Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16741 del 06/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 06/08/2020), n.16741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19121/2015, promosso da:

M.L., in proprio e quale liquidatore della “Veloce” società

cooperativa in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avv.

Riccardo Romanazzi del foro di Monza;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 12/2015 della Commissione

Tributaria Regionale della Lombardia depositata il 12 gennaio 2015,

avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per I.RE.S.,

I.V.A. I.R.A.P. e altro 2007 della Direzione Provinciale

dell’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS).

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

con l’accertamento sopradetto l’Agenzia delle Entrate ha contestato alla Veloce Società Cooperativa in liquidazione, l’indeducibilità di costi e l’indetraibilità dell’i.v.a. connessi a prestazioni, ritenute inesistenti, fatturate, per l’importo complessivo di Euro 1.474.700,00, dalla ditta individuale “L&S – Servizi Generali di S.L. nel corso dell’esercizio fiscale 2007;

che la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha annullato l’accertamento ritenendo non adeguatamente provata l’inesistenza delle operazioni, alla luce delle fatture e degli assegni corrispondenti prodotti;

che la Commissione Tributaria Regionale, su appello dell’Agenzia, ha riformato la sentenza di primo grado e validato l’accertamento ritenendo probante – e non inficiato dagli argomenti solo discorsivi dei contribuenti – il quadro indiziario costituito dal fatto che trattavasi di ditta individuale, priva di struttura aziendale e di dipendenti, evasore totale sin dal 2003, nonchè dall’assenza di qualunque contratto;

che ricorre per la cassazione di questa sentenza, per quattro motivi, la Veloce Società Cooperativa, in liquidazione, in persona del liquidatore, M.L., anche in proprio;

che l’Agenzia resiste con controricorso;

che per la trattazione è stata fissata l’adunanza in camera di consiglio del 5 novembre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. n. 168 del 2016.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I ricorrenti, premessa l’assoluzione del M. – con la formula “perchè il fatto non sussiste” – dal reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, comma 1 e 2, intervenuta con sentenza 20.6.2015, domandano la cassazione della sentenza sopra indicata deducendo:

1) “Violazione e falsa applicazione del contenuto normativo del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, e del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, nonchè degli artt. 2727,2729 c.c., come costantemente interpretato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, che integrano l’ipotesi del motivo di ricorso disciplinato dall’art. 360 c.p.c., n. 3”;

2) “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, nonchè dell’art. 2697 c.c., con conseguente violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., come costantemente interpretato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, che integrano l’ipotesi del motivo di ricorso disciplinato dall’art. 360 c.p.c., n. 3”;

3) “Motivazione apparente e obbiettivamente contraddittoria e incomprensibile su un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti, mancanza di motivazione per omessa valutazione della documentazione prodotta dalla difesa dall’odierna ricorrente, riguardante un punto decisivo della controversia, con conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c., e art. 111 Cost., integrante l’ipotesi del motivo previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5”;

4), in via subordinata, “Violazione e falsa applicazione limitatamente del disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, con conseguente falsa applicazione delle norme di cui il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e 40, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, che integra la parziale violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3”;

