Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16760 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/07/2017, (ud. 11/04/2017, dep.07/07/2017),  n. 16760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13889/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SIAP S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Pinelli, con

domicilio eletto in Roma, via Ruggero Fauro 62, presso lo studio

dell’avv. Massimo Ciardullo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli

Venezia Giulia n. 77/07/11, depositata il 6 giugno 2011.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio dell’11 aprile

2017 dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la società DPF S.p.A., poi incorporata nella SIAP S.p.A., ha maturato un credito Iva per l’anno 1999; ha indicato nella dichiarazione annuale che intendeva chiederne il rimborso, ma ha poi omesso di presentare il modello “VR”, richiesto dall’Amministrazione finanziaria in base alle disposizioni all’epoca vigenti, per cui il rimborso non è stato eseguito;

che la società incorporante, avvedutasi del fatto, ha riportato il credito della incorporata nella dichiarazione dell’anno 2004 (modello Unico 2005);

che a ciò ha fatto seguito emissione di cartella di pagamento, ch’è stata impugnato, dalla contribuente la quale ha avuto ragione sia in primo grado e sia in secondo grado;

che, in particolare, la Commissione tributaria regionale del Friuli (Ctr), in replica all’eccezione di decadenza dell’Amministrazione finanziaria, ha motivato sulla base del rilievo che, nel caso di specie, la eccepita decadenza era “stata evitata mediante l’esposizione del credito nella prima dichiarazione utile e la prescrizione era stata interrotta dalla evidenziazione del credito dimenticato”;

che in primo luogo si ritiene di precisare che, per quanto riguarda l’essenzialità della presentazione del modello “VR” al fine di sottrare il diritto al rimborso della decadenza biennale del cit. D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, si è consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema corte l’orientamento secondo cui, una volta che la domanda di rimborso dell’eccedenza detraibile, sia stata proposta nella dichiarazione annuale o nel modello Unico, la norma non è più applicabile, riguardando della norma la fattispecie di rimborso di credito Iva non chiesto con la dichiarazione, ma tuttavia rimborsabile;

che la mancata presentazione del modello “VR”, secondo questo orientamento, non basta a caratterizzare la fattispecie quale domanda proposta fuori dallo schema legale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30: il che comporta che il diritto rimane soggetto all’ordinaria prescrizione decennale (Cass. 20039 del 2011; Cass. 6986 del 2014; Cass. 4145 del 2016);

che tale considerazione, però, non sottrae la sentenza impugnata dalla censura mossa dall’Agenzia delle Entrate;

che, infatti, i principi che precedono sono affermati in relazione a fattispecie in cui, dopo avere esposto il credito nella dichiarazione relativa all’annualità in cui è sorto, il contribuente ne avesse poi richiesto il rimborso con istanza depositata oltre il termine previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, ma comunque nel decennio;

che diversamente nel caso di specie la contribuente non ha sollecitato il rimborso, ma ha riportato il credito, a suo tempo indicato dalla incorporata nella dichiarazione dell’anno 2000, nella dichiarazione relativa all’anno 2004;

che nondimeno la Ctr ha ritenuto che l’originaria esposizione del credito nella dichiarazione dell’incorporata fosse sufficiente a portare il diritto nell’alveo della prescrizione decennale non solo per il rimborso, ma anche per il diritto di detrazione;

che, in particolare, secondo la sentenza impugnata, non sarebbe “possibile negare a un contribuente il diritto al rimborso o alla detrazione del credito, assoggettandolo a una causa di decadenza”, nè ciò significherebbe, sempre secondo la Ctr, “permettere ad un contribuente di protrarre all’infinito il suo diritto di detrazione di un credito (…), in quanto in questo caso opera la prescrizione del diritto”;

che tale ricostruzione trascura che il diritto a detrazione è soggetto per legge a un’autonoma causa di decadenza; esso può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quelli in cui il diritto è sorto (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1);

che nel controricorso è menzionata la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, qualora il contribuente fruisca di un credito di imposta per un determinato anno e lo esponga nella dichiarazione annuale, non perde il diritto alla detrazione se omette di riportarlo nella dichiarazione relativa all’anno successivo, atteso che la decadenza dal diritto è comminata, dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, comma 4, soltanto per il caso in cui il credito (o l’eccedenza di imposta versata) non venga indicato nella prima dichiarazione utile (Cass. n. 13056 del 14/07/2004); il che è vero, ma non è men vero che “(…) il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, che disciplina termini e modi per la presentazione (comma 1) e per la rettifica (comma 6 in rel. art. 2, commi 8 e 8-bis) della dichiarazione annuale in materia di IVA, al comma 3 prescrive, inoltre, che le detrazioni sono esercitate entro il termine stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, secondo periodo, cioè entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto” (Cass.S.U. n. 17757/2016);

che, pertanto, alla luce considerazioni che precedono, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso della contribuente e compensazione delle spese del giudizio di merito.

PQM

accoglie il ricorso; cassa la sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso proposto dalla contribuente contro la cartella di pagamento n. (OMISSIS) per l’Iva 2004; compensa le spese del giudizio di merito; condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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