Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16737 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 18/04/2016, dep. 09/08/2016), n.16737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14569-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DEPURECO SPA in persona del Presidente del C.d.A. e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA

CAMERINO 15, presso lo studio dell’avvocato ROMOLO GIUSEPPE

CIPRIANI, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE BIA giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/2009 della COMM.TRIB.REG. della Puglia,

depositata il 06/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/04/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il controricorrente l’Avvocato DELL’ATTI per delega

dell’Avvocato BIA che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la CTR Puglia ha respinto l’appello dell’ufficio avvero la sentenza di primo grado che aveva annullato la cartella di pagamento notificata alla parte ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis in difetto del preventivo invio dell’avviso bonario.

La CTR, rigettando il gravame, ha confermato di ritenere che “la cartella esattoriale non preceduta dal cosiddetto avviso bonario, è nulla, così come è nulla la iscrizione a ruolo per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, e L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5”. “In ogni caso” – ha conclusivamente osservato – sono fondate le eccezioni sollevate dalla difesa della parte in ordine “sia alla formazione del giudicato interno che alla inammissibilità ed improcedibilità” dell’appello.

Per la cassazione di detta sentenza l’Agenzia ricorrente si avvale di un motivo di ricorso, al quale replica la parte con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e L. n. 212 del 2000, art. 6 in quanto, nel motivare l’annullamento della cartella impugnata con riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, i giudici di appello “hanno falsamente applicato la norma medesima, poichè hanno omesso di considerare un decisivo inciso contenuto nel comma stesso è cioè che la procedura ivi prevista è valida “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, nella specie palesemente insussistenti in quanto la liquidazione era avvenuta sulla base degli stessi dati contabili indicati in dichiarazione dal contribuente”.

2.2. Il ricorso – in disparte dalle eccezioni fatte valere dalla controricorrente – è affetto da pregiudiziale inammissibilità poichè l’unico motivo che lo sostanzia non esaurisce tutte le rationes decidendi sviluppate a supporto della decisione impugnata.

Invero, l’impianto motivazionale che sorregge la sentenza d’appello, per come si apprende da una piana lettura di essa, si snoda lungo un itinerario argomentativo che abbraccia svariate questioni e si riflette, sotto il profilo decisionale in una pluralità, di dicta che l’odierna ricorrente non censura nella loro totalità.

2.3. Ma valga il vero. La CTR ha respinto il gravame erariale rilevandola) che la cartella esattoriale non preceduta dal cosiddetto avviso bonario) “è nulla” per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5; ha poi dato atto (b) di ritenere fondate le altre eccezioni sollevate dalla contribuente in ordine: b1) “alla “formazione del giudicato interno”; b2) “alla inammissibilità”; b3) “all’improcedibilità” dell’appello proposto dall’amministrazione.

Ora, con l’unico motivo del proprio ricorso l’Agenzia impugnante ricorrente ha inteso sottoporre a critica la statuizione sub (a), assumendo la sua contrarietà alla legge in quanto la sanzione della nullità in caso di mancato inoltro della comunicazione di irregolarità è prevista dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, solo se in sede di controllo della dichiarazione emergano incertezze su aspetti rilevanti di essa, ma si è astenuta dal formulare analoga critica in ordine alle altre ragioni addotte dalla CTR a fondamento del proprio deliberato, atteso che su di esse il ricorso non spende neppure una parola.

2.4. Ciò porta il collegio a dare ingresso nella specie alla nota giurisprudenza di questa Corte – che ha riscosso pure l’avvallo anche delle SS.UU. (7931/13; 17662/13) – secondo il quale quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perchè possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite rationes, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate. Ne consegue che, rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni a sostegno della sentenza impugnata, sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta (12372/06).

3. In difetto dunque di impugnazione di tutte le diverse rationes che sorreggono la decisione, il ricorso va necessariamente respinto.

4. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 6000,00 di cui Euro 300,00 per spese vive, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 18 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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