Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1676 del 29/01/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1676 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 27392-2009 proposto da:
D’ASCANIO FRANCESCO DSCFNC43S16A120W nella qualità di
erede di D’Ascanio Giuseppe, D’ASCANIO ANDREA
DSCNDR72B17H501V nella sua qualità di avente causa
degli altri coeredi AAscanio Walter, D’Ascanio
Osvaldo e Iulianetti Elena, nonché RICCARDI IVANA
2014
2198

RCCVNI43S65F310R, RICCARDI PAOLA RCCPLA41B52H501W,
RICCARDI CLAUDIA RCCCLD52A60H501P, RICCARDI STEFANIA
RCCSFN63R71H501I, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO CANESTRELLI, che li rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 29/01/2015

- ricorrenti contro

TUCCI

ROCCO

TCCRCC44A01H501B,

TUCCI

GIUSEPPINA

TCCGPP48E47H5011, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA PAOLO EMILIO 57, presso lo studio dell’avvocato

– controricorrentí nonchè contro

TUCCI ANTONINO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 4240/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 22/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2014 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;

/( ‘”9.

“(1(

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per il rigetto del ricorso e per la condanna alle
spese.

MARCELLO GRECO, che li rappresenta e difende;

Svolgimento del processo
Tucci Rocco, Antonia e Giuseppina, quali nudi proprietari e Tucci Domenico
e Faraone Caterina, quali usufruttuari di un terreno in Roma località Roma
vecchia, a confine con via delle Caparmelle e via Lucrezia Romana, con atto

di Roma, D’Ascanio Giuseppe e Riccardi Ivo, e esponendo: che sul terreno
suddetto, contestualmente alla stipula

del loro atto di acquisto, era stata

costruita una servitù di transito limitatamente ad una striscia larga tre metri a
partire dalla strada di via Capannelle
retrostanti.

per dare accesso agli appezzamenti

I detti appezzamenti di proprietà D’Ascanio e Riccardi

confinavano con la proprietà Tucci e con la via Lucrezia Romana. Ora, al
,

tempo in cui era stata costituita la servitù, gli appezzamenti di D’Ascanio e di
Riccardi erano interclusi perché la strada Lucrezia Romana era sopraelevata
rispetto ai terreni adiacenti. Sennonché, in epoca più recente,

la strada

Lucrezia Romana era stata portata a livelli degli appezzamenti di terreno di
cui si dice e allo stesso livello della via delle Capannelle. I convenuti avevano
installato sulla via Lucrezia Romana un cancello perfettamente funzionante.
Pertanto, la servitù di cui si dice non era più necessaria ai sensi dell’art. 1056
cc., chiedevano che fosse soppressa la servitù sopraindicata.
Si costituivano i convenuti eccependo che non sussistevano i presupposti del
passaggio coattivo di cui all’art. 1051 cc., che, comunque,

le caratteristiche

logistiche ed ambientali non erano mutate rispetto al momento in cui era stata
costituita la servitù di cui si dice, e che la strada su via Lucrezia Romana non
era idonea a supplire alle esigenze soddisfatte dalla servitù in atto.
_

Chiedevano, pertanto, il rigetto della domanda attorea.
1

di citazione del 7 dicembre 1992, convenivano in giudizio davanti al Pretore

Il processo si interrompeva per la morte di Riccardi e veniva riassunto dagli
attori nei confronti degli eredi di Riccardi , si costituiva nel giudizio la sola
Riccardi Stefania insistendo sul rigetto della domanda attorea.
Il Tribunale di Roma con sentenza n. 41000 del 2002, ritenuta la mancanza
delle prove in ordine al requisito dell’interclusione richiesta dall’art. 1051 cc.,

rigettava la domanda attorea e compensava le spese del giudizio.
Avverso questa sentenza interponeva appello Tucci Rocco e Tucci
Giuseppina, chiedendo la riforma totale della sentenza e la soppressione della
servitù di passaggio a favore dei convenuti.
Si costituiva in giudizio la sola Stefania Riccardi, chiedendo il rigetto del
gravame.

