Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16757 del 06/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 06/08/2020), n.16757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9907/12 R.G. proposto da:

G.C., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco

Caretta, giusta procura a margine del ricorso, con domicilio eletto

in Roma, Viale Parioli, n. 43, presso lo studio dell’avv. Francesco

d’Ayala Valva;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Lombardia n. 34/42/11 depositata in data 2 marzo 2011

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2020 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Commissione tributaria provinciale di Brescia respingeva, dopo averli riuniti, i ricorsi proposti da C.G. e da G.C. avverso gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate per l’anno d’imposta 2001, osservando che la società C. Sport di C.G. & C. s.n.c., soggetto passivo dell’accertamento – che aveva successivamente mutato denominazione in C. Sports di C.A. e S.S. – nell’anno 2000 aveva presentato dichiarazione dei redditi indicando immobilizzazioni materiali di importo pari a Lire 1.307.920.000, senza riportare detto valore nella successiva dichiarazione dei redditi in quanto omessa, per cui legittimamente l’Amministrazione finanziaria aveva ripreso a tassazione, quali ricavi omessi, il valore delle stesse immobilizzazioni.

G.C. e C.G. interponevano autonomi appelli, deducendo: a) difetto di motivazione della sentenza impugnata, avendo i giudici omesso di pronunziarsi sulla eccezione di infondatezza della pretesa erariale scaturente dalla dichiarazione confessoria di C.G., il quale aveva ammesso in ricorso di avere inserito nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2000 rimanenze finali inesistenti al fine di ottenere un inesistente rimborso I.V.A. ed al fine di poter fare fronte alle difficoltà sorte a seguito del fallimento di altra società di cui era socio accomandatario; b) omessa pronuncia ed erronea interpretazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, per essere stati gli avvisi di accertamento notificati non alla società C. Sports di C.A. e S.S., bensì alla C. Sports di C.G. & C. s.n.c..

La Commissione regionale rigettava gli appelli, rilevando, in primo luogo, che la dichiarazione resa da C.G., non avendo natura confessoria, era liberamente apprezzabile ai sensi dell’art. 2733 c.c., con la conseguenza che legittimamente l’Ufficio aveva fatto ricorso, per l’anno 2001, in presenza di omessa dichiarazione, alla procedura prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 e, in secondo luogo, che la trasformazione di una società commerciale in altra di nome diverso non comportava l’estinzione di un soggetto giuridico e la nascita di uno nuovo, per cui doveva ritenersi valida la notifica eseguita alla società nella sua originaria denominazione presso la sede non secondaria.

Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione G.C., con tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste mediante controricorso.

A seguito di fissazione dell’adunanza camerale, questa Corte, con ordinanza interlocutoria, rilevato che il ricorso non risultava notificato alla società C. Sports di C. e C. s.n.c. e all’altro socio C.G., parti costituite nei giudizi di primo e secondo grado, ha ordinato l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, per avere la C.T.R. rigettato l’eccezione, riproposta in sede di appello, relativa alla natura confessoria della dichiarazione resa da C.G., il quale aveva affermato di avere fraudolentemente inserito nella dichiarazione relativa ai redditi del 2000 rimanenze finali al solo fine di richiedere un indebito rimborso I.V.A.

2. Con il secondo motivo, denunciando violazione ed errata interpretazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, il ricorrente ribadisce di avere eccepito che l’avviso d’accertamento non era stato notificato alla nuova compagine sociale, bensì a quella precedente, in persona del legale rappresentante, per cui erroneamente i giudici d’appello hanno affermato che la notifica sarebbe stata correttamente eseguita.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce omessa pronuncia su un fatto controverso e decisivo per la controversia e sostiene che la C.T.R. ha tralasciato di esaminare un documento decisivo per il giudizio, posto che la dichiarazione confessoria resa da C.G. trovava conferma, quanto alla fittizietà delle rimanenze finali iscritte nel bilancio del 2000, nella segnalazione della Guardia di Finanza del 26 novembre 2004, dalla quale risultava accertato che una delle fatture d’acquisto annotate dalla C. Sports di C.G. & C. s.n.c. era relativa ad operazioni d’acquisto di pneumatici in realtà inesistenti.

4. Va, preliminarmente, rilevato che, a seguito dell’ordinanza emessa dal Collegio all’esito dell’adunanza camerale del 21 dicembre 2018, il ricorrente ha provveduto in data 29 marzo 2019, ossia entro il termine assegnato, alla spedizione dell’atto di integrazione del contraddittorio a mezzo del servizio postale nei confronti della società C. Sports di C.A. e S.S. s.n.c. e di C.G.; non ha, tuttavia, depositato presso la Cancelleria di questa Corte gli avvisi di ricevimento comprovanti che l’atto di integrazione del contraddittorio sia pervenuto alle parti destinatarie e che la notifica si sia perfezionata.

Vertendosi in ipotesi di litisconsorzio necessario di carattere processuale, trova applicazione il principio secondo cui il termine per la notificazione dell’atto di impugnazione del contraddittorio in cause inscindibili, fissato ex art. 331 c.p.c., è da considerarsi perentorio e la sua inosservanza deve essere rilevata d’ufficio, anche nel caso di inadempimento parziale dell’ordine di integrazione, sicchè la sua violazione determina, per ragioni d’ordine pubblico processuale, l’inammissibilità dell’impugnazione (Cass. n. 22411 del 2004; Cass. n. 7528 del 2007; Cass. n. 17416 del 2010; Cass. n. 17199 del 2/7/2018).

La natura perentoria del termine assegnato per l’integrazione del contraddittorio comporta che lo stesso non può essere prorogato o rinnovato ai sensi della disciplina di cui agli artt. 152,153 e 331 c.p.c., salvo il caso – non ricorrente nel caso di specie – in cui la parte onerata alleghi che sia stato impossibile osservare il termine per causa a lei non imputabile e chieda l’assegnazione di un nuovo termine per provvedere alla notifica.

Il ricorso, conclusivamente, va dichiarato estinto.

Le spese della presente fase vanno poste a carico della parte ricorrente e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2020

 

 

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