Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16753 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/06/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 14/06/2021), n.16753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO G. Mar – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9588/2015 R.G. proposto da:

C. Gomme di C. & C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

piazzale Clodio n. 14, presso lo studio dell’avv. Andrea Graziani,

rappresentata e difesa dall’avv. Eugenio Cerutti di Borgomanero

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 1158/34/14, depositata il 17 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 febbraio

2021 dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 1158/34/14 del 17/10/2014 la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da C. Gomme s.n.c. di C. & C. (di seguito C.) avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cuneo (di seguito CTP) n. 55/02/12, con la quale era stato respinto il ricorso della società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2004;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR, con l’avviso di accertamento veniva contestata l’esportazione intracomunitaria di beni, in favore della società monegasca Commerciai Pneus SA, a mezzo l’emissione di fatture senza l’applicazione di IVA, sebbene le merci non avessero mai passato il confine nazionale;

1.2. la CTR rigettava l’appello della società contribuente evidenziando che: a) “per ottenere l’esenzione IVA negli scambi comunitari, è il contribuente a dover dimostrare l’effettiva destinazione dei beni all’estero”; b) una volta consegnati i beni al vettore, il cedente deve “impiegare la normale diligenza richiesta ad un soggetto che pone in essere una transazione commerciale e, quindi, verificare con la diligenza dell’operatore commerciale professionale le caratteristiche di affidabilità della controparte” e l’effettività dell’esportazione ovvero dimostrare la propria buona fede; c) è vero che la dimostrazione della movimentazione fisica della merce può essere data con le lettere di vettura internazionali (cd. CMR), ma nel caso di specie i CMR prodotti, privi della firma del destinatario, non sono idonei a fornire la “prova dell’uscita della merce dal territorio nazionale”, nè tantomeno la prova della presenza della stessa nel territorio francese o monegasco; d) ne conseguiva che C. non avrebbe potuto ignorare la sussistenza della frode;

2. avverso la sentenza della CTR C. proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi e depositava memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. e documenti;

3. l’Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. va pregiudizialmente dichiarata l’inammissibilità della produzione documentale effettuata da parte ricorrente in epoca successiva al deposito del ricorso per cassazione, costituita dalla sentenza penale di assoluzione di C.B. e C.A., soci della società contribuente;

1.1. costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello per il quale “in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio” (Cass. n. 28174 del 24/11/2017; conf. Cass. n. 10578 del 22/05/2015);

1.1.1. in buona sostanza, “la sentenza penale irrevocabile intervenuta per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l’accertamento degli uffici finanziari rappresenta un semplice elemento di prova, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, anche di natura presuntiva” (Cass. n. 2938 del 13/02/2015; si veda anche Cass. n. 4924 del 27/02/2013);

1.2. ciò premesso, la sentenza prodotta: a) non può avere alcuna valenza di giudicato nel presente giudizio in ragione del principio di diritto sopra menzionato; b) non può avere nemmeno la valenza di elemento di prova, in quanto, non avendo avuto ingresso nel giudizio di merito, non può essere prodotta nel giudizio di cassazione, indipendentemente dalla data della sua pronuncia, ostandovi il divieto di cui all’art. 372 c.p.c.;

2. con il primo motivo di ricorso C. deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando la motivazione solo apparente della CTR in ordine alla insussistenza della buona fede della società contribuente;

3. con il secondo motivo di ricorsosi contesta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che la CTR avrebbe dovuto valutare il comportamento diligente tenuto da C. al momento della esecuzione della prestazione e che, ciò facendo, avrebbe dovuto escludere la mala fede della società, come risulta dagli elementi indiziari acquisiti agli atti e valutati anche dalla Corte d’appello di Milano, che ha assolto i soci di C., escludendo in capo agli stessi la conoscenza della frode perpetrata dal cessionario;

4. con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 41, comma 1, lett. a), conv. con modif. nella L. 29 ottobre 1993, n. 427 e della Convenzione di Ginevra di Trasporto internazionale di Merci su strada C.M.R., resa esecutiva in Italia con L. 6 dicembre 1960, n. 1621, modificata con L. 27 aprile 1982, n. 242, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

4.1. in buona sostanza, C. afferma che le lettere di vettura internazionali (CMR) costituiscono prova del trasporto della merce oltre confine e che la copia in possesso del cedente non può mai recare la firma del cessionario, ma solo quella del vettore al quale è stata consegnata;

