Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16759 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/06/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 14/06/2021), n.16759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3487-2017 proposto da:

COMUNE VARALLO POMBIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO

ROMANELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MAURIZIO FOGAGNOLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA TERRITORIALE CASA DEL PIEMONTE NORD, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TACITO 10, presso lo studio dell’avvocato

ENRICO DANTE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

LORENZO BERTAGGIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1349/2016 della:

COMM. TRIB. REG. PIEMONTE, depositata il 09/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Nord ha impugnato il provvedimento con cui il Comune di Varallo Pombia aveva rigettato l’istanza di rimborso dell’IMU dalla stessa versata per gli immobili di sua proprietà e destinati ad edilizia sociale per l’anno 2012, ritenendo che non spettasse all’ente la pretesa esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i).

La Commissione tributaria provinciale di Novara rigettava il ricorso ritenendo non sussistenti i presupposti di detta esenzione.

Tale decisione veniva impugnata dall’Agenzia avanti alla Commissione tributaria regionale del Piemonte la quale accoglieva l’appello con sentenza avverso la quale il Comune di Varallo Pombia propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Nord ha resistito con controricorso illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. 201 del 2011, art. 13, comma 10, al D.L. n. 12 del 2013, art. 2, comma 2, lett. b, agli artt. 11 e 12 preleggi. Sostiene che la CTR ha erroneamente interpretato le norme di legge con riferimento all’imponibilità ai fini IMU degli immobili di edilizia residenziale pubblica nell’anno di imposta 2012.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento al D.L. n. 1 del 2012, art. 91 bis, ed al D.M. n. 200 del 2012. Sostiene che non è possibile riconoscere l’esenzione IMU agli immobili di edilizia residenziale pubblica, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) in quanto non utilizzati direttamente dall’Ente possessore.

3. Osserva la Corte che i motivi di ricorso necessitano di trattazione congiunta in quanto sono connessi.

Occorre premettere che il presupposto per l’applicazione dell’IMU è il medesimo di quello previsto dall’ICI. Il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, conv. in L. n. 214 del 2011, stabilisce, infatti, che l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, e pertanto di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa. Soggetti passivi sono “il proprietario di immobili, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie, sugli stessi, anche se non residenti nel territorio dello Stato o se non hanno ivi la sede legale o amministrativa o non vi esercitano l’attività”.

Tra le ipotesi di esenzione dall’imposta in esame vi è quella invocata dalla odierna ricorrente contenuta nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) (la quale, D.Lgs. n. 23 del 2011, ex art. 9, comma 8, si applica anche all’IMU), relativa agli immobili utilizzati da enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio nazionale, non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’esenzione in parola esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito.

Ha altresì ritenuto che tali condizioni non sussistano con riguardo agli immobili gestiti da IACP e cioè da azienda per l’edilizia residenziale pubblica, sicchè ad essi l’esenzione non spetta. Gli immobili medesimi possono, invece, beneficiare della riduzione di imposta, prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4 (Cass. Sez. un. 28160/2008; Cass., n. 13542/2016; Cass. n. 14226/2015; Cass. n. 3733/2010).

Ad analoga conclusione la giurisprudenza di legittimità è pervenuta quanto alle Agenzie territoriali per la casa (ATC), istituite con L.R. Piemonte n. 11 del 1993, le quali esercitano in ambito locale le funzioni già attribuite agli IACP e che sono qualificate come enti pubblici non economici, ausiliari della Regione. Questa Corte ha escluso che dette agenzie possano beneficiare dell’esenzione di cui al citato art. 7, comma 1, lett. i), mancando entrambi i requisiti previsti da tale disposizione. Da un lato, infatti, non è ravvisabile l’utilizzo diretto degli immobili da parte delle ATC, non potendosi esso rinvenire nella istituzionale destinazione alla locazione degli immobili di edilizia sovvenzionata, ed essendo a questo fine irrilevante la circostanza che tale attività sia assistita da finalità di pubblico interesse.

Dall’altro lato difetta il requisito della esclusiva destinazione degli immobili ad attività non produttive di reddito, dal momento che il godimento degli immobili da parte dei cittadini assegnatari è comunque assoggettato al pagamento di pigioni – sia pure inferiori a quelle di mercato – remunerative del capitale investito e che le finalità sociali svolte per legge da tali enti non escludono che la locazione delle unità abitative sia una attività di carattere economico (Cass. 34601/2019). In proposito si è altresì precisato (proprio in fattispecie relativa alle ATC istituite dalla Regione Piemonte) che la tenuità e modestia del canone corrisposto dal locatario non esclude il carattere economico dell’attività svolta dall’ente, “non essendovi equivalenza tra il concetto di corrispettivo tenue o modesto e quello di corrispettivo simbolico, il quale esclude completamente il rapporto sinallagmatico, sussistente invece nel primo caso” (Cass. n. 8964/2020).

Con riferimento all’Imu, il legislatore non ha inteso, con le modifiche apportate al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), e con l’emanazione del D.M. n. 200 del 2012, trasferire il trattamento fiscale degli alloggi regolarmente assegnati dall'(ex) IACP dal campo delle agevolazioni (riduzioni e detrazioni d’imposta) al campo delle esenzioni. La conferma di tale assunto si rinviene nella disposizione di cui al D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 2 lett. b) (convertito in L. n. 124 del 2013), con la quale il legislatore, modificando il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 10, sesto periodo, convertito in L. n. 214 del 2011, ha ribadito di fatto che la detrazione d’imposta si applica “agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 93” (Cass. 1202/21)).

4. Il ricorso va, perciò, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano in considerazione delle alterne vicende processuali e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali dei giudizi di merito e condanna la contribuente a rifondere al ricorrente le spese di questo giudizio che liquida in Euro 2.200,00, oltre ad Euro 200,00 per anticipazioni, al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale da remoto, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

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