Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16737 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 16/07/2010), n.16737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, corso Trieste,

n. 95, presso l’Avvocato Cimmino Andrea, che lo rappresenta e difende

per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello

Stato, che la rappresenta e difende secondo la legge;

– controricorrente –

con intervento del Ministero dell’economia e delle finanze: avverso

la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia,

n. 82/47/05, depositata il 13.1.2006, notificata il 13.4.2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 16.6.2010;

dal relatore Cons. Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio;

Udito, per il ricorrente, l’Avvocato Andrea Cimmino;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Il signor M.G. ricorre, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe che, accogliendo l’appello dell’ufficio, riforma integralmente quella n. 96/40/01 della commissione tributaria provinciale di Milano, con cui era stato accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso, notificato il 25.10.1999, derogazione di sanzioni per complessive L. 17.740.000, conseguente ad indagini bancarie dalle quali l’ufficio aveva desunto un’evasione dell’IRPEF e del contributo per il servizio sanitario nazionale con riferimento alla dichiarazione dei redditi per il 1993.

1.2.- L’agenzia delle entrate ed il ministero dell’economia e delle finanze resistono mediante controricorso.

2.- Questione pregiudiziale.

2.1.- Il controricorso proposto dal ministero dell’economia e delle finanze e’ inammissibile, poiche’ tale amministrazione – cui e’ succeduta l’agenzia delle entrate a far data dal 1.1.2001 – non fu parte nel giudizio d’appello, introdotto con atto d’impugnazione depositato il 6.5.2002, proposto dall’ufficio di Milano (OMISSIS) di detta agenzia (Cass. n. 9004/2007). Peraltro, il ricorrente per cassazione ha agito nei soli confronti dell’agenzia e non ha preso conclusioni nei riguardi del ministero.

3.- Motivi del ricorso.

3.1.- Il contribuente censura la sentenza impugnata in base ai seguenti cinque motivi:

3.1.1.- violazione e falsa applicazione D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, artt. 57 e 72; del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 4, 11, 12 e 52; degli articoli 81, 82, 83 e 324 c.p.c.; dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 3 preleggi; per non avere dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’ufficio Milano (OMISSIS) dell’agenzia delle entrate, in quanto sottoscritto per delega dal capo team legale, soggetto non legittimato e sprovvisto della necessaria assistenza tecnica in giudizio;

3.1.2.- violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dei principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio; degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23;

assoluta carenza o insufficienza della motivazione, con riferimento alla qualita’ di attore sostanziale dell’amministrazione finanziaria ed alla conseguente soccombenza di essa, non del contribuente, per mancata prova della pretesa fiscale, non potendo trarsi la conclusione contraria dalla mancata costituzione in giudizio di esso appellato;

3.1.3.- violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 243, art. 3; della L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 1 e 7; del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23; carenza, incongruita’ e contraddittorieta’ della motivazione, con riferimento alla nullita’ dell’avviso, motivato in relazione al processo verbale di constatazione, non notificato ad esso contribuente e non prodotto in giudizio, e ad altro verbale del tutto sconosciuto;

3.1.4.- violazione e falsa applicazione delle stesse norme menzionate nel motivo precedente e degli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 Cost.;

carenza, incongruita’ e contraddittorieta’ della motivazione, ancora con riferimento alla non rilevata nullita’ dell’atto impositivo, per la ragione detta; in subordine, rilevanza e non manifesta infondatezza dell’eccezione d’incostituzionalita’ delle norme richiamate, contenute nello ‘statuto del contribuente e costituenti principi generali dell’ordinamento tributario, in quanto siano ritenute non applicabili al caso perche’ entrate in vigore posteriormente alla notifica dell’avviso;

3.1.5.- violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., per avere condannato esso contribuente al pagamento anche degli onorari di avvocato, anziche’ delle sole spese vive, essendosi difesa l’amministrazione a mezzo di proprio funzionario.

4.- Decisione.

4.1.- I motivi del ricorso sono infondati o inammissibili, per le ragioni di seguito espresse, e il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

5.- Motivi della decisione.

5.1.- Il primo motivo di ricorso (par. 3.1.1) e’ infondato.

5.1.1.- Il D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, art. 1 nel trasferire alle agenzie fiscali, istituite dal medesimo testo di legge, “i rapporti giuridici, poteri e competenze” degli ex dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di altri uffici del ministero dell’economia e delle finanze, sicuramente comprende non solo la capacita’ degli uffici di tali agenzie di essere parte, come gia’ lo erano gli uffici ministeriali (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10), nel processo dinanzi alle commissioni tributarie, ma anche il potere di stare in giudizio direttamente (D.Lgs. cit., art. 11, comma 2) a mezzo del direttore o di altra persona preposta al reparto competente, come il capo team legale (Cass. nn. 874/2009, 6338/2008, 11454/2005), senza bisogno di assistenza da parte di un difensore abilitato (successivo art. 12, comma 1), non avendo le agenzie fiscali l’obbligo, ma soltanto la facolta’, di avvalersi del patrocinio dell’avvocatura dello Stato (D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 72).

5.1.2.- Per tale ragione, l’appello dell’agenzia, sottoscritto per delega (del direttore) dal funzionario preposto al settore legale dell’ufficio competente, era perfettamente valido ed ammissibile;

dovendosi peraltro presumere, fino a prova del contrario, mancante nella specie, che l’atto provenga da tale ufficio e ne esprima la volonta’ (in generale, e in casi analoghi, Cass. nn. 13908/2008, 9600/2007, 12768/2006).

5.2.- Il secondo motivo di ricorso (par. 3.1.2) e’ parimenti infondato.

