Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16745 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. III, 14/06/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 14/06/2021), n.16745

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 33867/2018 proposto da:

C.T., in proprio e quale erede di D.P.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avvocato

VINCENZO DEL DUCA, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA TERESA

CIOTTI;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, presso

l’avvocato ANGELO MANCUSO, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCIANO ZOMPARELLI;

– controricorrente –

nonchè

C.M. e C.G., quali eredi di

C.F. e Z.A.;

– intimati –

CI.AN. e C.P., quali eredi di C.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7163/2017 della CORTE D’APPELLO DI ROMA,

depositata in data 29/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/02/2021 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto, in tesi,

il rigetto del ricorso; in ipotesi, l’accoglimento del terzo motivo

di ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 29/11/2017, la Corte d’appello di Roma, decidendo quale giudice di rinvio (a seguito di cassazione pronunciata con sentenza del Supremo Collegio in data 19/10/2015 n. 21093), ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da Ci.Gi. per la pronuncia della risoluzione del contratto di locazione dallo stesso concluso, unitamente a C.S. e C.F. (tutti e tre quali contestuali locatori di tre distinti appezzamenti di terreno, ciascuno di proprietà esclusiva di ognuno di essi), con C.A. (unico conduttore dei ridetti appezzamenti, nell’occasione funzionalmente organizzati per la realizzazione di un unitario impianto di tiro al piattello), ovvero, in subordine per l’accertamento della cessazione del ridetto contratto per finita locazione.

2. A fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale ha rilevato come la questione concernente il preteso diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza, comunicato dal solo Ci.Gi. alla controparte, non potesse ritenersi validamente espresso, dovendo disconoscersi, in capo al singolo proprietario-locatore, il potere di manifestare il proprio diniego di rinnovo indipendentemente dalla volontà di tutti gli altri proprietari-locatori.

3. In breve, secondo la valutazione espressa dal giudice del rinvio, il contratto di locazione in esame era stato voluto dalle parti alla stregua di unico contratto, avente a oggetto un’unica res locata indivisibile (con esclusione del ricorso di una pluralità di contratti di locazione autonomamente stipulati), con il conseguente riconoscimento di uno specifico vincolo di indissolubilità del nuovo bene giuridico (composto dai tre appezzamenti di terreno integrati tra loro in termini funzionali), e la conseguente esclusione della legittimazione sostanziale di ciascun singolo locatore (senza la concorde partecipazione di tutti gli altri) a incidere sulla persistente efficacia del rapporto contrattuale; e ciò, tanto in relazione all’intero bene (funzionalmente ed economicamente indivisibile), quanto in relazione ai singoli terreni di proprietà esclusiva di ciascun locatore.

4. Sotto altro profilo, la corte territoriale ha rimarcato l’invalidità della comunicazione di diniego del rinnovo alla prima scadenza nella specie comunicato da Ci.Gi., essendosi quest’ultimo invalidamente riferito alla necessità di destinare i terreni di sua proprietà (a seguito del rilascio da parte del conduttore) all’esercizio, in proprio, dell’attività di “taglio e commercio di legnatico”: attività nella specie impraticabile su detti terreni, in conformità alla destinazione urbanistica sugli stessi impressa in sede amministrativa.

5. Da ultimo, secondo il giudice del rinvio, la comunicazione del diniego di rinnovo in esame neppure avrebbe potuto giustificare l’accertamento della cessazione della locazione alla seconda (successiva) scadenza, trattandosi, con riguardo alla rivendicazione di tale ultimo accertamento, di una domanda nuova, mai precedentemente proposta dall’originario ricorrente.

6. Avverso la sentenza d’appello, C.T., in proprio e quale erede di D.P.M. (entrambe già uniche eredi di Ci.Gi.), propongono ricorso per cassazione sulla base di sei motivi d’impugnazione.

