Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16761 del 06/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 06/08/2020), n.16761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sui ricorsi riuniti iscritti ai nn. 26362/2012 e 11688/2013 R.G.

proposti da:

I.N.A.S. Italia s.r.l., in liquidazione (C.F. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avv. Claudio Lucisano, elettivamente domiciliata nello studio

di quest’ultimo, in Roma via Crescenzio 91.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, in Roma via

dei Portoghesi 12.

– controricorrente –

e da:

I.N.A.S. Italia s.r.l., in liquidazione (C.F. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli

avv.ti Maria Sonia Vulcano e Claudio Lucisano, elettivamente

domiciliata nello studio di quest’ultimo, in Roma via Crescenzio 91.

– ricorrente –

contro

Equitalia Nord s.p.a. (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Cimetti e

Sante Ricci, elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo,

in Roma via delle Quattro Fontane 161.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 70/31/2011 della Commissione Tributaria

Regionale del Piemonte, depositata il giorno 30 settembre 2011 e la

sentenza n. 24/01/2012 della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte, depositata il giorno 5 marzo 2012.

Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale

Dott.ssa Sanlorenzo Rita, che ha chiesto il rigetto del ricorso

iscritto al n. 26362/2012 R.G.

Sentite le relazione svolte nella camera di consiglio del giorno 29

gennaio 2020 dal Consigliere Dott. Fichera Giuseppe.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I.N.A.S. Italia s.r.l., in liquidazione, (di seguito breviter INAS) impugnò separatamente il ruolo formato dall’Agenzia delle Entrate e la successiva cartella di pagamento notificata da Equitalia Nomos s.p.a., concernenti la maggiore IVA dovuta per l’anno d’imposta 2004.

Le due impugnazioni vennero integralmente respinte in primo grado, con condanna alla rifusione delle spese sostenute dai resistenti; proposti separati appelli dall’INAS, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenze rese l’una il giorno 30 settembre 2011 e l’altra il 5 marzo 2012 li respinse entrambi, con condanna dell’appellante alle spese del grado.

Avverso le dette sentenze, INAS ha proposto due ricorsi per cassazione, affidati l’uno a undici mezzi e l’altro a sei, cui resistono con controricorso la sola Agenzia delle Entrate nel primo giudizio e Equitalia Nord s.p.a., già Equitalia Nomos s.p.a., nel secondo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi iscritti ai nn. 26362/2012 e 11688/2013 R.G., siccome proposti avverso il ruolo e la conseguente cartella di pagamento riferita al medesimo tributo.

2. Con il primo motivo del ricorso iscritto al n. 26362/2012 deduce l’INAS la violazione dello statuto dell’Agenzia delle Entrate, art. 13, del regolamento dell’Agenzia delle Entrate, art. 5, comma 3, e art. 7, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 1, nonchè vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), osservando che il giudice di merito ha omesso di pronunciare sul motivo di gravame concernente il difetto di legittimazione passiva degli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate.

2.1. Il motivo non può essere accolto, per le ragioni di cui si dirà.

2.2. Va premesso che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la S.C. può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello, determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito, sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. 19/04/2018, n. 9693; Cass. 28/06/2017, n. 16171; Cass. 27/12/2013 n. 28663; Cass. 01/02/2010, n. 2313).

Orbene, questa Corte ha già affermato che gli uffici locali dell’agenzia delle entrate corrispondono ai preesistenti uffici periferici dell’amministrazione finanziaria, con la conseguenza che, a seguito della menzionata successione in favore dell’Agenzia, restano applicabili, nei limiti della compatibilità, al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10 ed 11, che attribuiscono ai titolari dei singoli uffici la (eccezionale) legitimatio ad causam e ad processum per i giudizi di merito (Cass. 6/10/2004, n. 19970).

3. Con il secondo motivo lamenta la violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 7, comma 1, e art. 16, comma 2, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12, comma 3, nonchè del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 17, comma 3, poichè la commissione tributaria regionale ha erroneamente escluso che occorresse motivare in ordine alle ragioni delle sanzioni applicate.

4. Con il terzo motivo si duole della violazione del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 3, e art. 60, comma 5-bis, terzo periodo, perchè – a differenza di quanto affermato dal giudice di merito – non vi era prova della comunicazione preventiva alla contribuente prima dell’iscrizione a ruolo.