5.2.1.- Il ricorrente sostiene (ricorso, pagg. 1 – 2) di avere impugnato l’atto di cui si discute, davanti alla commissione provinciale, “deducendo che l’accertamento operato dall’Amministrazione finanziaria era arbitrario, generico e non dettagliato e che, comunque, egli aveva fornito puntuali spiegazioni in merito ai movimenti bancari contestatigli i quali (movimenti), peraltro, avevano ad oggetto i suoi conti correnti personali e non quelli dell’azienda”.

La commissione regionale giudica che il suddetto ricorso era incardinato “su contestazioni generiche che non sono mai state sufficientemente sviluppate con argomentazioni suffragate da prove documentali atte a confutare l’accertamento”.

5.2.2.- Col motivo di ricorso ora in esame, il contribuente lamenta l’indebita inversione dell’onere della prova stante che, nel processo tributario, attore in senso sostanziale e’ l’amministrazione fiscale.

Tale affermazione, teoricamente esatta, non e’ idonea a scalfire il giudizio surriferito della commissione regionale. La prova a favore dell’ufficio consiste, infatti, nella presunzione legale (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2) che assiste i risultati delle indagini bancarie; sui quali risultati, come lo stesso ricorrente riconosce, si fonda l’accertamento.

Per conseguenza, spettava al contribuente dimostrare di aver tenuto conto dei movimenti di denaro risultanti dai conti correnti bancari per la determinazione del reddito soggetto ad imposta, ovvero che questi non avevano rilevanza, allo stesso fine(Cass. nn. 11750/2008, 7766/2008, 430/2008, 14675/2006, 4601/2002).

5.2.3.- E’ quindi conforme al diritto l’accoglimento dell’appello erariale, fondato sulla constatazione che il contribuente, a fronte della suddetta presunzione legale, si era limitato a generiche contestazioni, non suffragate da alcuna prova idonea a confutarla.

Anche la censura in esame, infatti, e’ generica poiche’, oltre a lamentare un’inesistente inversione indebita dell’onere della prova, non deduce di aver provato in modo puntuale e specifico o analitico (Cass. nn. 2752/2009, 13819/2007) che i movimenti bancari riscontrati non si riferivano ad operazioni influenti sull’imponibile; ne’ trascrive tali prove nel ricorso, in omaggio al principio di autosufficienza di esso.

5.2.4.- Il ricorrente, peraltro, ha ragione di sottolineare che la mancata costituzione nel giudizio d’appello non comporta, di per se’, acquiescenza alla pretesa fiscale. Ma la contraria affermazione contenuta nella sentenza impugnata da correggere sul punto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, — e’ di carattere ultroneo rispetto alla motivazione, corretta e sufficiente, sopra riferita, secondo la quale le generiche contestazioni del contribuente non sono idonee a confutare un accertamento condotto sulla base d’indagini bancarie.

5.3.- Il terzo ed il quarto motivo (par. 3.1,3 e 3.1.4), relativi alla pretesa nullita’ dell’atto impositivo per difetto di motivazione, con subordinata eccezione d’incostituzionalita’ delle norme astrattamente applicabili in materia, sono inammissibili.

5.3.1.- In realta’, la sentenza impugnata – salvo il fugace accenno al fatto che il contribuente avrebbe sottoscritto il verbale di constatazione e che comunque lo conosceva, per averlo citato nei suoi scritti difensivi – non contiene alcuna pronunzia espressa in merito alla validita’ dell’avviso sotto il profilo della motivazione, pur essendo tale opinione implicita quale presupposto logico della pronunzia nel merito.

5.3.2.- D’altra parte, nel giudizio d’appello, in cui l’appellato rimase contumace, certo non furono riproposte eccezioni eventualmente assorbite nella pronunzia di primo grado, che aveva accolto il ricorso non per il preteso difetto di motivazione dell’avviso, bensi’, come riferisce lo stesso ricorrente (ricorso, pag. 2), perche’ i “fatti specifici attribuiti al contribuente” erano “generici e mancanti di dettagli” , e perche’ non erano state prese in considerazione le giustificazioni da lui espresse a verbale.

La mancata riproposizione dell’eccezione in appello comporta quindi la rinuncia ad essa (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56; 346 c.p.c.) e la conseguente formazione del giudicato interno sull’argomento (Cass. n. 1545/2007), anche se la parte vittoriosa in primo grado non sia costituita in appello (Cass. nn. 23489/2007, 10236/2007, 9217/2007, 19555/2006, 7316/2003). Pertanto, i motivi di ricorso con cui la stessa questione e’ proposta in cassazione sono inammissibili e l’eccezione d’incostituzionalita’ diviene manifestamente irrilevante.

5.4.- Il quinto motivo (par. 3.1.5) e’ infondato.

5.4.1.- Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2 bis (introdotto dal D.L. 8 agosto 1996, n. 437, art. 12, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 24 ottobre 1996, n. 556) prevede che, allorquando l’amministrazione delle finanze – oggi l’agenzia fiscale, per le ragioni dette al par. 5.1.1 – sia rappresentata nel processo tributario da un proprio funzionario, o l’ente locale da un proprio dipendente, a questi debba applicarsi la tariffa forense, “con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti”; si ritengono dovuti anche i diritti (Cass. n. 15858/2001).

5.4.2.- La censura, pertanto, deve essere disattesa, sia perche’ non sussiste la lamentata violazione di legge sia per genericita’, in quanto non si deduce che il giudicante a quo non abbia operato la prevista riduzione del venti per cento sugli onorari ne’ che le spese vive e i diritti fossero di ammontare inferiore a quello liquidato in sentenza.

6.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, nei confronti dell’agenzia delle entrate, delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.200,00 (milleduecento/00), di cui Euro 1.00,00 (mille/00) per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile – tributaria, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

 

 

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