Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16764 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/06/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 14/06/2021), n.16764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7939-2020 proposto da:

P.T., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocata GIUSEPPINA CIPRIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA DI RILIEVO NAZIONALE A. CARDELLI, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.

SIACCI 4, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VOGLINO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO BENINCASA;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, REGIONE CAMPANIA, GESTIONE LIQUIDATORIA EX

USL 40, ASL NAPOLI 3 SUD;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3830/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 30/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI

MARCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 10/7/2019, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, tra le restanti statuizioni, per quel che ancora rileva in questa sede, ha rigettato la domanda proposta da P.T. per la condanna del Ministero della Salute, della Regione Campania, della Asl Na1 Distretto 51/Ospedale Loreto Mare, della AsI Napoli 5, dell’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale A. Cardarelli e della Gestione liquidatoria ex Usl 40, al risarcimento dei danni subiti dall’attrice a seguito della contrazione dell’epatite C in conseguenza della trasfusione di sangue infetto, verificatasi in occasione di un intervento chirurgico a cui la stessa era stata sottoposta presso l’Ospedale Loreto Marittima nel febbraio del 1974;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva ritenuto prescritto il credito risarcitorio dell’attrice, pur dovendo ritenersi, sulla base della documentazione acquisita al giudizio, che il dies a quo del termine di prescrizione fosse identificabile nella data del 27/1/2005, anzichè in quella del 28/4/2000 indicata dal giudice di primo grado;

avverso la sentenza d’appello, P.T. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

il Ministero della Salute e l’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale A. Cardarelli resistono con controricorso;

nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;

a seguito della fissazione della Camera di Consiglio, il ricorso è stato trattenuto in decisione sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., dolendosi altresì della nullità della sentenza impugnata (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la corte territoriale illegittimamente individuato, quale termine di decorrenza della prescrizione del proprio diritto al risarcimento dei danni, una data del tutto diversa da quella indicata dal giudice di primo grado, senza che nessuna delle parti ne avesse mai fatto menzione – e dunque oltre i limiti delle eccezioni sollevate dalle parti e su questioni mai dedotte in giudizio – con la conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, oltrechè del principio che impone il rispetto del contraddittorio tra le parti;

il motivo è manifestamente infondato;

osserva preliminarmente il Collegio come, sulla base del consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza che rilevi l’erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato alle allegazioni delle parti (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21357 del 06/10/2020, Rv. 659156 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 15631 del 27/07/2016, Rv. 640674 – 01);

ne deriva che il giudice a quo, nell’individuare (sulla base della documentazione ritualmente acquisita al giudizio) una data di decorrenza del termine di prescrizione diversa da quella indicata dal giudice di primo grado, non è incorso in alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non potendo lo stesso ritenersi in alcun modo vincolato alle allegazioni delle parti in relazione alla lettura e all’interpretazione della documentazione probatoria già acquisita al giudizio;

ciò posto, va altresì esclusa alcuna violazione del principio che impone il rispetto del contraddittorio delle parti (in ipotesi consistita nella mancata previa sottoposizione al dialogo processuale della soluzione adottata in sentenza), dovendo nella specie trovare applicazione l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale l’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, rafforzato dall’aggiunta del comma 2 all’art. 101 c.p.c. ad opera della L. n. 69 del 2009, si estende solo alle questioni di fatto che richiedono prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti, o alle eccezioni rilevabili d’ufficio, e non anche ad una diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito (Sez. L, Sentenza n. 10353 del 19/05/2016, Rv. 639999 – 01);

nel caso di specie, avendo il giudice d’appello individuato la data di decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno subito dalla P. attraverso una diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito agli atti del giudizio, deve escludersi che lo stesso fosse tenuto a sollecitare il contraddittorio delle parti su tale specifica questione;

con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale erroneamente individuato la data di decorrenza della prescrizione del proprio diritto al risarcimento dei danni, omettendo di considerare la documentazione presente agli atti del giudizio (e analiticamente richiamata in ricorso), dalla quale era agevolmente desumibile la circostanza dell’acquisita consapevolezza, da parte dell’interessata, della contrazione dell’epatite C a seguito della trasfusione infetta, solo in epoca prossima alla presentazione dell’istanza di indennità ai sensi della L. n. 210 del 1992, ossia poco prima dell’ottobre del 2006, con la conseguente mancata decorrenza dell’intero periodo previsto dalla legge per la prescrizione del diritto al risarcimento del danno;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come al caso di specie (relativo all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (quale risultante dalla formulazione del D.L n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012), ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sè (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830);

ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo la ricorrente propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

osserva il Collegio, pertanto, come, attraverso le odierne censure, la ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

sulla base delle argomentazioni indicate, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, deve essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna della ricorrente al rimborso, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuna parte, in complessivi Euro 3.000,00, oltre alle spese forfetta-rie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

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