Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16752 del 23/07/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 16752 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

SENTENZA

sul ricorso 2393-2008 proposto da:
PAGLIARICCIO DANIELA, PAGLIARICCIO CLAUDIA, nella
qualità di eredi di DE NUNTIIS GIUSEPPINA,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA ANASTASIO II
442, presso lo studio dell’avvocato TONELLO ALDO,
rappresentate e difese dall’avvocato PALMA DOMENICO,

Data pubblicazione: 23/07/2014

per delega a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE,

in persona del

Ministro pro-tempore, elettivamente domiciliato in

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente contro

I.N.P.D.A.P., in persona del Presidente del Consiglio
di Amministrazione pro-tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto stesso,
rappresentato e difeso dall’avvocato DARIO MARINUZZI,
per procura speciale in atti;
– resistente nonchè contro

I.N.P.S.;
– intimato –

sul ricorso 5291-2008 proposto da:
I.N.P.S.,

in persona del Presidente pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA
17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto stesso,
rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

CORETTI, FABRIZIO CORRERA, MARITATO LELIO, per delega
in calce al controricorso e ricorso incidentale;
controricorrente e ricorrente incidentale contro

PAGLIARICCIO CLAUDIA, PAGLIARICCIO DANIELA, MINISTERO

– intimati –

avverso la sentenza n. 1222/2006 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 27/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/05/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
DI CERBO;
uditi gli avvocati Dario MARINUZZI, Orsola BIAGINI
dell’Avvocatura Generale dello Stato, Antonino SGROI
per delega dell’avvocato Lelio Maritato;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso incidentale, rimessione alla Sezione lavoro
per entrambi.

DELLE INFRASTRUTTURE, I.N.P.D.A.P.;

2393.08 + 5291.08

Udienza 13 maggio 2014

Pres. F. Miani Canevari
Est. V. Di Cerbo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Giuseppina De Nuntiis, premesso che era stata dipendente di Agensud ed era stata trasferita, a
seguito della soppressione della stessa (in data 1 maggio 1993, a norma della legge n. 488 del
1992), alle dipendenze del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha chiesto ed
ottenuto dal giudice del lavoro di L’Aquila, la condanna dell’INPS, dell’INPDAI e del Ministero
delle Infrastrutture, ciascuno per le rispettive competenze, alla restituzione dei contributi (per
un ammontare complessivo di Euro 113.882,16) non utilizzabili per la costituzione della riserva
matematica in sede di ricongiunzione presso l’INPDAP dei periodi assicurativi relativi ai servizi
2.

prestati con iscrizione presso l’INPS.
Avverso tale sentenza ha proposto appello l’INPS insistendo preliminarmente sul difetto di

3.

giurisdizione del giudice ordinario (eccezione già rigettata dal giudice di primo grado); nel
merito ha censurato sotto vari profili la soluzione adottata dal giudice di primo grado.
Nel giudizio di appello si sono costituite in giudizio Claudia e Daniela Pagliariccio, quali eredi di
Giuseppina De Nuntiis, medio tempore deceduta, chiedendo il rigetto del gravame. Nello
stesso giudizio di appello si sono costituiti altresì sia il Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, sia l’INPDAP che hanno condiviso la tesi dell’INPS ed hanno proposto ciascuno
ricorso incidentale con il quale il Ministero ha chiesto che fosse dichiarato il proprio difetto di
legittimazione passiva laddove l’Istituto previdenziale ha dedotto la sussistenza della
giurisdizione del giudice amministrativo.

4.

Con sentenza in data 27 settembre 2007 la Corte d’appello degli Abruzzi — L’Aquila —, ritenuta
la propria giurisdizione, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato la domanda. Con
specifico riferimento al profilo attinente alla giurisdizione ha osservato che la domanda De
Nuntiis aveva ad oggetto la restituzione di contributi che, secondo l’assunto, sarebbero stati
versati in eccedenza e riguardava pertanto la materia previdenziale. Nel merito ha fondato la
propria decisione sulla tesi che l’art. 14 bis del d.lgs. n. 96 del 1993, come introdotto dalla
legge n. 104 del 1995 che ha convertito il dl. n. 32, facendo salvi gli effetti prodotti da
precedenti decreti legge decaduti, attribuirebbe il diritto vantato dalla ricorrente in primo
grado unicamente agli ex dipendenti dell’Agensud transitati alle dipendenze di una
amministrazione pubblica, ma cessati dal servizio dopo la data del 13 ottobre 1993 e prima
dell’entrata in vigore del d.l. n. 32 del 1995 (9 febbraio 1995), che non avessero optato per il
mantenimento della posizione pensionistica di provenienza. La De Nuntiis non rientrava nella