7. C.A. resiste con controricorso.

8. Nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede.

9. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per iscritto, instando per il rigetto del ricorso, ovvero, in subordine, per l’accoglimento del terzo motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 29, nonchè per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente affermato l’invalidità della comunicazione del diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza da parte di Ci.Gi. in ragione del relativo difetto di serietà (attesa la concreta impraticabilità dell’attività dedotta in detta comunicazione, per ragioni di carattere amministrativo), dovendo ritenersi, da un lato, la mancata considerazione, da parte del giudice del rinvio, di tutte le indicazioni contenute in detta comunicazione (con particolare riguardo al riferimento all’attività di “pascolo” prospettata come destinata anch’essa ad essere svolta dal locatore a seguito del rilascio), e dovendo, dall’altro, denunciarsi il mancato esame, da parte del giudice del rinvio, di tutta la documentazione richiamata in ordine alla parziale destinazione a bosco dei fondi locati, nonchè dell’oggettiva attuabilità dell’intento prospettato dal locatore, una volta munitosi delle necessarie autorizzazioni amministrative.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., per avere la Corte d’appello di Roma erroneamente omesso di rilevare la tardività dell’eccezione avanzata dal conduttore, circa l’effettiva serietà dell’intento del locatore di utilizzare in proprio i fondi concessi in locazione, non potendo ritenersi, come rilevato dal giudice a quo, che la necessità della contestazione di detta serietà fosse sorta solo all’esito del giudizio di cassazione, essendosi viceversa il locatore ripetutamente riferito, nel corso del giudizio di merito, alle proprie esigenze connesse al diniego di rinnovo alla prima scadenza, senza alcuna presa di posizione, o alcun genere di contestazione, ad opera di controparte, con la conseguente inammissibilità di detta eccezione, siccome tardiva (ai sensi dell’art. 394 c.p.c.).

3. Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 29,artt. 1324 e 1424 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che la domanda di accertamento della cessazione del contratto alla scadenza successiva alla prima fosse stata proposta per la prima volta in sede di rinvio, avendo la stessa Corte di cassazione, nel corso del giudizio di legittimità, esaminato, al fine di ritenerlo inammissibile per carenza di interesse, il motivo connesso alla corrispondente questione dedotta in giudizio; questione sulla quale, conseguentemente, il giudice del rinvio avrebbe dovuto pronunciarsi nel merito.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto di poter decidere nel merito la questione concernente la legittimazione del singolo locatore a comunicare il diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza, laddove tale questione doveva ritenersi ormai definitivamente irretrattabile, avendo costituito un (seppur implicito) passaggio logico-giuridico indispensabile della decisione del giudice di legittimità nella parte in cui, in accoglimento del secondo motivo del ricorso, ha ritenuto necessario procedere, in sede di rinvio, all’esame della serietà di detto diniego di rinnovo, con il conseguente implicito riconoscimento (come tale non più discutibile, in sede di rinvio, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2) della legittimazione del singolo locatore a provvedervi utilmente anche senza la partecipazione degli altri locatori.

5. Con il quinto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè delle norme in materia di comunione, e per vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso che il singolo locatore potesse direttamente agire nei rapporti con il conduttore anche a nome degli altri locatori, in assenza di alcuna opposizione degli stessi, come specificamente avvenuto nel caso di specie.

6. Il quarto e il quinto motivo sono infondati, con il conseguente assorbimento della rilevanza dell’esame dei primi tre motivi d’impugnazione.

7. Con riguardo all’esame del quarto motivo d’impugnazione, osserva il Collegio come, nel pronunciarsi ad esito della fase di legittimità svoltasi nel corso dell’odierno giudizio (sentenza del 19/10/2015 n. 21093), la Corte di cassazione abbia contenuto la propria statuizione (in relazione al punto qui dedotto) all’affermazione dell’insussistenza, a carico della (prima) sentenza d’appello, del vizio di omessa pronuncia in relazione alla questione della legittimazione del singolo locatore a impedire il rinnovo del contratto di locazione alla prima scadenza; e tanto, sul presupposto che la corte d’appello si era limitata a ritenere detta questione “assorbita” dalla “più liquida” ragione dell’inidoneità della comunicazione del diniego di rinnovo alla prima scadenza per difetto di idonea giustificazione.