I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, in quanto attengono entrambi alla motivazione degli accertamenti tributari, alla disciplina delle presunzioni e ai principi di distribuzione dell’onere della prova, sono entrambi inammissibili.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d), e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, seconda parte, prevedono che l’Ufficio può dedurre l’esistenza di attività dichiarate, l’inesistenza di attività dichiarate, le omissioni o le false o inesatte indicazioni sulla base di presunzioni semplici purchè, come previsto in generale dall’art. 2729 c.c., queste siano gravi, precise e concordanti. E’ insegnamento comune che la “precisione” va riferita al fatto noto (indizio) che costituisce il punto di partenza dell’inferenza e postula che esso non sia vago, ma ben determinato nella sua realtà storica; la “gravità” va ricollegata al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d’esperienza adottata, è possibile desumere da quello noto; la “concordanza” richiede che il fatto ignoto sia, di regola, desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, dovendosi tuttavia precisare, al riguardo, che tale ultimo requisito è prescritto esclusivamente nell’ipotesi di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi (Cass., 2482/’19; Cass., 15454/’19). E’ implicito e connaturato alla natura delle presunzioni che ciascuno di questi requisiti debba essere verificato e ritenuto al confronto della diversa chiave di lettura che l’indizio (fatto noto) dà il controinteressato (in questo caso il contribuente). Orbene, in questo caso, la Commissione Tributaria Regionale ha correttamente valutato il quadro indiziario nel suo insieme (Cass., 18822/’18; Cass., 9059/’18) e ritenuto inidonei ad inficiarlo gli argomenti difensivi opposti dai contribuenti e in questa sede ribaditi (“il fatturato de “la Veloce” accertato nell’ammontare di Euro 2.045.730,00 per l’anno 2007, non avrebbe mai potuto essere conseguito da un’azienda che opera esclusivamente nel settore “della manovalanza” senza “quei” costi, ossia l’ausilio dell’operato dei dipendenti (diretti o meno) della “ditta S.”; la “ditta S.”, sarebbe stata priva delle risorse per consentire materialmente lo svolgimento delle operazioni oggetto delle fatture contestate, non tenendo conto che queste consistevano semplicemente nell’inviare presso le aziende di trasporto, clienti de “la Veloce”, manodopera non specializzata, in prevalenza extracomunitari; la “ditta S.”, non aveva alcun collaboratore regolarmente assunto, non considerando che tale circostanza per senso comune significa semplicemente che i lavoratori sono pagati in nero per risparmio dei contributi; l’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS) aveva riconosciuto l’effettività dei rapporti intrattenuti dalla “ditta S.” con alcune società siciliane; per l’appalto di servizi l’atto scritto non è richiesto nè ad substantiam, nè ad probationem; l’argomento secondo cui l’avvenuto pagamento delle prestazioni a mezzo dell’incasso degli assegni, prodotti dal contribuente in copia autentica, sarebbe tipico del meccanismo fraudolento delle operazioni inesistenti, stante la possibilità di una contestuale restituzione delle somme, realizzava una praesumptio de praesumpto) con una valutazione esente da contraddizioni e vizi logici e in questa sede insindacabile. Trattandosi di motivi che puntano a una nuova valutazione delle risultanze probatorie, sono inammissibili.

Il terzo motivo è parimenti inammissibile.

Con esso il contribuente denuncia, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’assenza di motivazione della sentenza alla luce del parametro del “minimo costituzionale garantito” di cui in Cass., sez. un., n. 8053/’14, rilevando l’omessa lettura di documenti prodotti, qui non ulteriormente specificati nè illustrati nella loro influenza sulla decisione assunta, e ignorando che il fatto cui fa riferimento il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è un fatto storico e non un elemento di prova. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., 27415/’18). In ogni caso, il motivo è generico, confusamente esposto e in ultima analisi pressochè totalmente avulso dal parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (…mancanza di motivazione per omessa valutazione della documentazione prodotta dalla difesa dall’odierna ricorrente, riguardante un punto decisivo della controversia, con conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c., e art. 111 Cost., integrante l’ipotesi del motivo previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5… manca infatti qualsiasi cenno all’iter argomentativo attraverso il quale è pervenuta a ritenere provata la pretesa dell’Agenzia delle Entrate, facendo ricorso a meri indizi, ritenendo erroneamente che essi consistono, come abbiamo detto, nell’esporre le difese sul primo motivo di ricorso, in presunzioni che, tuttavia, non hanno il carattere della gravità e della precisione richiesti dall’art. 2729 c.p.c., e soprattutto in quanto tra loro non concordanti e di equivoco significato… La Commissione non ha d’altronde esaminato la documentazione prodotta dalla difesa riguardante le scritture contabili della società, escludendone il decisivo valore probatorio facendo ricorso a un ragionamento capzioso costituente a suo avviso altra inammissibile presunzione. Non ha infine tenuto nel dovuto conto la buona fede del contribuente, che era del tutto ignaro del comportamento illecito della “ditta S.” e nè poteva facilmente conoscerlo pur avendo adottato le ordinarie precauzioni, del tutto adeguate al tipo di rapporto commerciale, per i motivi già dedotti nelle premesse e con il primo motivo di ricorso…”; su quest’ultimo punto, peraltro, la Commissione Tributaria Regionale si è esplicitamente espressa).

Anche il quarto motivo è inammissibile.

Con esso sostanzialmente il ricorrente si duole del fatto che i costi di mano d’opera, quantunque soggettivamente non imputabili alla L&S Logistica Aziendale, erano stati documentalmente provati e che quindi la Commissione Tributaria Regionale avrebbe dovuto sancirne la deducibilità ai fini i.r.pe.f..

In realtà la Commissione Tributaria Regionale ha escluso che i costi potessero essere ritenuti solo soggettivamente inesistenti sia perchè molte fatture erano troppo generiche, sia perchè in alcuni casi il pagamento risultava effettuato in contanti, così da dubitare esplicitamente della loro inerenza.

Anche in questo caso il motivo punta ad introdurre una inammissibile rivalutazione delle risultanze probatorie. Ne consegue il rigetto del primo e la condanna dei ricorrenti, soccombenti, alle spese del giudizio e liquida come in dispositivo.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2020

 

 

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