Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1676 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. lav., 26/01/2021, (ud. 23/07/2020, dep. 26/01/2021), n.1676

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17526/2017 proposto da:

A.F., AR.RE.AN., B.G., B.G.,

M.V.C.M., MI.AN., R.E., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA ADRIANA n. 5, presso lo

studio dell’avvocato DEBORA ZAGAMI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE IANNELLO;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ope legis in

ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 561/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/01/2017 R.G.N. 1652/2016.

 

Fatto

CONSIDERATO

Che:

La Corte d’Appello di Roma con sentenza resa pubblica il 27/1/2017 confermava la pronuncia del giudice di prima istanza che aveva respinto le domande proposte da A.F., Ar.Re.An., B.G., B.G., M.V.C.M., Mi.An. ed R.E. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri volte a conseguirne la condanna al risarcimento del danno derivante dalla mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362 ed 82/76 da parte dello Stato Italiano in materia di organizzazione dei corsi di specializzazione medica frequentati dai ricorrenti negli anni 1986-1991.

La Corte distrettuale perveniva a tali conclusioni sul rilievo della intervenuta prescrizione dei crediti azionati. Sul presupposto che si vertesse in tema di violazione di un’obbligazione ex lege gravante sullo Stato riconducibile all’area della responsabilità contrattuale, applicava il termine di prescrizione decennale, con decorrenza 27/10/1999, data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, che all’art. 11, riconosceva il diritto ad una borsa di studio in favore dei medici beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo.

Argomentava che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, avevano avuto “da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea”. Dava atto che nello specifico, gli atti di citazione stilati nei confronti della Presidenza del Consiglio erano stati notificati dai ricorrenti in data 18/12/2013 e 27/6/2014, sicchè i diritti in tal sede azionati dovevano ritenersi estinti per prescrizione.

Avverso tale decisione le parti soccombenti interpongono ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, successivamente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con unico motivo si deduce violazione degli artt. 2935 e 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si criticano gli approdi ai quali sono pervenuti i giudici del gravame in tema di decorrenza dei termini prescrizionali.

Si osserva che, ai sensi dell’art. 2935 c.c., il relativo dies a quo doveva individuarsi nella data del 20/10/2007. L’art. 62 della direttiva 2005/36/Ce (recante agli artt. 25 e 26, una nuova disciplina dei diritti dei medici specializzandi) aveva infatti previsto l’abolizione dell’obbligo di adempimento alle direttive, solo a far tempo dal 20/10/2007, allorquando la situazione di definitivo inadempimento da parte dello Stato Italiano, si era inequivocabilmente stabilizzata.

2. Il motivo è infondato.

In via di premessa va rammentato che, secondo le consolidate acquisizioni della giurisprudenza di questa Corte, in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie, ed in particolare delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi, sorge il diritto degli interessati al risarcimento dei danni, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia;

tale diritto va ricondotto – anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria – allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazionè “ex lege” dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno.

Tale pretesa risarcitoria, in quanto diretta all’adempimento di una obbligazione riconducibile all’area della responsabilità contrattuale, è quindi, da ritenersi assoggettata all’ordinario termine decennale di prescrizione (vedi Cass. S.U. 17/4/2009 n. 9147).

3. Quanto alla problematica inerente alla decorrenza di tale termine, va rammentato che questa Corte, con le sentenze gemelle nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, dopo avere rilevato che là domanda risarcitoria degli specializzandi da inadempimento delle direttive dev’essere inquadrata nei termini di cui a Cass. sez. un. 9147 del 2009, cioè come inadempimento di un’obbligazione ex lege di natura contrattuale, ed avere ampiamente ribadito le ragioni a sostegno di detta qualificazione, ha statuito che la prescrizione de qua, di misura decennale, decorse soltanto dal 27 ottobre 1999.

La giurisprudenza di questa Corte si è poi andata ulteriormente consolidando, risultando confermata, in ordine all’entità decennale del termine prescrizionale e del suo exordium in data 27.10.99, da numerosissime pronunzie (ex plurimis vedi Cass. 26/6/2013 n. 16104, Cass. 20/3/2014 n. 6606, Cass. 19/6/2019 n. 16452, Cass. 24/1/2020 n. 1589).

Con esse si è adeguatamente posto in rilievo che a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991; la lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo.

Da ciò discende che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea: nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11.

Questa Corte intende dare continuità al summenzionato persuasivo orientamento, non essendo gli argomenti sviluppati dai ricorrenti a fondamento dei motivi di ricorso, in alcun modo idonei ad inficiarlo.

4. La pronuncia oggetto di critica, conforme ai principi enunciati, si sottrae, dunque, alle critiche formulate.

Alla reiezione del ricorso, consegue la condanna alla rifusione delle spese inerenti al presente giudizio di legittimità, nella misura in dispositivo liquidata con la precisazione che la condanna al pagamento delle spese del giudizio in favore di un’amministrazione dello Stato deve essere limitata, riguardo alle spese vive, al rimborso delle somme prenotate a debito (ex aliis, vedi Cass. 11/9/2018 n. 22014).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese. nella misura di Euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

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