Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16754 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/07/2017, (ud. 11/04/2017, dep.07/07/2017),  n. 16754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13232/12, proposto da:

Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12, presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e

difende;

– ricorrente –

contro

Radio e Reti s.r.l., in persona del legale rappres. p.t., elett.te

domic. in Roma, alla via Emilio dei Cavalieri n. 11 presso gli

avv.ti Pierfrancesco Zecca e Aldo Fontanelli, che la rappres. e

difendono, con procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 36/11/2011 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata in data 8/4/2011;

udita la relazione del consigliere Dott. Caiazzo Rosario in camera di

consiglio.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

La Radio e Reti s.r.l. propose ricorso, innanzi alla Ctp di Milano, avverso un avviso d’accertamento, relativo all’anno d’imposta 2004, avente ad oggetto vari rilievi afferenti sia alla sussistenza di elementi positivi del reddito, sia all’insussistenza di costi deducibili, nonchè a violazioni in materia iva.

La Ctp accolse il ricorso.

L’Agenzia delle entrate propose appello, respinto dalla Ctr.

L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, formulando cinque motivi.

Resiste la società con controricorso, eccependo preliminarmente il giudicato esterno, nonchè l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Con il primo motivo, la ricorrente ha denunziato la violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che la Ctr non aveva pronunciato su alcuni rilievi relativi sia alle imposte dirette che all’iva.

Con il secondo motivo, la ricorrente ha denunziato la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4, in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in alternativa al precedente motivo, nel caso in cui si ritenesse che la Ctr avesse deciso le questioni che ne formano l’oggetto, lamentando l’omessa motivazione sulle suddette questioni.

Con il terzo motivo, la ricorrente ha denunziato la violazione o falsa applicazione dell’art. 109 Tuir, non avendo la Ctr fatto corretta applicazione del principio di competenza, secondo cui i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, ove non sia diversamente disposto, devono concorrere a formare il reddito nell’esercizio di competenza.

Con il quarto motivo, la ricorrente ha lamentato la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4, avendo la Ctr omesso di motivare in ordine ad alcuni motivi d’appello circa la ripresa a tassazione conseguente all’accertamento della violazione del principio di competenza.

Con il quinto motivo, la ricorrente ha denunziato la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, nonchè del principio generale del divieto dell’abuso del diritto, lamentando che la Ctr avesse ritenuto che alcune operazioni del contribuente fossero esenti da iva perchè effettuate con operatore estero, senza considerare se la società avesse, invece, reso le prestazioni a soggetti nazionali per effetto di un’artificiosa costruzione.

In primo luogo, va respinta l’eccezione preliminare di giudicato, in quanto l’avvisovaccertamento in questione si riferisce ad un diverso anno.

I primi due motivi sono da trattare congiuntamente, poichè tra loro connessi e sono infondati.

Infatti, la Ctr ha motivato su tutti i motivi dell’appello dell’Agenzia delle entrate, riferendosi espressamente ai vari rilievi formulati dall’ufficio; inoltre, la motivazione è da ritenersi implicitamente riferita ai punti di cui la ricorrente ha lamentato l’omesso esame, considerando altresì che la Ctr li ha richiamati nella parte relativa all’esposizione dei fatti di causa.

Al riguardo, va osservato che il giudice d’appello affermò che i costi e i ricavi afferenti alle prestazioni pubblicitarie svolte in favore della società intimata fossero certamente deducibili; tale decisione ha riguardato implicitamente anche le altre questioni oggetto dell’appello – richiamate dalla ricorrente nei primi due motivi – relative alle sopravvenienze attive e alle varie tipologie di costi deducibili, in quanto tutte strettamente connesse con la questione della configurabilità dei cd. “diritti di negoziazione”- corrisposti dalla società intimata- quali prestazioni contrattuali sinallagmatiche.

Invero, il vizio d’omessa pronuncia è configurabile allorchè manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, dovendo esso essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (Cass., n. 1360 del 26.1.2016).

Analoghe considerazioni valgono per il quarto motivo (da esaminare prioritariamente rispetto al terzo per ragioni di ordine logico) atteso che, seppure in forma stringata e generica, la Ctr ha rappresentato una motivazione sul punto che non può essere ritenuta apparente.

E’ viceversa fondato il terzo motivo.

Infatti, la Ctr, premesso che i costi e ricavi di prestazioni pubblicitarie rese a cavallo dell’esercizio precedente e quello successivo all’esercizio verificato avevano comportato anticipo di fatturazione dei ricavi e di contabilizzazione dei costi, ha argomentato che la società aveva fornito valida ed esauriente giustificazione dei motivi per cui aveva inserito alcuni costi e ricavi nella dichiarazione dei redditi dell’anno, evidenziando che, se rinviati ad altri esercizi, sarebbe stato impossibile portarli in deduzione.

Ora, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la circostanza che il contribuente non abbia correttamente imputato all’esercizio di competenza i corrispettivi incassati per lavori ripartiti in più anni è di per sè sufficiente a giustificare l’accertamento del reddito con metodo induttivo, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, a nulla rilevando che tutti i suddetti corrispettivi siano stati comunque contabilizzati e dichiarati negli anni precedenti (Cass., n. 1938 del 28.1.2008).

Nel caso concreto, dalla stessa motivazione della sentenza s’evince che la Ctr ha ritenuto di non applicare il principio di competenza, adducendo l’impossibilità della deduzione dei costi sostenuti se inseriti nella dichiarazione di esercizi diversi da quello determinato dal suddetto principio.

Tale pronuncia viola l’art. 109 Tuir, le cui norme, in tema di principio di competenza, attengono alla corretta formazione della base imponibile di ciascun esercizio e, di conseguenza, al corretto accertamento dell’obbligazione tributaria.

Pertanto, non coglie nel segno l’eccezione del contribuente secondo cui l’inserimento dei costi in diversi esercizi d’imposta sarebbe fiscalmente neutrale, per la mancanza di danni all’Erario, in quanto questi fisiologicamente discendono dalla violazione tributaria; nè il contribuente ha fornito o semplicemente dedotto argomenti in senso contrario.

Per di più è anche irrilevante il rilievo del giudice d’appello secondo cui sarebbe stato impossibile per il contribuente avvalersi della deduzione dei costi, se fosse stato applicato il principio di competenza, in quanto tale deduzione deve essere effettuata nell’osservanza del predetto art. 109 Tuir, salve eccezioni espressamente stabilite dalla legge (che non ricorrono nella fattispecie).

Il quinto motivo è, infine, infondato.

La Ctr ha affermato sul punto che se l’utilizzo dell’oggetto compravenduto è stato effettuato in Italia, l’iva non corrisposta dovrà essere pretesa da chi ha effettuato l’operazione in Italia e non da chi ha venduto ad operatore estero; tale prospettazione è stata censurata con la configurazione di una ipotesi di abuso del diritto non riscontrata dal giudice del merito, il cui eventuale accertamento comporterebbe, inevitabilmente, un’indagine in fatto non consentita nella sede di legittimità.

Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, rinviando per un nuovo giudizio alla Ctr della Lombardia, che dovrà decidere sulla base dei principi sopra delineati, e procedere alla liquidazione delle spese.

PQM

 

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso e cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, rinviando alla Ctr della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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