Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16747 del 04/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 16747 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: SALVAGO SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 20262-2006 proposto da:
EUROPA VINI

S.R.L.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso

Data pubblicazione: 04/07/2013

l’avvocato FURITANO MARCELLO, rappresentata e
difesa dall’avvocato PENSABENE LIONTI SALVATORE,
2013

giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

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contro

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore

1

Generale pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E
DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE, che li rappresenta e difende
ope legis;
controricorrenti

avverso la sentenza n. 2303/2005 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 08/05/2013 dal Consigliere
Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato SALVATORE
PENSABENE LIONTI che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso (una volta valutati i
profili di inammissibilità).

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Svolgimento del processo
La Corte di appello di Roma,con sentenza del 23 maggio
2005,ha confermato quella del Tribunale in data 2 agosto
2001 che aveva respinto l’opposizione della soc.Europa

Vini contro l’ingiunzione del Ministero delle Finanze,di
pagamento della somma di £.2.017.893.200 per indebita
percezione di aiuto comunitario all’esportazione a carico
del FEOGA in relazione a 45 ettolitri di vino sfuso
ceduto con contratto del 25 ottobre 1993 alla soc.Almaco
di Skopje. Ha osservato al riguardo (per quanto qui
ancora interessa): a)che la sospensione cautelare
disposta dal TAR con ordinanza 4 dicembre 1998,dei
provvedimenti di rigetto, da parte del Ministero, dei
ricorsi gerarchici proposti dalla società contro le
richieste di restituzione del contributo formulate
dall’amministrazione,non impediva l’emissione
dell’ingiunzione,la cui efficacia restava subordinata
all’esito del giudizio davanti all’AGA; b)che la
ricorrente non aveva contestato l’accertata falsità della
documentazione (richiesta dalla normativa comunitaria per
la percezione dell’aiuto) attestante l’esportazione e
l’immissione in consumo del prodotto vinoso,in
Macedonia,per la quale soltanto era stato richiesto
l’aiuto;e che non risultavano infine documentate neppure

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con riguardo alla Slovenia ad opera della soc. Almaco,
peraltro soggetto diverso dalla soc.Europa Vini.
Quest’ultima, per la cassazione della sentenza ha
proposto ricorso per due motivi;cui resiste il Ministero
dell’Economia e delle Finanze con controricorso.

Motivi della decisione
Premesso che il ricorso è tempestivo perché l’opposizione
contro l’ingiunzione fiscale, di cui all’art. 3 del R.d.
14 aprile 1910 n. 639, non rientra fra i procedimenti
sottratti alla sospensione dei termini nel periodo
feriale, in quanto non è equiparabile all’opposizione
all’esecuzione, nè di per sè presenta il carattere
dell’urgenza (Cass.11258/1990;431/1980),la soc. Europa
Vini,con il primo motivo,deducendo violazione del
giudicato amministrativo insiste nell’assunto già
disatteso dalla sentenza impugnata: che avendo il TAR
con provvedimento del 4 dicembre 1998 disposto la
sospensione cautelare della decisione 3 settembre 1998
del Ministero delle Finanze di rigetto dei propri
ricorsi gerarchici limitatamente al disposto recupero
degli aiuti,i1 provvedimento di ingiunzione non avrebbe
più potuto essere emesso per mancanza di un credito certo
ed a maggior ragione esigibile:essendo stato l’atto di
recupero su cui era fondato dichiarato inefficace dal
giudice amministrativo.
Il motivo è infondato.
4

La società ricorrente ha riconosciuto che l’ingiunzione
fiscale opposta è stata emessa dal Ministero in data 28
ottobre 1998 e notificata il 13 novembre 1998 (pag.4
ric.),allorquando dunque era pienamente efficace il
provvedimento di restituzione dell’aiuto all’esportazione

del Ministero,notificato il 6 febbraio 1998,in data
antecedente all’ordinanza di sospensione del TAR,
pronunciata il 4 dicembre 1998; e non ha contestato che
dopo il provvedimento suddetto, il giudizio ha avuto esito
ad essa sfavorevole,perché concluso con declaratoria di
difetto di giurisdizione dell’a.g.a. (pag.11
controric.),e conseguente caducazione del provvedimento
cautelare.
Pertanto,i1 Collegio deve dare continuità alla propria
giurisprudenza del tutto consolidata secondo cui: a) il
provvedimento di sospensione dell’esecuzione dell’atto
amministrativo ha natura strumentale e funzione
cautelativa del tutto provvisoria, in quanto volto ad
evitare che la futura pronuncia del giudice possa restare
pregiudicata nel tempo necessario per ottenerla; b) la
disposta sospensione non fa,peraltro, venir meno l’atto
sospeso e nemmeno la sua validità, ne’ esercita una
funzione ripristinatoria della situazione precedente, ma
soltanto impedisce temporaneamente, e con efficacia “ex
nunc”, la possibilità di portare l’atto ad ulteriore
esecuzione; c) sicchè la stessa è destinata a perdere
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ogni efficacia e vigore a seguito della decisione con cui
si conclude il giudizio di fronte al giudice
amministrativo, nella quale essa rimane assorbita e
caducata con l’esaurimento della funzione cautelare che
la caratterizza (Cass.24305/2011;12051/2003;2499/2001).

