Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16753 del 06/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 06/08/2020), n.16753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

M.R., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

stesa in calce al ricorso, dagli Avv.ti Andrea Bodrito e Francesco

D’Ayala Valva, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del

secondo, al viale Parioli n. 43 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

avverso la sentenza n. 1, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale della Liguria, il 12.11.2012 e pubblicata il 25.1.2013;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio;

la Corte osserva.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.R., titolare di ditta individuale e dedito all’autotrasporto, il 30.5.2006 riceveva notifica dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di La Spezia dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS), attinente ad Iva, Irpef ed Irap, in relazione all’anno 2000.

Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia con ricorso del 27.7.2007, contestando che il reddito d’impresa era stato rettificato esclusivamente sul fondamento degli studi di settore, senza procedere ad alcuna adeguata soggettivizzazione dell’accertamento, non tenendosi alcun conto dei diversi elementi pur forniti dal ricorrente per dimostrarne la necessità. La CTP accoglieva il ricorso del contribuente e disponeva l’annullamento dell’avviso di accertamento.

La decisione adottata dal giudice di primo grado era gravata di appello dall’Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria. La CTR accoglieva il ricorso introdotto dall’Ente impositore e disponeva la conferma dell’originario avviso di accertamento. Avverso la decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria ha proposto ricorso per cassazione M.R., affidandosi a due motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Il contribuente censura con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR ritenuto legittimo un accertamento tributario basato esclusivamente sugli studi di settore senza verificare se lo stesso risultasse integralmente applicabile alla concreta realtà d’impresa oggetto di verifica.

1.2. – Mediante il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, M.R. contesta l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in cui è incorsa l’impugnata CTR per non aver esaminato tutti gli elementi di valutazione di cui aveva richiesto la verifica.

2.1. -Il contribuente critica mediante il suo primo motivo di ricorso, proposto in relazione al profilo della violazione di legge, che la CTR ha erroneamente confermato un accertamento tributario fondato esclusivamente sugli studi di settore, pertanto su presunzioni semplici, senza neppure esaminare gli elementi offerti in controprova dall’esponente, o meglio esaminandone solo uno di sei e pure superficialmente.

Il contribuente ha rinnovato, in sede di giudizio di legittimità, l’esposizione delle difese che aveva proposto nei gradi di merito segnalando, in sintesi, di svolgere la propria attività di autotrasportatore da solo, pertanto senza avvalersi di personale dipendente e di possedere un’unica motrice. Ha ancora sostenuto l’inverosimiglianza del chilometraggio indicato dall’Agenzia come svolto da una sola persona e la incongruenza delle cifre sui chilometri percorsi indicate dall’Ente impositore rispetto a quelle invece registrate dai cronotachigrafi previsti per legge e desumibili pure dalle lettere di vettura e dal giornale di bordo. Il ricorrente ha anche segnalato in quali atti dei giudizi di merito ha proposto le sue contestazioni, non mancando di evidenziare quali siano state proposte ex novo in grado di appello (ric., p. 11 s.), e provvedendo anche ad indicare come abbia coltivato le proprie censure nel corso del giudizio. Ha pure sottolineato che, a fronte della mancata contestazione da parte dell’Agenzia dei dati esposti dal contribuente nel primo grado del giudizio, l’Ente impositore ha invece espressamente replicato in materia nel grado di appello, ed il punto controverso è stato quindi oggetto di discussione tra le parti.

In effetti la motivazione adottata dal giudice dell’appello appare assai scarna. La CTR si limita a ricordare che, essendo anche stato promosso infruttuosamente il procedimento di adesione, era stato emesso dall’Agenzia l’avviso di accertamento. La Cassazione richiede, prosegue la CTR, che in caso di incongruenza della gestione dell’impresa rispetto alle risultanze degli studi di settore sia il contribuente a dover fornire “la prova della sussistenza di condizioni di esclusione nel periodo di tempo in cui si riferisce la pretesa. Nella fattispecie nessuna prova concreta risulta portata a favore della parte contribuente; ad esempio anche il fatto di avere una sola motrice a servizio di più rimorchi non è indice di minor attività, anche perchè i rimorchi singoli, oltre che essere indice di capacità di spesa, potrebbero essere locati a terzi o comunque agevolare i tempi dell’attività del contribuente medesimo (mentre ne trasporta uno l’altro viene caricato consentendo viaggi più rapidi)” (sent. CTR, p. 2). Risulta quindi fondata la contestazione del ricorrente liddove annota che gli elementi sui quali aveva fondato le proprie difese sono stati esaminati dalla CTR solo parzialmente ed a titolo esemplificativo.

In materia questa Corte ha ripetutamente ribadito che “l’accertamento tributario standardizzato mediante applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, questi ha l’onere di provare, senza limitazione di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma va integrata con la dimostrazione dell’applicabilir concreto dello “standard” prescelto e le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa. In tal caso, però, egli ne assume le conseguenze, in quando l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito”, Cass. sez. V, 12/04/2017, n. 9484 (indirizzo giurisprudenziale consolidato, e risalente già a Cass. Sez. U, 18.12.2009, n. 26635). Nel caso di specie la CTR non si è attenuta a tali principi, omettendo di esaminare gran parte degli elementi addotti a propria difesa dal contribuente, e non illustrando per quale motivo agli stessi non debba attribuirsi rilevanza probatoria, almeno presuntiva.

La CTR conclude, poi, che “l’accertamento dell’Ufficio, sulla base dei costi sostenuti per la produzione di servizi nonchè acquisti di servizi e carburante, raggiunge un risultato di reddito adeguato per un autotrasportatore di merci su strada”, ma non è qui in questione se l’accertamento dell’Ufficio risulta coerente in relazione ad un generico “autotrasportatore di merci su strada”, quanto piuttosto se l’accertamento emesso dall’Ufficio risulti corretto in relazione alla specifica condizione di M.R., in considerazione degli elementi introdotti in causa da entrambe le parti.

Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto.

2.2.- Mediante il suo secondo motivo di ricorso, il contribuente contesta il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa l’impugnata CTR per non aver esaminato le ragioni del ricorrente.

Occorre in proposito innanzitutto ricordare che l’Agenzia delle Entrate ha replicato che il secondo motivo di ricorso introdotto dal contribuente dovrebbe essere valutato inammissibile perchè non contenente la contestazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La difesa dell’Ente finanziario intende lamentare, a quanto è dato comprendere, che la contestazione è stata operata dal ricorrente in base ad un testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ormai abrogato, che consentiva la contestazione di una motivazione “omessa, insufficiente o contraddittoria”, mentre l’attuale formula della disposizione consente di contestare soltanto “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Può in proposito rilevarsi che il ricorrente, al di là della formula utilizzata nell’introdurre il motivo di gravame, ha comunque specificamente indicato di quali fatti abbia richiesto l’esame in corso di causa al fine di contrastare la pretesa dell’Amministrazione finanziaria di esigere maggiori tributi, fondati esclusivamente sui risultati dell’applicazione degli studi di settore, evidenziando quali specifici elementi di cui ha richiesto l’esame non sono stati poi sottoposti dalla CTR alla propria valutazione, se non assai parzialmente ed a titolo esemplificativo.

In ogni caso il secondo motivo di ricorso rimane assorbito in conseguenza dell’accoglimento del primo.

Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, assorbito il secondo, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria perchè proceda a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso proposto da M. Ro-

berto, assorbito il secondo, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria perchè, in diversa composizione, proceda a rinnovare il giudizio nel rispetto dei principi innanzi esposti, e provveda anche a regolare le spese di lite del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2020

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