Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16749 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 03/05/2016, dep. 09/08/2016), n.16749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20341/2010 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 2,

presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dagli avvocati DERAMO ANTONIO LEONARDO, SALVATORE DE METRIO,

con studio in BARI VIA CELENTANO 27 (avviso postale ex art. 135)

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 54/2009 della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA,

depositata il 14/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di G.S., esercente il commercio di autoveicoli, venne emesso sulla base di p.v.c. avviso di accertamento relativamente all’anno d’imposta 2003 per irregolare tenuta delle scritture contabili (annotazione di fatture attive senza applicazione dell’IVA in modo ordinario), omessa dichiarazione di elementi positivi di reddito (indebita riduzione del margine per un importo pari all’IVA esclusa) e contabilizzazione di elementi negativi di reddito indeducibili (fattura n. (OMISSIS) emessa da Atlantex Management Group, soggetto inesistente per avere cessato la propria attività in data 4 dicembre 2012 – facente parte di gruppo di società cartiere -, con indebita applicazione alla successiva rivendita del regime del margine). Il ricorso del contribuente venne disatteso dalla CTP. L’appello venne rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia sulla base della seguente motivazione.

La contestazione “non è di operazione inesistente perchè oggettivamente fittizia, ma di acquisto da soggetto fiscalmente inesistente, tale dovendosi considerare un operatore commerciale che già da alcuni mesi aveva cessato l’attività. La asserita buona fede del contribuente che, secondo quanto da lui dichiarato, avrebbe ignorato la avvenuta cessazione dell’attività da parte del suo fornitore straniero, non intacca il dato obiettivo della contabilizzazione di una fattura d’acquisto – con conseguente deduzione dell’IVA e del costo ad essa relativi – emessa da soggetto inesistente. Tali asserzioni di parte comunque non risultano suffragate, come rilevato dal giudice di prime cure, dalla esibizione, nel corso del processo tributario, di alcun documento attestante il regolamento della controversa fattura, tramite bonifico bancario o altro mezzo di pagamento, mentre, secondo consolidata giurisprudenza di Cassazione, allorchè al contribuente venga contestata l’inesistenza dell’operazione (a cui è assimilata l’ipotesi di acquisto da soggetto inesistente) a lui incombe l’onere di fornire la prova contraria”.

Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e/o art. 21, comma 7, e del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, comma 1, lett. a). Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 4 direttiva CEE n. 388 del 17 maggio 1977. Con il terzo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dei principi della buona fede e dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Con il quarto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c.. Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi del’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Osserva il ricorrente che l’operazione è avvenuta non con soggetto inesistente, ma solo con soggetto non più in possesso del numero di partita IVA: di qui la violazione della direttiva comunitaria. L’operatore estero aveva rappresentato l’effettiva (ed esistente) controparte dell’operazione e corrispondeva al soggetto indicato in fattura. Non si può imputare al ricorrente alcunchè se al momento dell’operazione di cui alla fattura n. (OMISSIS) egli non era a conoscenza del fatto che il cedente non era più in possesso di numero di partita IVA, avendo in precedenza acquisito le necessarie informazioni in ordine alla controparte e ricevuto altra fattura dal medesimo soggetto. L’onere della prova in ordine all’implicazione del ricorrente in una ipotesi di truffa commessa da Atlantex incombeva sull’Ufficio. Le operazioni di acquisto delle auto dalla Atlantex erano quindi effettivamente avvenute ed i costi non ammessi in deduzione erano stati effettivamente sopportati. La CTR incorre in contraddizione laddove dà atto dell’annotazione della fattura comportante la deduzione del costo ma poi parla di contabilizzazione di fattura inesistente.

I motivi sono inammissibili. Ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (fra le tante, da ultimo, Cass. 13 maggio 2015, n. 9828). Nel caso di specie ricorre la riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali.

In secondo luogo va rammentato che in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. 23 settembre 2011, n. 19443). Ai fini dell’ammissibilità del ricorso è necessario che la formulazione del motivo permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. 6 maggio 2015, n. 9100). I cinque motivi risultano articolati in modo unitario, con piena mescolanza di doglianze per violazione di legge e denunce di contraddittorietà della motivazione (peraltro il più delle volte con giustapposizione alla valutazione di merito del giudice tributario di altra valutazione delle circostanze di fatto e non quindi con denuncia di un effettivo vizio logico), senza che sia possibile l’esame separato delle censure.

PQM

La Corte dichiara inammissibile i motivi di ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 2.800,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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