Cass. sez. lav., 26/09/2017 n. 22377; conf.: 27/11/2017, n. 28266 e n. 28267), quella secondo cui: “la Commissione UE, con la decisione del 14/08/2015, C(2015) 5549 fina/ (che il giudice nazionale deve attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti; conf. Cass., n. 22377/2017 e n. 29905/2017, cit.), stabilisce alla L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 1 che “Le misure di aiuto di Stato in oggetto, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni; L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. n. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, comma 4-bis e 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni; e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono incompatibili con il mercato interno”. (…) E’ fatta salva l’ipotesi che si tratti di un “aiuto individuale” che “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 dec. cit.), o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’art. 1 del regolamento (CE) n. 994/98” (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 – del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3 dec. cit.). (…) Secondo la Commissione UE “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o di un regolamento di esenzione)” (p. 134 dec. cit.). (…) Peraltro, la decisione della Commissione UE, impugnata da una società siciliana (T-172/16), resta confermata dal Tribunale di primo grado UE, con sentenza del 26 gennaio 2018 (…) Orbene, la nozione Euro-unitaria d’impresa include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte giustizia: 23/04/1991, 1-105fner e Elser; 16/11/1995, Fèdèration Frangaise des Sociètès d’Assurance; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, Selex Sistemi Integrati). Il che si raccorda sia con la normativa fiscale Europea, laddove si stabilisce che è soggetto passivo d’imposta sul valore aggiunto “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività” (art. 9, p. 1, Direttiva UE, n. 2006/112/CE; conf. art. 4, Direttiva UE, n. 77/388/CE), sia con la normativa Europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che “i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi (art. 1, p. 8, Direttiva UE, n. 2004/18/CE). Il tutto è implicitamente (…) recepito dalla ridetta decisione della Commissione UE, laddove si afferma che i “soggetti che non svolgono attività economica (…) non vanno considerati come imprese” (p. 134 dec. cit.). Il che significa che non importa neppure che l’attività economica possa essere una libera professione regolamentata e che le prestazioni possano essere intellettuali, tecniche o specialistiche (v. Commissione UE, 30/01/1995, n. 95/188/CE; conf. Corte giustizia, 23/04/1991, Hòfner e Elser, e 18/06/1998, Commissione vs. Italia).”;

2.3. nel caso di specie, lo svolgimento da parte del contribuente di un’attività d’impresa, nei termini Euro-unitari sopra indicati, si evince in maniera univoca dagli atti di causa e dalla circostanza (pacifica) che la richiesta di rimborso riguarda l’IRPEG e l’IRES, oltre all’IVA e all’IRAP;

2.4. tornando alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 3070/2018, cit.), è stato anche affermato che: “Una volta assodato lo svolgimento di un’attività economica (commerciale o professionale che sia) da parte del contribuente, il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), “tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92 TFUE, n. 1, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (Cass. n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.). In difetto, il giudice di merito deve valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107 TFUE, par. 2, lett. b), ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare danni causati da una calamità naturale” (p. 150, lett. b), dec. cit.), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subìti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (p. 136 dec. cit.). Il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovra-compensazione rispetto ai danni subìti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto; p. 148 dec. cit.). (…) Inoltre, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo ((Cass. 09/06/2017, n. 14465).”;

2.5. nel caso in esame, è il contribuente stesso che, avendo assolto a suo tempo all’intera imposizione fiscale, chiede il rimborso dell’eccedenza versata rispetto al dovuto in applicazione del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, commi 4-bis e 4-ter. Il che comporta che alcune verifiche fattuali, ora richieste dalla decisione della Commissione (come la circostanza che l’aiuto per importi e arco temporale sia in linea con il regolamento de minimis), influiscono sulla valutazione finale della domanda (p.p. 134, 136, 148, 150 lett. b), dec. cit.). L’onere di provare le suddette circostanze incombe sul soggetto che invoca il beneficio. Tuttavia, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza, sulla decisione della controversia, nel determinare la cassazione della sentenza impugnata, consentono l’esibizione, in sede di rinvio, degli ulteriori documenti necessari per l’accertamento di quei fatti che, in precedenza, non erano indispensabili ai fini della decisione, ma che ora costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica dell’UE (Cass. n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.);

2.6. con specifico riferimento all’istanza di rimborso dell’IVA, è utile richiamare nuovamente Cass. n. 3070/2018, cit., che, al riguardo, ha avuto modo di precisare che: “resta fermo che la riduzione dei tributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia d’IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE, come ha stabilito la Corte di Lussemburgo in causa C-82/14 (Corte giustizia, 15/07/2015, Nuova Invincibile; conf. Cass. 21/04/2017, n. 10084; 16/09/2016, n. 18205; 16/12/2015, n. 25278);

3. ne consegue che, accolti entrambi i motivi del ricorso, la sentenza è cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2020

 

 

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