Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16755 del 04/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 16755 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

PU

SENTENZA

sul ricorso 2170-2006 proposto da:
FIORE

PIERLUIGI

(c.f.

FRIPLG52E10A859P),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI
47, presso l’avvocato CORTI PIO, che lo rappresenta

Data pubblicazione: 04/07/2013

e difende unitamente all’avvocato VAGAGGINI
ROBERTO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2013

contro

928

CLARIZIA

ALBERTO

(C.F.

CLRLRT45P09L049H),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BISSOLATI

1

76, presso l’avvocato GIOVANNETTI ALESSANDRA, che
– lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BERNARDINI CLAUDIO, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente

D’APPELLO di TORINO, depositata il 27/11/2004;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 28/05/2013 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1952/2004 della CORTE

2

Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Torino, con sentenza in data 2/27
novembre 2004, ha respinto l’impugnazione del lodo emesso
il 25/6/2002, proposta da Fiore Pierluigi, e condannato lo
stesso al pagamento delle spese del giudizio.

La Corte del merito ha ritenuto: 1)infondato il primo
motivo di impugnazione, col quale il Fiore si doleva della
mancata considerazione da parte degli Arbitri del
comportamento tenuto dal Clarizia successivamente alla
conclusione del contratto preliminare di cessione di
quote, rilevando che, sostanzialmente, l’impugnante
cercava di sovvertire il giudizio di merito degli Arbitri
allo stesso sfavorevole, tanto più considerato che gli
Arbitri erano stati autorizzati a decidere in via
equitativa;
2) infondato il secondo motivo, col quale il Fiore si
doleva della esclusione dai conteggi di rettifica del
valore della società del credito verso il Clarizia,
conseguente alla prima cessione di quote, osservando che
il contratto di cessione non si poteva ritenere a favore
del terzo, la società N.T.I., e che comunque, anche in
tale caso, la parte contestava nel merito il giudizio di
equità;
3)che il terzo motivo, col quale la parte aveva contestato
l’ammissibilità nel caso dell’azione di annullamento per
errore, sostenendo doversi applicare la norma relativa
3

alla rescissione per lesione, derivava dalla stessa
prospettazione dell’impugnante, mentre ben diversa era
quella della controparte, che si era basata sull’errore
essenziale indotto dal promittente cedente in ordine alla
situazione patrimoniale e finanziaria della società

N.T.I., delle cui quote si trattava.
Ricorre il Fiore, sulla base di tre motivi.
Si difende il Clarizia con controricorso.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di
omessa od insufficiente motivazione circa punto decisivo
della controversia prospettato dalla parte, in relazione
all’eccezione di intervenuta convalida del negozio ex
art.1444, 2 ° comma c.c., formulata nel giudizio arbitrale
e riproposta nel giudizio di impugnazione.
L’arbitrato è stato qualificato concordemente dalle parti
come rituale, da cui il rispetto delle norme procedurali,
anche in relazione al contenuto “necessario” della
decisione.
Nel merito, la parte rileva che il Clarizia ebbe a muovere
da subito le contestazioni, ed ha avuto completa
conoscenza dei fatti che hanno portato all’annullamento
del contratto almeno dall’agosto 1998, acquistando altre
quote, gestendo la società come cosa propria, promuovendo
azione di responsabilità, disponendo il trasferimento
della sede della società.
4

1.2.- Col secondo motivo, il Fiore si duole del vizio di
violazione o falsa applicazione di norme e di omessa od
insufficiente motivazione su punto decisivo.
Avanti alla Corte territoriale, il Fiore aveva lamentato
la mancata considerazione, nei conteggi di rettifica del