8. In tal senso, una volta annullata la decisione d’appello su tale ultimo punto (e restituito, quindi, al giudice del rinvio il compito di provvedere sulla decisione dell’intero gravame proposto avverso la sentenza di primo grado), la questione (originariamente ritenuta assorbita) della legittimazione del singolo locatore a impedire il rinnovo del contratto di locazione alla prima scadenza doveva ritenersi ancora del tutto impregiudicata, con la conseguente piena legittimazione del giudice del rinvio a trattarne nel merito, come ritualmente avvenuto nel caso di specie.

9. Ciò posto – così pervenendo all’esame del quinto motivo d’impugnazione – varrà preliminarmente osservare come l’odierna ricorrente abbia del tutto omesso di specificare i criteri di ermeneutica negoziale che sarebbero stati eventualmente violati dal giudice del rinvio nell’interpretare, secondo i termini di una relazione strutturalmente unitaria non gestibile singolarmente da un unico locatore, il rapporto giuridico originariamente intercorso tra tutte le parti dell’operazione negoziale dedotta in giudizio, nonchè nell’interpretare la configurazione economico-giuridica del bene concesso in godimento nella sua complessiva e unificata articolazione funzionale.

10. Tale premessa, nella misura in cui esclude l’avvenuta rituale contestazione in sede di legittimità dell’interpretazione negoziale del rapporto controverso (e del bene complesso concesso in godimento), rende non più controvertibile quanto affermato dal giudice del rinvio su tali specifici punti, non essendo consentita, dinanzi alla Corte di legittimità, la riproposizione, in chiave di censura critica, delle valutazioni discrezionali fatte proprie dal giudice del merito in relazione alla lettura di circostanze di fatto o di dichiarazioni negoziali concretamente condotte al relativo esame.

11. Fermo tale presupposto qualificatorio, la censura secondo cui la corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la legittimazione del singolo locatore ad agire direttamente nei rapporti con il conduttore anche a nome degli altri locatori in assenza di alcuna opposizione degli stessi., deve ritenersi radicalmente infondata, dovendo rimarcarsi il decisivo rilievo della circostanza – espressamente sottolineata dal giudice del rinvio (cfr. pag. 7) – secondo cui lo stesso Ci.Gi. ebbe a manifestare la propria intenzione di impedire il rinnovo del contratto alla prima scadenza agendo unicamente in qualità di proprietario della porzione dell’immobile di sua pertinenza; con la conseguente esclusione, proprio in forza della stessa volontà del C., che possa essersi nella specie verificata l’occorrenza qui pretesa dalla ricorrente: ossia l’avere il C. agito anche in nome e per conto degli altri locatori, avendo, tutto al contrario, lo stesso C. espressamente inteso agire nel proprio esclusivo interesse e in relazione al solo terreno di sua proprietà.

12. Con il sesto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte d’appello erroneamente provveduto alla liquidazione delle spese del giudizio, con particolare riferimento alle spese del giudizio di legittimità conclusosi con l’accoglimento delle ragioni dell’odierna ricorrente.

13. Il motivo è infondato.

14. Osserva al riguardo il Collegio come, nel pronunciare sul punto concernente la regolazione delle spese del giudizio, la corte territoriale si sia correttamente allineata al consolidato principio, affermato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse, e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, dovendo essere riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte, poi soccombente, abbia conseguito un esito a lei favorevole.

15. Ciò posto, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite; e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017, Rv. 645187 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 406 del 11/01/2008, Rv. 601214) delle altre cause legittimanti.

16. Sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata l’infondatezza del quarto, del quinto e del sesto motivo, (assorbiti il primo, il secondo e il terzo), dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

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