La Corte di appello di Roma con sentenza n. 4240 del 2008 accoglieva
l’appello e in riforma della sentenza di primo grado dichiarava cessata
l’interclusione dei fondi di proprietà D’Ascanio e Riccardi

Stefania, Ivana,

Paola e Claudia, eredi di Riccardi Ivo e per l’effetto dichiarava estinta la
servitù di passaggio costituita con atto del 1952. Secondo la Corte romana la
clausola del contratto di compravendita
veniva costituta

del 26 maggio 1952 con il quale

la servitù di transito oggetto del giudizio, fu prevista

esclusivamente in ragione dell’allora esistente interclusione che avrebbe
legittimato il D’Ascanio e il Riccardi a richiedere ed ottenere la costituzione
41(
della servitù coattiva

ai sensi dell’art. 1051 cc., Epperò, il venir meno

dell’interclusione dei fondi di d’Ascanio e di Riccardi, così come risultava
dagli atti, comportava l’estinzione della servitù di passaggio.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da D’Ascanio

Francesco,

erede di D’Ascanio Giuseppe, da D’Ascanio Andrea, da Riccardi Ivana,
2

Paola, Claudia, e Stefania, con ricorso affidato a tre motivi, illustrati con
memoria. Tucci Rocca e Tucci Giuseppina hanno resistito con controricorso.
Tucci Antonino, intimato in questa sede non ha svolto attività giudiziale.
Motivi della decisione
In via preliminare, il Collegio ritiene infondata l’eccezione di inammissibilità

del ricorso in esame, avanzata dal controricorrente per mancata esposizione
formale dei fatti, posto che l’ esposizione di cui si dice risulta adeguata e
chiara dal contesto dell’atto e dallo stesso svolgimento dei motivi. Va, qui,
ribadito quanto è già stato detto da questa Corte (con la sent. n. 2602 del
20/02/2003) e, cioè, che il disposto dell’art. 366, primo comma, numero 3,
cod. proc. civ., secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di
inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, risponde, non ad
_

un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza
chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di
bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento
impugnato;
1.= D’Ascanio Francesco e D’Ascanio Andrea eredi di D’Ascanio Giuseppe
nonché Riccardi Ivana, Paola, Claudia, e Stefania lamentano:
a) con il primo motivo la violazione dell’art. 360 n.4 cpc. in relazione all’art.
302 cpc. ed al combinato disposto dell’art. 170, primo e secondo comma, cpc.
e dell’art. 125 ultimo comma disp. att. cpc., Nullità della riassunzione per
notifica del relativo atto alla parte personalmente e non al difensore costituito.
Eccepiscono i ricorrenti che, nel corso del giudizio di primo grado, la causa
veniva dichiarata interrotta per morte di Ivo Riccardi e che l’istanza per la

prosecuzione e del pedissequo provvedimento di fissazione di nuova udienza
3

14/(

veniva notificato al convenuto D’Ascanio Giuseppe, nella sua residenza
personale, e non, invece —come avrebbe dovuto essere- presso il difensore nel
cui studio egli aveva eletto domicilio.

Sennonché, la notificazione della

comparsa di riassunzione alla parte personalmente e non, invece, al difensore
della stessa, comporta

l’irregolarità del contraddittorio e determina

conseguentemente la nullità di tutto il giudizio ivi svoltosi e della sentenza
che lo definisce.
Pertanto, concludono i ricorrenti, dica la Suprema Corte se la riassunzione
della causa alla parte personalmente e, non al procuratore costituito, determini
la nullità di tutto il giudizio, compresa la sentenza, con conseguente necessità
di rimessione della causa al Giudice di primo grado affinché disponga la
rinnovazione della notifica dell’atto di riassunzione.
b) Con il secondo motivo, la violazione dell’art. 360 n. 5cpc. in relazione agli
artt. 1032 e 1052 cc. Omessa motivazione su un punto decisivo della
controversia: insufficiente e contraddittoria motivazione. Secondo i ricorrenti,
la Corte distrettuale, nell’aver ritenuto estinto il diritto di servitù oggetto del
presente giudizio non avrebbe tenuto conto che un atto di natura negoziale
può dirsi costitutivo di una servitù coattiva quando, nella concreta fattispecie,
sia ravvisabile il ‘diritto’ del proprietario di un fondo di ottenere, da parte del
proprietario di altro fondo, la costituzione di una specifica servitù coattiva
prevista dalla legge. Codesto ‘diritto’ è dato dalla ricorrenza, non di un
generico interesse, pur socialmente apprezzabile, all’imposizione della servitù,
bensì di quelle esigenze che l’ordinamento tutela concedendo la possibilità
dell’asservimento coattivo del fondo altrui, e ha come oggetto, non qualsiasi

tipo di soggezione di detto immobile, ma soltanto alcuno di quelli tipicamente
4

P

previsti

dallo

completamente
preliminare

ordinamento
omesso

medesimo.