5.

suddetta categoria.
Per la cassazione di tale sentenza Claudia e Daniela Pagliariccio propongono ricorso affidato a
due motivi. Il Ministero delle Infrastrutture e l’INPS hanno resistito con autonomi
controricorsi. L’INPS ha proposto altresì ricorso incidentale con il quale ha chiesto che venga
dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sull’assunto che la controversia

6.

rientrerebbe nella giurisdizione del giudice amministrativo atteso che essa non investe il
rapporto assicurativo ma riguarda una pretesa relativa ad una obbligazione retributiva.
La causa è stata rimessa alle Sezioni Unite in relazione alla questione di giurisdizione sollevata
dall’INPS con il ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE

7.

I due ricorsi, principale e incidentale, vanno riuniti a norma dell’art. 335 cod. proc. civ., in
quanto riguardano la stessa sentenza.

3

1.

8.

Col primo motivo del ricorso principale viene denunciato il vizio di omessa pronuncia o di
carenza di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di pronunciare (o pronunciato
implicitamente e quindi immotivatamente in senso negativo) in ordine alla censura di mancata
specificazione dei motivi dell’appello principale dell’INPS e di quello incidentale delle altre
amministrazioni.

9.

Col secondo motivo, le ricorrenti denunciano la sussistenza di un vizio di motivazione e la
violazione del d.lgs. n. 96 del 1993, art. 14-bis (così come introdotto dal d.l. n. 355 del 1994 e
successivi dd.II. sino al di. n. 32 del 1995, convertito nella legge n. 104 del 1995), dell’art. 2033

dall’ambito di applicazione della disposizione di cui al citato art. 14 bis basandosi
sull’interpretazione letterale della norma; ad avviso della ricorrente l’applicazione del criterio
teleologico ed una interpretazione conforme alla Costituzione imponevano di ritenere
l’applicabilità del beneficio della restituzione dei contributi eccedenti a beneficio di tutto il
personale transitato alle dipendenze del Ministero e che ha optato di non mantenere la
posizione pensionistica di provenienza. Sotto quest’ultimo profilo deduce che erroneamente la
Corte territoriale aveva rigettato l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma
suddetta.
10. Col ricorso incidentale condizionato l’INPS deduce il difetto di giurisdizione dell’AGO, in
ragione del fatto che, non investendo la controversia un distinto ed autonomo rapporto
assicurativo, ma avendo ad oggetto un’obbligazione di natura sostanzialmente retributiva,
inerente al rapporto di pubblico impiego con l’ente di provenienza, essa apparterrebbe alla
giurisdizione del giudice amministrativo.
11. Il primo motivo del ricorso principale deve essere rigettato. Esso è argomentato unicamente
col richiamo a principi sempre ribaditi dalla giurisprudenza in ordine alla necessaria specificità
dei motivi di appello e con l’affermazione che gli appellanti (sia il principale che gli incidentali)
non si sarebbero attenuti a tali principi, per non aver dedotto carenze di motivazione o
illogicità nel ragionamento del giudice di primo grado. Tali censure vengono peraltro svolte
senza riprodurre i motivi di appello pretesamente carenti o almeno riassumerne il contenuto,
così violando il parametro dell’autosufficienza e quindi della specificità del ricorso per
cassazione. In ogni caso, si rileva che la specificità, o meno, di un motivo di appello si misura
con riferimento al capo della sentenza che pretende di impugnare, sicché quando la
controversia, come nel caso in esame, riguardi esclusivamente l’interpretazione di una norma
di legge (i fatti essendo pacifici tra le parti), non esiste un problema di vizio di motivazione (che
attiene ad un giudizio della sentenza sul fatto) da denunciare e il contrasto con la pronuncia
impugnata può ben esprimersi col ribadire e argomentare la diversa interpretazione della
norma di legge invocata.
12. Per quanto concerne il secondo motivo del ricorso principale deve rilevarsi che su tale
questione questa Corte ha già espresso un orientamento costante (Cass. 27 maggio 2010 n.
12959; Cass. 9 dicembre 2010 n. 24909; Cass. ord. 29 dicembre 2011 n. 29910; Cass. S.U. 31
ottobre 2012 n. 18702 e, da ultimo, Cass. 12 aprile 2013 n. 8926) e tale orientamento deve
essere in questa sede pienamente ribadito.
13. Deve premettersi (sul punto si richiamano le considerazioni contenute nella sentenza da
ultimo citata) che, a seguito della soppressione dell’AGENSUD a decorrere dal 1 maggio 1993, il
d.lgs. n. 96 del 1993, in attuazione della delega contenuta nella legge n. 488 del 1992, aveva
stabilito (art. 14) la cessazione dei rapporti di lavoro col personale dipendente alla data del 12
ottobre 1993 e la possibilità per tale personale di chiedere, entro il medesimo termine,
l’assunzione presso varie Amministrazioni pubbliche, con l’assegnazione di una qualifica
corrispondente a quelle attribuita in precedenza, il collocamento in soprannumero nella
posizione iniziale della nuova qualifica e un trattamento economico che tenesse conto
dell’anzianità pregressa. Era poi succeduta, nella materia, l’emanazione di una serie di decreti
legge non convertiti, fino alla sistemazione definitiva avvenuta col d.l. n. 32 del 1995,
4

