Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16750 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. I, 16/07/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 16/07/2010), n.16750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G. (C.F. (OMISSIS)), F.P. (C.F.

(OMISSIS)), F.V. (C.F. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE 28, presso l’avvocato

ORLANDO GUIDO, rappresentati e difesi dagli avvocati ARIZZI DOMENICO,

RIZZO ANTONINO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI FIUMEFREDDO DI SICILIA (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FARO FRANCESCO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 330/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato D. ARIZZI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato F. FARO che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato l’8 gennaio 1990 i sigg. F. G., F.P. e F.V. convenivano dinanzi al Tribunale di Catania i comune di Fiumefreddo di Sicilia per sentirlo condannare al risarcimento del danno da occupazione acquisitiva del loro terreno per la realizzazione di una strada e di un parco comunale.

Esponevano che il comune, dopo aver occupato d’urgenza il fondo, non aveva emesso il decreto d’esproprio, ne’ corrisposto le dovute indennita’.

Costituitosi ritualmente, il comune di Fiumefreddo eccepiva la prescrizione del credito.

In accoglimento della predetta eccezione, il Tribunale di Catania con sentenza 6 giugno 1990 rigettava la domanda, con condanna degli attori alla rifusione delle spese di lite.

Proposto gravame, la Corte d’appello di Catania, dopo l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare l’epoca dell’irreversibile trasformazione dei suoli oggetto di occupazione ed il loro valore di mercato, rigettava l’impugnazione, compensando tra le parti le spese del grado di giudizio.

MOTIVAVA:

– che la causa petendi della domanda consisteva nell’accessione invertita, in presenza peraltro di una efficace dichiarazione di pubblica utilita’ delle opere da realizzare;

– che in sede di appello, gli attori avevano invece allegato la mancanza, nella dichiarazione di pubblica utilita’, dell’indicazione dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori e delle procedure espropriativa: circostanza, non presa in esame dal primo giudice, perche’ tardivamente prospettata solo in comparsa conclusionale;

– che, alla luce della nuova configurazione, la fattispecie era stata quindi riqualificata dagli appellanti come occupazione usurpativa:

con la conseguenza che la prescrizione non sarebbe piu’ decorsa dalla data di irreversibile trasformazione dell’area, ne’ maturata, quindi, al momento dell’edictio actionis;

– che peraltro il predetto mutamento della causa petendi e del petitum originari era inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., anche nel testo previgente alla Novella n. 353/1990, data la diversita’ dei presupposti di fatto posti a fondamento della pretesa risarcitoria in primo e secondo grado e la diversa entita’ del risarcimento: richiesto, ora, in misura pari al valore del fondo, ex art. 2043 cod. civile, e non piu’ secondo i criteri di cui alla L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis, comma 7 bis;

– che a fortiori inammissibile, per novita’, era l’affermazione che le aree occupate per la realizzazione del parco comunale non avessero subito, in realta’, alcuna radicale trasformazione, tale da renderne impossibile la restituzione al privato.

Avverso la sentenza, notificata il 27 settembre 2004, proponevano ricorso per cassazione i signori F., notificato il 26 novembre 2004 articolato in sei motivi.

Deducevano:

1) la violazione all’art. 345 c.p.c.;

2) la violazione dell’art. 24 Cost., art. 2907 cod. civ. e artt. 99 e 115 cod. proc. civ. nell’erronea identificazione della domanda giudiziale effettivamente proposta;

3) la violazione dell’art. 1. Protocollo 1 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e dell’art. 112 c.p.c., nonche’ la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta fattispecie della occupazione acquisitiva;

4) la violazione dell’art. 42 Cost., comma 3, e dell’art. 2041 c.c. e segg. dell’art. 112 c.p.c., nonche’ la carenza di motivazione nel mancato riconoscimento del diritto di far valere in via cumulativa, pur se gradata, la domanda di pagamento dell’indennita’ di espropriazione e di arricchimento senza causa.

5) la violazione delle norme in tema di prescrizione, dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. nonche’ la carenza di motivazione in ordine all’eccezione di prescrizione, che non poteva essere rilevata d’ufficio, cosi’ come la controeccezione di interruzione della prescrizione.