la verifica

del

Piuttosto,
carattere

la

Corte

avrebbe

imprescindibilmente

il cui eventuale esito negativo avrebbe dovuto sancire

l’automatica esclusione della natura coattiva della servitù negoziale.
Pertanto, concludono i ricorrenti:

1) dica la Corte Suprema se ai fini della costituzione negoziale di una servitù
coattiva debba risultare dal titolo l’intenzione delle parti di sopperire
volontariamente all’esigenza tutelata dalla legge e se, pertanto, l’omissione
della relativa indagine integri vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 cpc., della
sentenza impugnata;
2) Dica la Corte se la mancata esplicitazione delle ragioni di dissenso sulle

risultanze della CTU integri difetto di omessa o insufficiente motivazione.

_

c) Con il terzo motivo, la violazione dell’art. 360 n. 5cpc. in relazione all’art.
1055 cc., inapplicabilità alle servitù costituite per contratto delle regole che
prevedono quale causa estintiva della servitù di passaggio la cessazione
dell’interclusione. Secondo i ricorrenti la Corte di merito, nel ritenere estinta
la servitù di passaggio oggetto della controversia non avrebbe considerato che
una servitù che sia stata costituita contrattualmente tra i proprietari dei fondi,
non assume il carattere della coattività e, pertanto, allorquando abbia ad
oggetto il passaggio a favore di fondo intercluso, ad essa non si applica la
regola per cui, alla cessazione dell’interclusione, segue la soppressione del
passaggio (Cass. 10371 del 2005) Piuttosto, dagli orientamenti espressi dalla
Cassazione (cfr. sent. 10479/2001) sembrerebbe, sempre secondo i ricorrenti,
dedurre con ragionevole certezza che la regola della cessazione della servitù

alla cessazione dell’interclusione, sia applicabile ai soli casi delle servitù
5

f

coattive, costituite con sentenza o con atto amministrativo.
Pertanto, concludono i ricorrenti, dica la Corte se alla servitù costituita per
contratto e che abbia ad oggetto il passaggio a favore di fondo intercluso, si
applichi, o meno, la regola per cui alla cessazione dell’interclusione segua la

1.1.= Il primo motivo è fondato.
E’ affermazione costante di questa Corte che la notifica dell’atto riassuntivo
alla parte personalmente anziché, come prescritto dagli arti. 170, primo
comma, codice procedura civile e 125 disp. Att. stesso codice, al procuratore
costituito, impedisce la valida instaurazione del rapporto processuale in fase
di riassunzione, salvo che il destinatario della medesima si costituisca,
..

verificandosi, in tale ultima ipotesi, la sanatoria della nullità, per
raggiungimento dello scopo cui l’atto era diretto (art. 156, terzo comma,
codice procedura civile), anche quando la costituzione avvenga allo scopo di
far valere il vizio.

.

Ora, nell’ipotesi in esame, l’atto di riassunzione veniva notificato a D’Ascanio
Giuseppe nella sua residenza personale e non, invece, presso il difensore nel
cui studio egli aveva eletto domicilio. Lo stesso D’Ascanio Giuseppe è
rimasto contumace: Pertanto, l’irregolare notifica e la mancata costituzione di
D’Ascanio hanno impedito la valida instaurazione del rapporto processuale in
fase di riassunzione e determinato la nullità del giudizio di primo grado.
La nullità del giudizio di primo grado rende superfluo l’esame degli altri due
motivi, i quali restano assorbiti dall’accoglimento di questo primo motivo..
In definitiva, va accolto il primo motivo e dichiarati assorbiti gli altri, la
sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al Tribunale di Roma perché
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soppressione del passaggio.

provveda alla rinnovazione della notifica dell’atto di riassunzione.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo

e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la

sentenza impugnata, dichiara la nullità del giudizio di primo grado e rinvia la

giudizio di cassazione
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione civile della
Corte di cassazione il 29 ottobre 2014.

causa ad altra sezione del Tribunale di Roma, anche per le spese del presente

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