Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16752 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 03/05/2016, dep. 09/08/2016), n.16752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17816-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MATERA, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

A.M., E.B. SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 157/2010 della COMM.TRIB.REG. DELLA

BASILICATA, depositata il 30/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del 1 e del 2 motivo

del ricorso, inammissibilità del 3.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. A seguito del decesso del contribuente fallito e dell’infruttuosa chiusura della procedura fallimentare l’ufficio di Matera dell’Agenzia delle Entrate faceva notificare ad A.M. nella sua qualità di erede del fallito una cartella di pagamento, recante l’intestazione ” A.G. c/o curatore fallimentare M.G.C.”, con cui reclamava l’adempimento del carico fiscale originato da tre diversi avvisi di rettifica già notificati al de cuius e divenuti nel frattempo definitivi.

La CTR Basilicata, attinta in appello dalla parte, con la sentenza in atti ha riformato il deliberato del primo giudice ritenendo che, in considerazione della reale consistenza e genesi del credito, l’impugnata cartella si appalesi “priva di una adeguata motivazione sufficiente a consentire l’esercizio del diritto di difesa da parte del destinatario”, atteso che per effetto della stessa sua intestazione essa lasciava intendere, contrariamente al vero, che “la procedura concorsuale fosse ancora in essere, di talchè il destinatario avrebbe potuto ritenersi estraneo alla pretesa erariale”. D’altro canto, ha osservato ancora il giudice d’appello, trovando giustificazione l’esercitata pretesa nell’infruttuosa escussione della massa, tale nuova legittimazione ad agire in via esecutiva doveva “emergere in via autonoma dalla cartella che deve indicare nella parte motiva l’iter seguito per la soddisfazione del credito erariale, senza che tale obbligo possa essere integrato successivamente in sede contenziosa”. E ciò perchè, come per tutti gli atti tributari anche la cartella “deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche” che giustificano la pretesa erariale in essa contenuta.

Avverso detta sentenza promuove ora l’odierno ricorso l’Agenzia delle Entrate sula base di tre motivi a cui non ha inteso replicare la parte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia impugnante lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. poichè, sebbene la parte avesse dedotto il difetto di motivazione della cartella impugnata perchè, facendo essa riferimento ad altri atti, questi non erano stati allegati, la CTR ha incentrato la propria decisione “soffermandosi non su tale vizio di motivazione per relationem, bensì sulla circostanza che la cartella non contenesse le ragioni di fatto e di diritto idonee a fondare la pretesa erariale e a garantire il diritto di difesa del contribuente”, in tal modo basandosi su argomentazioni mai prospettate dalla parte “e rese pertanto ultrapetita”.

2.2. Il motivo è infondato.

Premesso che secondo il costante indirizzo seguito da questa Corte, il vizio in parola ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” e “causa petendi”) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (18868/15; 17041/15; 455/11), nella specie la denunciata violazione processuale è del tutto insussistente atteso che la parte impugnando la cartella aveva chiesto che ne fosse dichiarato l’annullamento e a tanto si è attenuto il giudice d’appello all’atto di accogliere il gravame e di dichiarare la nullità dell’atto impugnato avanti a sè, a nulla rilevando, sotto lo specifico profilo della denunciata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che a ciò il giudice d’appello sia pervenuto sulla base di un libero apprezzamento dei fatti di causa.

3.1. Il secondo motivo del ricorso erariale allega, a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 e della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3, e L. n. 241 del 1990, art. 21 octies in quanto la CTR, fondando la propria decisione sulla convinzione che la cartella deve indicare i presupposti fattuali e giuridici della pretesa, “ha completamente ignorato la fondamentale circostanza che la cartella di pagamento è un titolo esecutivo contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo”, sicchè non si tratta di un atto che deve contenere a pena di nullità una idonea motivazione.

3.2. Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già chiarito che l’obbligo di motivazione della cartella di pagamento, fermo che può essere assolto anche per relationem mediante il rinvio ad un atto presupposto del quale siano indicati gli estremi identificativi, sussiste solo allorchè la cartella sia il primo atto notificato al contribuente con il quale venga portata a conoscenza del medesimo la pretesa che il fisco intende esercitare nei suoi confronti (SS.UU. 11722/10), sicchè l’obbligo in parola non sussiste quando, come nella specie, la cartella faccia seguito a pregressi atti impositivi portati debitamente a conoscenza del contribuente e divenuti definitivi in quanto dal medesimo non opposti nei termini.

4.1. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia si duole, a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 2 e art. 36, avendo la sentenza omesso “di valutare le domande ed eccezioni proposte dall’ufficio”, giacchè di esse non vi è alcun riferimento in motivazione, sicchè “non si comprendono le ragioni del loro mancato accoglimento”.

4.2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Va infatti ricordato che è stabile convinzione della giurisprudenza di questa Corte che, affinchè il lamentato vizio possa dedursi in sede di legittimità quale errore processuale della sentenza impugnata, è necessario per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze, tradotte in conclusione specifica, siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi (25299/14; 21226/10; 6361/07).

Nella specie la formulata doglianza è, sotto il rilevato profilo, reiteratamente manchevole, posto che l’allegazione compendia in modo generico l’indicazione delle domande ed eccezioni sottoposte al giudice del merito, omette di trascriverne o di riprodurne il contenuto e non indica il quomodo ed il quando della loro avvenuta proposizione.

5. Va dunque accolto il solo secondo motivo di ricorso e, previa perciò cassazione della sentenza impugnata, la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 mediante il rigetto del ricorso introduttivo.

6. Le spese seguono la soccombenza in questo giudizio, mentre possono essere integralmente compensate per i gradi di merito, essendosi chiarito il punto di diritto concernente la motivazione delle cartelle successivamente alla proposizione del gravame.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione,

rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara inammissibile il terzo; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo; condanna parte intimata al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2500,00, oltre eventuali spese prenotate a debito ed eventuali accessori e compensa le spese di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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