Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16763 del 29/07/2011

Cassazione civile sez. II, 29/07/2011, (ud. 06/10/2010, dep. 29/07/2011), n.16763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE BELLE ARTI 7, presso lo studio dell’avvocato

AMBROSIO GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ORLANDI CLAUDIO;

– ricorrente –

contro

P.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIOVANNI ALFREDO CESAREO 3, presso lo studio dell’avvocato

FELICIOTTI LUCIA, rappresentato e difeso dall’avvocato SANTORO

GIUSEPPE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3235/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2010 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato AMBROSIO GIUSEPPE difensore del ricorrente, che ha

chiesto di riportarsi ed insiste sulle conclusioni in atti;

udito l’Avvocato FELICIOTTI LUCIA con delega dell’Avvocato SANTORO

GIUSEPPE difensore del contricorrente, che ha chiesto anche lei di

riportarsi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – P.P. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Milano M.G., titolare dello studio d’arte M. di Milano, esponendo di aver acquistato, nel 1975, dallo stesso, per il prezzo ai L. 9.(300.000, un dipinto garantito dallo stesso M. come opera autentica del pittore A.J., di cui recava la firma, e di aver successivamente, nel 1984, appreso, in occasione della rivendita dei quadro, che esso non era opera di detto Artista.

Il P. chiese quindi al giudice adito di dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore e di condannare quest’ultimo alla restituzione del prezzo ed al risarcimento dei danni.

2. – Il Tribunale di Milano accolse la domanda, condannando il M. a corrispondere al P. la somma di L. 280.000.000, pari al valore che il dipinto avrebbe avuto in quel momento se autentico, comprendente sia il prezzo pagato sia la plusvalenza, oltre alla rivalutazione monetaria dal 30 giugno 1990, data del deposito della relazione della c.t.u. di stima, e gli interessi legali.

Avverso tale sentenza propose appello il M..

3. – Con sentenza depositata il 14 maggio 1996, la Corte di merito, in parziale riforma della decisione impugnata, limitò gli effetti della risoluzione del contratto alla restituzione del prezzo pagato per il 1^ quadro, condannando il M. al pagamento in favore del P. della somma di L. 4.000.000, corrispondente al prezzo effettivamente pagato, oltre alla rivalutazione per illiceità del fatto e agli interessi legali. Il M. e il P. ricorsero per cassazione rispettivarnnnte in via principale ed in via incidentale.

4. – Questa Corte, con sentenza n. 698 del 2000, accolse il ricorso principale, cassando la sentenza nella parte in cui aveva liquidato d’ufficio il danno da svalutazione monetaria sul debito restitutorio di valuta del M., e, in accoglimento del ricorso incidentale, cassò la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano nella parte in cui aveva escluso il diritto al risarcimento del danno per lucro cessante relativo al plusvalore del dipinto solo perchè esso non era mai esistito come opera del M.J. e perchè il lucro cessante era difficile da calcolare, rimettendo al giudice del rinvio l’accertamento dell’effettivo danno risarcibile a favore del P..

5. – Riassunto il giudizio da parte di quest’ultimo, con sentenza depositata il 17 dicembre 2004, la Corte d’appello di Milano, in parziale accoglimento del gravame, condannò il M. al pagamento in favore del P., a titolo di risarcimento del lucro cessante, della somma di Euro 25.822,84, con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dal 1984 alla data della sentenza.

La Corte di merito, esaminata la portata della decisione della Cassazione, secondo la quale, in caso di risoluzione per inadempimento del venditore della compravendita di un quadro dichiarato d’autore, ma rivelatosi non autentico per non essere stato realizzato da quell’autore, spetta al compratore non solo il diritto alla restituzione del prezzo versato, ma anche il risarcimento del danno per lucro cessante relativo al plusvalore che il quadro avrebbe conseguito nel corso degli anni, osservò che la enunciazione di tale principio di diritto non comportava necessariamente l’affermazione della sussistenza del danno da lucro cessante nella specie. Spettava, infatti, comunque al giudice di rinvio, al fini dell’accertamento in concreto dell’effettivo danno da lucro cessante risarcibile e della liquidazione dello stesso, la valutazione relativa alla prevedibilità, all’atto della conclusione del contratto, del rilevante apprezzamento nel tempo delle creazioni figurative del Maestro J., e, in caso di non prevedibilità, l’accertamento dell’elemento psicologico del venditore, mercante d’arte dichiarato, nonchè la stima in concreto del danno risarcibile per la voce in questione anche in via equitativa, con limitazione del risarcimento al danno prevedibile al momento della conclusione del contratto in caso di inesistenza del dolo. La Corte di merito rilevò, quanto all’elemento psicologico, l’esistenza di un giudicato interno sulla inesistenza del dolo, e comunque la mancata prova dello stesso ad opera del creditore, con conseguente limitazione del risarcimento al danno prevedibile nei tempo in cui era sorta l’obbligazione del M. rimasta inadempiuta di consegna del quadro garantito come autentico.

Con riferimento alla valutazione di tale danno ai sensi dell’art. 1225 cod. civ., la Corte, premesso che essa doveva essere effettuata con riguardo alla data della domanda giudiziale di risarcimento dei danni, rilevo, sulla base di alcuni elementi emersi dalla c.t.u., l’incremento di valore prevedibile di un quadro autentico di J. dalle caratteristiche di quello venduto al P. rispetto al prezzo di acquisto versato dal P., utilizzando, per la valutazione equitativa, il parametro del valore di mercato e quello del prezzo di vendita del quadro in questione.

6. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il M. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1225 cod. civ. anche in relazione all’art. 2697 cod. civ., nonchè la insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Avrebbe errato la Corte ambrosiana nel fondare la ritenuta prevedibilità del danno sulla c.t.u., la quale si era basata su elementi che non ne fornivano la prova, non essendo sufficienti al riguardo le indicazioni di alcune mostre, di modesta rilevanza, tenutesi, peraltro, in luoghi sconosciuti e in epoca lontana, o la circostanza del decesso del Maestro J.. Del resto, i consulenti avevano dichiarato di non essere in grado di fornire una risposta alla seconda parte del quesito, relativa all’ammontare del prevedibile incremento di valore del quadro nel tempo. In mancanza della prova della prevedibilità di tale elemento, verrebbe meno altresì la stessa prevedibilità del danno.

2.1. – La censura non coglie nel segno.

2.2. – La Corte ambrosiana ha anzitutto fatto corretta applicazione dei principi in materia di risarcimento del danno da inadempimento ex art. 1225 cod. civ.. Una volta accertato che sulla circostanza della mancanza di ciclo da parte del M. al momento della assunzione della obbligazione di consegnare al P. il quadro garantito come autentico si era formato un giudicato interno, essa ha correttamente limitato la risarcibilità ai danni prevedibili a quel momento.

Al riguardo va avvertito che l’imprevedibilità alla quale la citata norma codicistica fa riferimento non costituisce un limite all’esistenza del danno, ma alla misura del suo ammontare, determinando, infatti, la limitazione del danno risarcibile a quello prevedibile non da parte dello specifico debitore, bensì avendo riguardo alla prevedibilità astratta inerente ad una determinata categoria di rapporti, sulla scorta delle regole ordinarie di comportamento dei soggetti economici e, cioè, secondo un criterio di normalità in presenza delle circostanze di fatto conosciute (v., sul punto, Cass., sent. n. 11189 del 2007).

2.3. – Nella specie, il giudice di secondo grado ha fornito una analitica e puntigliosa ricostruzione della vicenda de qua, giungendo alla conclusione della prevedibilità del danno cagionato al P., consistente nel lucro cessante per perdita dell’incremento di valore ai mercato, rispetto al prezzo di acquisto versato dall’acquirente, di un quadro autentico del pittore J. avente le medesime caratteristiche di quello risultato falso.

Delle ragioni di tale convincimento la Corte di merito ha adeguatamente ed esaustivamente dato conto, spiegando di aver aderito alle risultanze dell’ultima delle c.t.u. disposte nei due gradi del giudizio, la quale aveva concluso che, al momento del perfezionamento della compravendita M.- P., un mercante d’arte di media diligenza sarebbe stato in grado di prevedere un incremento di valore nel tempo, e fino al 19 ottobre 1984, data della notifica dell’atto introduttivo del giudizio, dr un quadro autentico di J. avente le caratteristiche di quello venduto al P.. A fondamento delle conclusioni raggiunte era stato posto il rilievo della notorietà del Maestro J. in Italia, ove si erano svolte numerose mostre di sue opere prima ancora del decesso, avvenuto due anni prima della compravendita che ha dato luogo alla controversia in esame, e del conseguente ipotizzabile incremento di valore delle stesse opere dopo la sua morte.

A fronte di siffatta dettagliata e plausibile motivazione, non residua alcuno spazio, nella presente sede di legittimità, per il richiesto intervento in funzione censoria rispetto all’apprezzamento del giudice di merito.

3. – Con la seconda censura, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 cod. civ. anche in relazione all’art. 432 cod. civ. nonchè la insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punte decisivo della controversia. La liquidazione in via equitativa del danno – operata dalla sentenza impugnata in assenza della prova dell’ammontare del prevedibile incremento di valore del quadro di cui si fratta – è legittima a condizione che vengano torniti, con l’eventuale ausilio di un consulente tecnico, gli elementi necessari per la determinazione dello stesso: ciò che nella specie sarebbe del tutto mancato, con conseguente valutazione del tutto discrezionale da parte della Corte di merito.

4.1. – La doglianza è destituita di fondamento.

4.2. – Posto che l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante esige la prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile, nella specie il giudice di seconde grado ha fatto buon governo dei suoi poteri in materia di valutazione equitativa dei danno.

La sentenza impugnata si è fatta carico della circostanza che i vari consulenti tecnici d’ufficio non siano stati in grado di precisare ‘ammontare del danno prevedibile di cui si tratta, e tuttavìa ha rinvenuto nelle risultanze peritali alcuni elementi obiettivi idonei a consentirne a determinazione, utilizzando come base per il calcolo il parametro dei valore di mercato nel 198 4 di un quadro autentico del Maestro J. avente caratteristiche simili a quello in questione (quale risultante dai prezzi di aggiudicazione in alcune aste di opere dell’Autore), pur temperato per effetto della considerazione della impossibilità di prevedere tutti gli elementi di valutazione del mercato d’arte sopravvenuti nel tempo. La Corte di merito ha quindi effettuato il calcolo sulla base altresì dell’altro parametro, rappresentato dall’incremento di valore, pari a quasi il doppio, del quadro nell’arco del semestre tra il momento dell’acquisto di esso da parte del M. e quello della vendita al P..

In definitiva, la liquidazione equitativa del danno operata dal giudice di secondo grado non risulta arbitraria, avendo questi indicato con precisione i criteri seguiti per determinare l’entità del danno.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In ossequio al principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositive.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2200,00, di cui Euro 2000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2011

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