tutela per ottenere dall’Amministrazione l’osservanza del

k

provvedimento di sospensione durante il periodo della sua
(temporanea) vigenza; ma tale tutela andava richiesta
allo stesso giudice che aveva pronunciato il
provvedimento cautelare: rientrando nella giurisdizione
del giudice amministrativo il potere di emanare,
nell’ambito del procedimento d’esecuzione della
precedente ordinanza di sospensione dell’esecuzione del
provvedimento impugnato, tutte le statuizioni
strumentalmente necessarie per la concreta realizzazione
degli effetti della pronuncia da eseguire (Cass. sez. un.
2149/2005;14018/199;Cons. St. 253/2001).
Una volta, poi, che l’ordinanza di sospensione è stata
travolta

sentenza

dalla

amministrativo

e

resa

definitiva
“tamquam

non

del

giudice

esset”,

provvedimenti del Ministero notificati alla società il 6
febbraio 1998 devono ritenersi legittimi ed efficaci ab
initio (legge 241/1990, art. 21 quater, comma l) ed
idonei ad attribuirgli il diritto a conseguire la
restituzione degli aiuti comunitari;per cui a maggior
6

Il che non significa che la società non avesse alcuna

ragione detta efficacia va riconosciuta all’ingiunzione
opposta che vi ha dato esecuzione e che non era stata
oggetto della menzionata sospensione.
Con il secondo motivo,la società deducendo violazione
degli art.17,18 e 20 Reg.CEE 3665/1987,nonché 2697 cod.

civ. censura la sentenza impugnata per non aver
considerato che in base alla menzionata normativa: a) il
diritto alla restituzione sussiste comunque allorchè il
prodotto sia esportato in un paese terzo ed ivi destinato
al consumo,con esclusione della sua reimportazione in
alcun paese comunitario; b) avendo essa società provato
tali condizioni ai fini dell’anticipazione,spettava
all’amministrazione documentare a sua volta che il vino
esportato era in qualche modo rientrato nella comunità
europea:anche per la sua qualità di attrice nel giudizio
di opposizione a decreto ingiuntivo; c) la giurisprudenza
della Corte di giustizia pone altresì a carico del
Ministero che l’aveva invocata,l’onere di fornire la
prova della pratica abusiva consumata da essa società:e
cioè della fuoriuscita meramente formale del prodotto dal
territorio comunitario.
Queste censure sono in parte inammissibili,in parte
infondate:inammissibili per novità delle relative
questioni,laddove la ricorrente prospetta i parametri di
calcolo delle restituzioni posti dall’art.20 del
Regolamento,peraltro ai soli fini dell’anticipazione,sia
7

pure per trarne le condizioni richieste per ottenere
l’aiuto. I relativi presupposti risultano invece indicati
dall’art.17 nell’avvenuta importazione del prodotto
“come tale nel paese terzo o in uno dei paesi terzi per i
quali è prevista la restituzione entro 12 mesi dalla data

di accettazione della dichiarazione d’esportazione”; e
con l’ulteriore prescrizione contenuta nel 3 0 comma che
“Il prodotto si considera importato quando sono state
espletate le formalità doganali di immissione in consumo
nel paese terzo” . Laddove il successivo art.18 non
soltanto pone a carico del richiedente la restituzione
“la prova dell’espletamento delle formalità doganali di
immissione in consumo”,ma detta prova consente
esclusivamente attraverso la presentazione della
documentazione specificamente individuata nei commi
successivi.
In ottemperanza a questa normativa la Corte di appello ha
accertato:A)che la società Europa Vini non aveva
presentato alcuno dei menzionati documenti che dovevano
attestare l’esportazione ed immissione in consumo del
vino per il quale aveva richiesto la restituzione in
Macedonia; che di contro il Ministero aveva fornito la
prova della falsità delle certificazioni in seguito alle
indagini della Polizia tributaria neppure contestate
dalla ricorrente; e che dalla documentazione della dogana
macedone risultava altresì che i quantitativi di vino
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erano

stati ivi importati “in regime di importazione

temporanea,senza immissione in consumo” (pag.9); B)che
l’esportazione era stata richiesta esclusivamente per la
Macedonia,e che comunque mancava la prova dell’immissione
in consumo nella Slovenia,sulla quale erano incentrate le

difese della società.
Pertanto, non avendo quest’ultima contestato alcuno di
detti accertamenti,diviene del tutto irrilevante la
disamina proposta in ordine all’esatta interpretazione
della normativa comunitaria onde ritenere sufficiente
l’immissione in consumo del prodotto per cui si chiede la
restituzione in qualsiasi paese terzo che ne escluda la
reintroduzione in quelli comunitari: una volta che la
sentenza impugnata ha altresì accertato che, pur in
quest’ultima

ipotesi

– a prescindere dalla non

corrispondenza della documentazione esibita dalla società
con quella richiesta dal menzionato art.18 Reg.resterebbe dimostrata l’immissione in consumo del vino ad
opera della società slovena Almako di Skopje mediante
cessione ad altra omonima società della Slovenia; e non
ad opera dell’Europa Vini,perciò anche in questo caso
priva di titolo a conseguire l’aiuto comunitario.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza

e si

liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

9

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società
ricorrente al pagamento delle spese processuali che
liquida in favore del Ministero in complessivi
20.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma 1’8 maggio 2013.

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