4.1. I due motivi, connessi per l’oggetto, possono essere esaminati congiuntamente e sono manifestamente infondati.

Va premesso che il “ruolo” ha una sua precisa definizione legislativa, posto che, per il vigente testo del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 10, lett. b), esso è “l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario” e che, per il medesimo D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11 nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi. A norma del successivo art. 12, l’ufficio competente “forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si riferisce”; nel ruolo “devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all’iscrizione”.

Dunque, per il ruolo, a differenza della cartella di pagamento, da un lato, deve ritenersi sufficiente una motivazione sintetica della pretesa – che nel caso all’esame sussiste chiaramente – e, dall’altro, la sua validità prescinde evidentemente dalla comunicazione dell’esito dei controlli automatici al contribuente, dalla quale più dipendere eventualmente solo quella della successiva cartella di pagamento (da ultimo, Cass. 24/01/2018, n. 1711).

5. Con il quarto motivo eccepisce la violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 5, comma 1, primo periodo, art. 6, comma 5, art. 7, art. 12, comma 1, art. 13, comma 1, nonchè vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), osservando che il giudice di merito ha omesso di pronunciare su un motivo di gravame, concernente l’eccezione di nullità del ruolo, per omessa motivazione sulla mancata applicazioni delle attenuanti e delle esimenti.

6. Con il quinto mezzo deduce la violazione del D.P.R. 29 settembre 1972, n. 602, art. 12, commi 1 e 4, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 19, comma 3, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 129, nonchè vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), osservando che il giudice di merito ha omesso di pronunciare sul motivo di gravame concernente la carenza di prova dell’avvenuta sottoscrizione del ruolo.

7. Con il sesto motivo deduce ancora la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12, comma 4, del D.M. 3 settembre 1999, n. 321, art. 2, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 4, comma 2, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, artt. 19 e 53, dell’art. 2797 c.c., nonchè vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), osservando che il giudice di merito ha omesso di pronunciare su un motivo di gravame, concernente la carenza di prova dell’avvenuta sottoscrizione del ruolo da parte di un soggetto munito di qualifica dirigenziale.

8. Con il settimo mezzo lamenta la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12, comma 4, del D.M. 3 settembre 1999, n. 321, art. 2, comma 1, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 66, art. 67, comma 1, lett. a), art. 68, art. 71, comma 3, del R.D. 16 marzo 1942, n. 262, art. 1, lett. b), art. 4, comma 1, nonchè vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), osservando che il giudice di merito ha omesso di pronunciare su un motivo di gravame, concernente l’eccezione che la rappresentanza dell’Agenzia delle Entrate spetta al direttore centrale e non a quello provinciale.

9. Con l’ottavo motivo denuncia la violazione della L. 29 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 3, art. 7, comma 2, lett. a), della L. 28 febbraio 2008, n. 31, art. 36, comma 4-ter, della L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 21 septies e 21-octies, nonchè vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), osservando che il giudice di merito ha omesso di pronunciare su un motivo di gravame, concernente l’eccezione del difetto di indicazione nel ruolo del responsabile del procedimento.

9.1. I detti motivi, avvinti dalla comune sorte, sotto tutti inammissibili.

Invero, l’omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell’art. 112 c.p.c. e non già l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello, sicchè, ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il motivo deve essere dichiarato inammissibile (Cass. 12/10/2017, n. 23930; Cass. 16/03/2017, n. 6835).

9.2. Va soggiunto che è comunque inammissibile il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano nuove e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. 20/08/2015, n. 17049; Cass. 17/08/2012, n. 14561).

E nella vicenda a mano, l’odierna ricorrente si è limitata a riportare integralmente il motivo formulati, in primo grado, senza specificare esattamente il contenuto dei motivi di appello portati alla cognizione dei giudice di secondo grado.

10. Con il nono motivo lamenta la violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 12, comma 2 e 3, poichè la commissione tributaria regionale ha errato nel ritenere che nell’applicazione delle sanzioni non dovesse trovare applicazione l’istituto della continuazione.

10. Il motivo è manifestamente inammissibile, in quanto la commissione tributaria regionale ha ritenuto – con apprezzamento in fatto qui non sindacabile – che le violazioni tributarie in concreto contestate alla contribuente, non giustificassero l’applicazione dell’istituto della continuazione previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12.

11. Con il decimo mezzo assume la violazione dell’art. 92 c.p.c., commi 1 e 2, rilevando che il giudice di appello non si è pronunciato sulla richiesta di compensazione delle spese del primo grado.