5. le censure possono essere valutate unitariamente, in quanto concernenti differenti profili della medesima questione, e vanno complessivamente disattese;

5.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, in caso di operazioni intracomunitarie e al fine dell’emissione di fatture senza il pagamento dell’IVA, il cedente ha l’onere di dimostrare l’effettività del trasporto della merce nel territorio dello Stato in cui risiede il cessionario o, in mancanza, di fornire adeguata prova della propria buona fede, cioè che egli non sapesse o non avrebbe potuto sapere che l’operazione effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente, con ciò adottando tutte le misure ragionevoli per evitare di parteciparvi, così come stabilito da CGUE 6 settembre 2012, in C-273/11, Mecsek (Cass. n. 26062 del 30/12/2015; Cass. n. 4636 del 26/02/2014; Cass. n. 29498 del 24/12/2020. Si veda, da ultimo, anche CGUE 17 ottobre 2019, in causa C-653/18, Unitel);

5.2. la motivazione della sentenza impugnata si è pienamente attenuta ai superiori principi di diritto, rigettando l’impugnazione proposta da C. in virtù del mancato raggiungimento della prova del trasporto e della consegna della merce ceduta;

5.3. invero, la CTR ha reso una motivazione così strutturata: a) C. ha ceduto dei beni (pneumatici) alla società monegasca Commerciai Pneus SA a mezzo consegna ad un vettore che avrebbe dovuto trasportare la merce oltre confine; b) la merce è restata, invece, in Italia ed è stata indebitamente commercializzata senza pagamento dell’IVA; c) la società contribuente non ha assolto all’onere probatorio sulla stessa gravante, che è quello di fornire la prova del trasporto oltre confine dei beni ceduti, così dimostrando la propria buona fede; d) i documenti di trasporto (CMR) prodotti, astrattamente idonei a fornire la prova del trasporto oltre confine della merce, non sono utilizzabili nel caso di specie, mancando la sottoscrizione del cessionario;

5.4. la motivazione della sentenza impugnata è logica, consequenziale e niente affatto apparente (primo motivo), oltre che pienamente conforme ai principi di diritto sopra rassegnati;

5.4.1. invero, la CTR, si dimostra ben consapevole che, la prova del trasporto e della consegna ai clienti intracomunitari può essere fornita con ogni mezzo e ha, peraltro, ritenuto, sulla base del complessivo esame della documentazione prodotta, che la società contribuente non abbia fornito tale prova;

5.5. nell’argomentazione della sentenza impugnata non è riscontrabile nessuna violazione del riparto dell’onere probatorio, avendo la CTR correttamente ritenuto che grava sulla società contribuente la prova della propria buona fede;

5.5.1. e la contestazione della mancata valutazione di tutta una serie di elementi, che sarebbero stati allegati da C. (secondo motivo), integra un vizio di motivazione insufficiente e non di violazione di legge, vizio che, in ogni caso, non avrebbe potuto essere dedotto nel presente giudizio, sia in ragione della sussistenza di una doppia conforme di merito (applicabile anche al giudizio tributario: Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014), sia in ragione della novella all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018);

5.6. non vale, infine, evidenziare l’errore di diritto che avrebbe compiuto la CTR nel non considerare i CMR come validi elementi probatori ai fini della dimostrazione dell’uscita della merce dal territorio nazionale (terzo motivo);

5.6.1. le lettere di vettura, infatti, così come i documenti equipollenti, possono essere considerate come elemento idoneo a dimostrare che i beni cui si riferiscono sono destinati a essere trasportati o spediti verso un altro Stato membro, ma solo se debitamente compilate con l’indicazione di tutti gli elementi necessari, ivi compresa la data della consegna (CGUE 20 giugno 2018, in causa C-108/17, Enteco Balti);

5.6.2. nel caso di specie, la CTR non ha negato tale efficacia probatoria, ma ha unicamente evidenziato che i CMR prodotti non sono in grado di attestare l’uscita della merce dal territorio nazionale in quanto non recanti la firma del cessionario estero;

5.6.3. nè può ragionevolmente sostenersi che la richiesta di consegna al vettore di copia dei CMR in suo possesso (quelli controfirmati dal cessionario) costituisca un onere probatorio eccessivo per la società contribuente, posto che è la legge a porre a suo carico l’onere di fornire la prova della propria buona fede e, come noto, adducere inconveniens non est so/vere argumentum;

6. in conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato di Euro 791.168,87;

6.1. poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 10.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

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