valore della società, del credito dalla medesima vantato
nei confronti del Clarizia, per effetto della cessione di
quote, sostenendo trattarsi di credito dei soci e non
della società, mentre,secondo il Fiore, si trattava di
contratto a favore di terzo(era stato pattuito il
versamento nelle casse sociali del reale corrispettivo
della cessione, di cui alla separata scrittura del
12/3/98, e la società aveva manifestato in modo inequivoco
la volontà di avvalersi degli effetti del negozio,
attraverso la messa in mora del 22/6/98).
Secondo il ricorrente, anche nel giudizio di equità, gli
Arbitri possono applicare le norme di diritto ove ritenute
rispondenti ad equità, e nel caso, gli Arbitri hanno
fondato la decisione su precise ragioni di diritto senza
fare riferimento a ragioni di equità, per cui diventa
rilevante l’error in iudicando .
1.3.- Col terzo mezzo, la parte si duole del vizio di

i

omessa motivazione, per la mancata considerazione della
rettifica del valore di lire 100.000.000, relativa al
concordato Sive.

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2.1.

I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in

quanto strettamente collegati, vanno ritenuti
inammissibili.
E’ bene premettere che, nel caso, come quello di cui si
tratta, di pronuncia arbitrale resa secondo equità, è

configurabile il vizio di motivazione, atteso che, come
ritenuto nella pronuncia 2177/93, l’art. 829 n. 5 c. p.
c. richiama l’art. 823 n. 3 c.p.c., il quale, nel disporre
che il lodo deve contenere l’esposizione sommaria dei
motivi, non distingue tra lodo pronunciato secondo diritto
e quello pronunciato secondo equità; ne consegue che anche
il lodo pronunciato secondo equità può essere impugnato
per la mancata esposizione sommaria dei motivi, ossia per
mancanza totale di motivazione o per una motivazione che
non consenta di comprendere la “ratio” della decisione e
di apprezzare se l’iter logico seguito dagli Arbitri per
addivenire alla soluzione adottata sia percepibile e
coerente(per il lodo in generale, vedi anche le pronunce
8922/94, 2720/97, 15136/00, 5371/01).
Ciò posto, si osserva che, nel primo motivo, la parte
intende sostanzialmente dedurre e far valere la mancata
motivazione, in relazione all’eccezione di intervenuta
convalida ex art.1444,2 ° comma c.c., e quindi in relazione
ad uno specifico profilo di diritto, non suscettibile di
essere fatto valere nei confronti del lodo di equità,come
correttamente ha rilevato il Giudice del merito.
6

Ed infatti, come ritenuto da Cass. 1183/06, gli arbitri
autorizzati a pronunciare secondo equità sono svincolati,
nella formazione del loro giudizio, dalla rigorosa
osservanza delle regole del diritto oggettivo, avendo
facoltà di far ricorso a criteri, principi e valutazioni

di prudenza e opportunità, che appaiano i più adatti e i
più equi, secondo la loro coscienza, per la risoluzione
del caso concreto, con la necessaria conseguenza che resta
preclusa, ai sensi dell’art. 829,2 ° comma, ultima parte,
c. p. c., l’impugnazione per nullità del lodo di equità
per violazione delle norme di diritto sostanziale, o in
generale per “errores in iudicando” che non si traducano
nell’inosservanza di norme fondamentali e cogenti di
ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali, e
perciò non derogabili dalla volontà delle parti, né
suscettibili di formare oggetto di compromesso.
Ciò posto, si deve rilevare che nel secondo motivo, la
parte,a1 di là del richiamo meramente labiale al vizio di
motivazione, ha inteso far valere il vizio ex art.360 n.3
c.p.c., deducendo del tutto genericamente che gli Arbitri
avrebbero giudicato secondo diritto, senza fare
riferimento a ragioni di equità: al di là della genericità
della deduzione, anche in linea logica è comunque preclusa
la censura di diritto, non versandosi in ipotesi di
violazione di norme di ordine pubblico inderogabili,
trattandosi in ogni caso di giudizio di equità.
7

Il terzo motivo è anch’esso inammissibile,

in quanto

generico e carente sul piano dell’autosufficienza, e
comunque inteso a censurare valutazione di merito.
3.1.- Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile; le
spese

del

presente

giudizio,

liquidate

come

in

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna il
ricorrente al pagamento delle spese, liquidate per
compenso in euro 7000,00, oltre euro 200,00 per esborsi;
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 28 maggio 2013
Il Presidente

dispositivo, seguono la soccombenza.

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