12. Con l’undicesimo mezzo deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, osservando che il giudice di appello non si è pronunciato su un motivo di gravame, concernente la necessità di distinguere tra diritti ed onorari in sede di liquidazione delle spese processuali.

12.1. Entrambi i motivi non possono essere accolti, dovendosi richiamare, in proposito, l’orientamento di questa Corte, già in precedenza applicato, in tema di omessa pronuncia sui motivi di gravame (per tutte, Cass. n. 9693 del 2018).

12.2. Per un verso, invero, il giudice di primo grado ha correttamente applicato il principio della soccombenza nel respingere integralmente il ricorso introduttivo della contribuente, mentre, per altro verso, è inammissibile la doglianza in tema di spese processuali che si limiti alla generica denuncia dell’avvenuta violazione del principio di inderogabilità della tariffa professionale, senza specificare gli errori commessi dal giudice e, in particolare, omettendo di precisare le voci della tabella degli onorari e dei diritti che si ritengono essere state violate (Cass. 16/09/2015, n. 18190; Cass. 21/10/2009, n. 22287).

13. Con il primo mezzo del ricorso iscritto al n. 11688/2013 R.G., INAS eccepisce la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12, comma 4, nonchè dell’art. 480 c.p.c., poichè la commissione tributaria regionale ha ritenuto che la cartella di pagamento non dovesse essere sottoscritta.

13.1. Il motivo è manifestamente infondato, atteso che in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione (Cass. 29/08/2018, n. 21290).

14. Con il secondo mezzo denuncia la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, poichè il giudice di merito ha erroneamente ritenuto valida la notificazione della cartella impugnata.

15. Con il terzo mezzo lamenta ancora la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, secondo periodo, della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 3, comma 2, poichè il giudice d’appello ha erroneamente ritenuto valida la notificazione della cartella impugnata, applicando il principio della sanatoria dei vizi per raggiungimento dello scopo.

15.1. I due motivi, connessi per l’identità delle censure, sono manifestamente infondati, avendo la commissione tributaria regionale fatto esatta applicazione del principio, a tenore del quale la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di

pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, di cui all’art. 156 c.p.c. (Cass. 05/03/2019, n. 6417; Cass. 30/10/2018, n. 27561).

16. Con il quarto mezzo eccepisce la violazione del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 17, comma 1, atteso che la commissione tributaria ha erroneamente ritenuto dovuti gli aggi al concessionario della riscossione, ancora prima che le somme dovute fossero incassate.

16.1. Il motivo è privo di fondamento, considerato che gli aggi indicati nella cartella risultano conformi alle previsioni di legge; e sul punto nessuna specifica censura risulta formulata dal ricorrente.

17. Con il quinto mezzo assume la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 68, comma 2, atteso che il giudice di merito ha ritenuto inammissibile “per non comprensibilità” il motivo di gravame, con il quale si chiedeva l’annullamento della cartella di pagamento in caso di intervenuto annullamento del ruolo, in precedenza impugnato.

17.1. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse al suo accoglimento, considerato che – per come emerge all’esito dei due giudizi qui riuniti – l’impugnazione da parte della contribuente del ruolo, atto presupposto rispetto alla cartella successivamente impugnata, risulta integralmente respinta.

18. Con il sesto mezzo deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1 poichè il giudice di appello ha ritenuto che non fosse necessario distinguere tra diritti ed onorari, in sede di liquidazione delle spese processuali in primo grado.

18.1. Il motivo è infondato; anche se la motivazione del giudice di appello merita di essere corretta.

Come già ricordato sopra, invero, è inammissibile la doglianza in tema di spese processuali che si limiti alla generica denuncia dell’avvenuta violazione del principio di inderogabilità della tariffa professionale, senza specificare gli errori commessi dal giudice e, in particolare, omettendo di precisare le voci della tabella degli onorari e dei diritti che si ritengono essere state violate (Cass. n. 18190 del 2015).

19. Le spese dei giudizi riuniti seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti, soltanto in relazione al giudizio riunito iscritto al n. 11688/2013, per l’applicazione nei confronti della ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

Riuniti i ricorsi li respinge. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenute dalle controricorrenti nei giudizi riuniti, liquidate per ciascuna in complessivi Euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito e a quelle generali al 15%, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente nel solo giudizio iscritto al n. 11688/2013 R.G., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 6 agosto 2020

 

 

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