cod. civ. (di cui l’art. 14-bis, comma 4, prima citato costituisce applicazione) e dell’art. 12
preleggi.
Deducono che erroneamente la Corte territoriale ha escluso la De Nuntiis

convertito nella legge n. 104 del 1995, che aveva fatto salvi gli effetti dei precedenti decreti
non convertiti.
14. Le maggiori novità, per quanto rileva in questa sede, sono contenute nell’art. 14-bis – da tali
decreti legge introdotto nel corpo dell’originario d.lgs. n. 96 del 1993 e poi reiterato nei
successivi – il quale prevedeva che, entro il 31 luglio 1994, il personale assunto presso una P.A.,
anche se cessato volontariamente dopo il 13 ottobre 1993, poteva alternativamente optare: a)
per la liquidazione del trattamento di fine rapporto costituito presso l’INA e per la definizione
della posizione pensionistica già costituita al 12 ottobre 1993 o, se più favorevole, alla data del
31 luglio 1994 (da erogare alla fine del rapporto con l’Amministrazione di destinazione) e
l’instaurazione dal giorno successivo, 13 ottobre 1993, anche ai fini previdenziali e di
amministrazioni assegnatarie, con la qualifica attribuita e computando ai soli fini della
progressione economica l’anzianità di qualifica precedente; b) per il ricongiungimento ai fini
previdenziali dei servizi precedenti al 13 ottobre a quelli decorrenti da tale data, con diritto ad
uno stipendio iniziale della qualifica attribuita, incrementato di un importo corrispondente ai
bienni di anzianità dell’ultima qualifica rivestita e valutata ai fini dell’inquadramento oltre ad
un assegno personale assorbibile pari alla differenza tra la nuova retribuzione e lo stipendio già
percepito presso l’Agenzia, ma non superiore a 1.500.000 lire lorde mensili. Infine (comma 4),
il personale cessato dopo la data del 13 ottobre 1993 e prima della data del 9 febbraio 1995,
che non avesse optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza come era stato consentito dai d.l. n. 285 del 1993, d.l. n. 403 del 1993, d.l. n. 506 del 1993, d.l.
n. 95 del 1994, d.l. n. 228 del 1994 con domanda da presentare entro il 30 giugno 1994 -, era
prevista la possibilità di chiedere la restituzione dei contributi versati e non utili per la
ricongiunzione presso l’INPDAI.
15. Sul piano della interpretazione della legge, le ricorrenti sostengono che la Corte territoriale si
sarebbe attenuta al mero tenore letterale della norma indicata, senza contrastare in maniera
specifica le diverse argomentazioni svolte dal giudice di primo grado con riguardo ad essa, che
aveva lo scopo di predisporre una disciplina speciale per una situazione eccezionale e che va
interpretata in modo conforme alla Costituzione. Solo ad una lettura meramente testuale, tale
norma sembrerebbe, secondo la ricorrente, limitare ingiustificatamente e quindi in violazione
degli artt. 3, 36, 38 e 97 Cost., il beneficio della restituzione dei contributi eccedenti
unicamente ai dipendenti cessati tra il 13 ottobre 1993 e il 9 febbraio 1995, che non avessero
optato entro il 31 luglio 1994 per il mantenimento della posizione pensionistica di
provenienza; tale norma, infatti, letta in maniera costituzionalmente corretta, consentirebbe
di estendere a tutto il personale transitato alle dipendenze del Ministero e che aveva optato di
non mantenere la posizione pensionistica di provenienza il diritto alla restituzione delle
eccedenze contributive. La situazione del personale cessato tra il 13 ottobre 1993 e il 9
febbraio 1995 non sarebbe infatti più svantaggiata di quella di coloro che dopo tale ultima
data hanno continuato il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione, ogni gruppo di ex
dipendenti Agensud avendo dovuto sopportare sacrifici in ragione delle scelte diversificate
operate, scelte del resto sostanzialmente obbligate dal diversificato possesso dei requisiti per il
pensionamento esistente al momento della soppressione della Agensud; per cui sarebbe
errata una interpretazione della norma di legge nel senso di limitare ingiustificatamente il
diritto alla restituzione dei contributi versati in passato e non utilizzati nel passaggio di regime
al solo personale esplicitamente considerato nella stessa. In particolare, il fatto che dalla
ricongiunzione prevista dall’art. 14-bis per i dipendenti della soppressa Agensud che avessero
optato, come la ricorrente, per il trattamento di cui alla lett. b) del primo comma non derivi un
sistema pensionistico migliore, sarebbe stato parzialmente compensato dal legislatore col
richiamo della L. n. 29 del 1979, art. 6 (automatismo e gratuità della ricongiunzione) anche con
riguardo al caso Agensud (che pure non era una pubblica amministrazione) e con la previsione
al comma 4, medesimo art. 14-bis della restituzione agli assicurati dei contributi non più utili ai
fini pensionistici. Una diversa interpretazione della norma citata ne determinerebbe

