Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16756 del 29/07/2011

Cassazione civile sez. I, 29/07/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 29/07/2011), n.16756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6419/2009 proposto da:

P.F. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MERCALLI 6, presso l’avvocato ALESSANDRO

LEVANTI, rappresentato e difeso dagli avvocati ESPOSITO WALTER, MARIO

IVAN ESPOSITO, ANTONELLA ESPOSITO, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.F.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo STUDIO LEGALE

DI NAPOLI, rappresentata e difesa dall’avvocato RUSCIANO ROSARIO,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4220/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato l’11.4.08, P.F. proponeva appello avverso la sentenza n. 7/08 con cui il Tribunale di Napoli aveva determinato in Euro 34.391, 76 la somma da lui dovuta alla ex moglie D.F.A. quale percentuale dell’indennità di fine rapporto e lo aveva condannato al pagamento delle spese processuali in favore della resistente.

Si costituiva l’appellata deducendo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del gravame.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 4220/08, rigettava l’appello.

Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione il P. sulla base di due motivi cui resiste con controricorso, illustrato con memoria, la D.F..

Il Collegio in camera di consiglio ha optato per la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’omessa richiesta da parte del giudice di merito di informazioni ex art. 210 c.p.c..

Con il secondo motivo censura i criteri di commisurazione della indennità di fine rapporto in favore dell’ex coniuge adottati dal giudice di merito.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Al ricorso per cassazione in questione devono essere applicate le disposizioni di cui al capo I del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (in vigore dal 2.3.2006) e, per quel che occupa, quella contenuta nell’art. 366 bis c.p.c., alla stregua della quale l’illustrazione del motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto; mentre per l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorso deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione per cui la relativa censura in altri termini deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, (Cass. Sez. un. 20603/07).

In altri termini, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della “regula iuris” adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile. (Cass. 24339/08).

Più in particolare il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dai quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. (Cass. 19769/08).

Il ricorrente non si è attenuto ai predetti principi.

Il quesito proposto si limita infatti a chiedere a questa Corte se l’omessa richiesta d’informazioni o di documentazione da parte del giudice comporti violazione dell’art 210 epe. senza che venga fatto alcun riferimento alla fattispecie concreta e senza che venga esposto il principio di diritto applicato dal giudice, ma limitandosi ad una astratta domanda avulsa dal contesto della controversia.

Il secondo motivo è infondato e per certi aspetti inammissibile.

La Corte d’appello ha rilevato che il giudice di primo grado aveva correttamente liquidato l’indennità con riferimento al periodo intercorrente tra la celebrazione del matrimonio e la cessazione del vincolo per il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.

Tale affermazione non risulta censurata dal ricorrente, il quale ribadisce che solo il TFR maturato ed accantonato al momento del passaggio in giudicato della sentenza divorzile poteva essere preso a base del conteggio, che è quanto nella specie avvenuto. Il ricorrente contesta, poi, che il calcolo sia stato effettuato su tutto l’importo corrispostogli per indennità di fine rapporto senza detrarre le somme corrisposte a titolo di incentivo per l’anticipata risoluzione. Il ricorrente non precisa però, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, di aver proposto siffatta questione con i motivi di appello. Pertanto, non facendo la sentenza impugnata alcun riferimento a siffatta questione, la stessa deve ritenersi proposta per la prima volta in questa sede di legittimità e come tale inammissibile. Aggiungasi che in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, il ricorrente, facendo riferimento alla documentazione prodotta dal datore di lavoro circa il TFR, ha omesso di indicare ove documentazione trovavasi negli atti del giudizio nè ha prodotto unitamente al ricorso detti documenti.

Il che costituisce una ulteriore ragione di inammissibilità del motivo.

Il ricorso va in conclusione respinto.

Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, si dispone che in caso di diffusione della presente sentenza vengano omessi le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti e dei soggetti in essa citati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2500, 00 per onorari oltre Euro 200, 00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2011

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