6) la violazione “del sistema, di natura pretoria, che regola l’acquisizione della proprieta’ alla Pubblica amministrazione, pur in difetto di valida espropriazione”, nonche’ la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e la carenza di motivazione perche’ la regolamentazione legislativa del fenomeno dell’occupazione acquisitiva risaliva al 1992, e quindi in epoca successiva ai fatti di causa, cosi’ come l’elaborazione giurisprudenziale in materia.

Il comune di Fiumefreddo resisteva con controricorso, ulteriormente illustrato con successiva memoria.

All’udienza del 13 maggio 2010 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce la violazione all’art. 345 cod. proc. civ.. Il motivo e’ inammissibile per assoluta genericita’.

Nella parte argomentativa, dopo essersi diffusi a illustrare i limiti ai proprio diritto di difesa che sarebbero discesi dall’interruzione prematura della fase istruttoria, in primo grado, per effetto dell’immediata rimessione della causa al collegio sull’eccezione di prescrizione, sollevata dal comune, i ricorrenti si sono limitati a sostenere l’inapplicabilita’ dei divieti posti dall’art. 345 cod. proc. civ., in mancanza “di un giudicato da preservare e di una istruttoria da non stravolgere, con la proposizione di questioni non prospettate dinanzi ai giudici di primo grado”.

Si tratta di una censura del tutto vaga, che neppure rende esplicito, al di la’ della richiesta conclusiva di cassazione della sentenza, quale sia il concreto principio di diritto cui si dovrebbe attenere il giudice del rinvio.

Con il secondo motivo si censura la violazione di legge nella ritenuta preclusione della modificazione e precisazione della domanda, che non costituirebbero, nella specie, inammissibile mutatio libelli, stante l’identita’ dei fatti posti a base della pretesa risarcitoria.

Il motivo e’ fondato.

Occorre premettere, in sede dogmatica, che costituisce domanda nuova, improponibile in appello, la deduzione di una nuova causa petendi, fondata sulla prospettazione di nuove circostanze di fatto produttive del diritto fatto valere in giudizio; introduttiva, in tal modo, nel processo, di un nuovo tema di indagine.

Tale inammissibile mutatio libelli si verifica, in tema di diritti di credito -per loro natura eterodeterminati – allorche’ il petitum, originariamente ancorato ad un fatto specifico, venga poi ricollegato ad una diversa genesi epifenomenica, in nessun modo identificabile con la primitiva narratio. In tali casi, infatti, l’evento storico allegato non costituisce solo prova del diritto, ma anche suo fondamento giuridico e concorre, quindi, all’identificazione della domanda.

Nella specie, la pretesa risarcitoria vantata dai sigg. F. trae origine dall’occupazione e trasformazione irreversibile del fondo senza titolo: e cioe’, da una causa di estinzione del diritto di proprieta’ costituente illecito aquiliano. Il rilievo che sia stata qualificata dal Tribunale di Catania, in primo grado, come accessione invertita – con il conseguente accoglimento dell’eccezione di prescrizione quinquennale – non escludeva, peraltro, l’ammissibilita’ di un’eventuale riqualificazione officiosa in occupazione usurpativa, ove facesse effettivamente difetto una valida dichiarazione di pubblica utilita’; tenuto conto della formula del tutto generica adottata dalla parte in sede di prospettazione della domanda e riportata testualmente in sentenza (“Il comune di Fiumefreddo di Sicilia,, nonostante l’occupazione e la recente realizzazione di quelle opere, non aveva mai provveduto ad esperire la procedura per l’espropriazione definitiva”): prospettazione, limitata ad una descrizione del fatto storico, senza ulteriori precisazioni che vincolino l’interpretazione ad una particolare fattispecie genetica del credito (occupazione acquisitiva, piuttosto che usurpativa), precludendo in limine l’accertamento della reale natura dell’espropriazione.

Tanto piu’, che la differenza pratica tra le due forme di illecito si e’ pressoche’ dissolta dopo la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, commi 1 e 2 convertito in L. 8 agosto 1992, n. 359, per contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU e, quindi, per violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, nonche’, in via consequenziale, del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’:

Corte costituzionale, 24 ottobre 2007, n. 348 e n. 349).

Il ricorso dev’essere dunque accolto in parte qua, con rinvio alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, per un nuovo giudizio ed anche per il regolamento delle spese della presente fase di legittimita’; assorbite le restanti censure.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, assorbiti i residui;

cassa la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

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