5

maturazione dell’indennità di buonuscita, di un nuovo rapporto di lavoro con le

17.

18.
19.

20.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna le ricorrenti
principali al pagamento, nei confronti di ciascuno dei controricorrenti costituiti, delle spese di questo
giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.800,00 per compensi professionali, oltre spese
generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2014.

16.

l’incostituzionalità in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. e la ricorrente, per tale evenienza, ha
posto la relativa questione di costituzionalità.
La tesi delle ricorrenti volta a sostenere la pretesa di vedere applicata nei suoi confronti la
norma di cui al dl. n. 32 del 1995, art. 14 bis, comma 4 bis, riguardante letteralmente il solo
personale cessato dal 13 ottobre 1993 al 9 febbraio 1995, non optante per il mantenimento
della posizione pensionistica di provenienza è del tutto infondata alla luce del costante
orientamento di questa Corte di legittimità (cfr. giurisprudenza prima citata), maturato
nell’esame di casi analoghi al presente, che esclude l’applicabilità della norma sulla
restituzione dei contributi non utilizzati per il ricongiungimento a soggetti diversi da quelli
esplicitamente menzionati dal quarto comma dell’art. 14-bis citato; del resto l’esame delle
censure in proposito svolte dalla ricorrente alla decisione impugnata non offre elementi
sufficienti a mutare o comunque rivalutare tale orientamento, che il collegio condivide e al
quale intende assicurare continuità.
È stato infatti efficacemente rilevato che il tenore letterale della disposizione indicata esprime
un significato evidente e che essa presenta carattere eccezionale e quindi è di stretta
interpretazione, in ragione del fatto che la regola, nell’ambito del sistema previdenziale
generale obbligatorio, è piuttosto quella della solidarietà ex art. 38 Cost., la quale porta ad
escludere in via di principio la necessaria restituzione dei contributi legittimamente versati ma
inutilizzabili per la maturazione del diritto a pensione (cfr. anche Cass. 29 ottobre 2001 n.
13382 e Corte Cost. sent. 31 luglio 2000 n. 404). È stato poi aggiunto che la disposizione in
esame non appare irragionevole o discriminatoria, in quanto, in un quadro di riferimento di
scelte liberamente assunte in relazione a situazioni possibilmente diversificate sul piano
oggettivo (cfr., al riguardo, Corte Cost. sent. n. 219 del 1998), compensa in qualche modo la
posizione sfavorevole in cui si sono venuti a trovare soggetti che, sul piano del trattamento
previdenziale, non fruiscono dei vantaggi riconosciuti dalla medesima legge al personale
cessato definitivamente alla data del 12 ottobre 1993 e non possono vantare prospettive di
consolidamento e sviluppo nel tempo del nuovo assetto del rapporto previdenziale, come
coloro, che proseguono il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione oltre la data
indicata del 9 febbraio 1995.
In base alle considerazioni svolte il ricorso principale va pertanto respinto.
In relazione al rigetto del ricorso principale deve essere ritenuto assorbito quello incidentale,
che, considerato l’esito del ricorso principale, non può essere infatti esaminato in quanto ha
natura di ricorso condizionato essendo stato proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel
giudizio di appello (Cass. S.U. 25 marzo 2013 n. 7381).
In applicazione del criterio della soccombenza sostanziale le ricorrenti devono essere
condannate alla rifusione delle spese di questo giudizio, liquidate in dispositivo, nei confronti
di ciascuno dei contro ricorrenti costituiti

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