Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16736 del 06/08/2020

Cassazione civile sez. I, 06/08/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 06/08/2020), n.16736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Cristina – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20392/2017 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via Ulpiano

29, presso lo studio dell’avvocato Fabrizio Brochiero Magrone, che

la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all’Avvocato

Stefano Caroli, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.N.A., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

CANCELLERIA civile della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, e

rappresentato e difeso dall’Avvocato Vincenzo Caracciolo, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cronol. 930/2017 del Giudice Tutelare presso il

Tribunale di Rimini, depositato il 17/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/07/2020 dal cons. IOFRIDA GIULIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

DE RENZIS Luisa, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine per l’infondatezza del primo motivo e la fondatezza del

secondo motivo;

udito, per la ricorrente, l’avvocato Brochiero Magrone che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso, riportandosi agli atti e

dichiarando che il controricorrente G. è nelle more del

giudizio deceduto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Bologna, con decreto n. 930/2017, depositato in data 17/2/2017, ha respinto il reclamo di G.M. avverso la decisione del Giudice tutelare di diniego all’apertura di un’amministrazione di sostegno nei confronti di G.N..

Il giudice tutelare, in difetto di alcuna patologia fisica o psicofisica, prospettata nel ricorso della figlia, del genitore amministrando, idonea ad incidere sulla sua capacità di autodeterminazione, all’esito di esame diretto del G., giustificandosi le sue intemperanze con il contesto giudiziario e con il conflitto famigliare insorto a causa di interessi patrimoniali e del nuovo rapporto coniugale del medesimo.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il reclamo della G., hanno sostenuto che mentre alcun documento sanitario idoneo era stato prodotto dalla ricorrente-reclamante, era stato prodotto ex adverso un certificato medico di tenore opposto, attestante la pienezza delle facoltà cognitive e volitive dell’amministrando, senza necessità di approfondimenti istruttori; alla luce di tali considerazioni, ad avviso della Corte andava altresì confermato lo provvedimento di condanna della ricorrente per lite temeraria.

Avverso la suddetta pronuncia, G.M. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di G.N.A. (che resiste con controricorso). Con ordinanza interlocutoria n. 2565/2020, il procedimento, all’esito di documenti depositati dalla ricorrente unitamente alla memoria ex art. 378 c.p.c., è stato rimesso dalla Sezione Sesta Prima alla Sezione Semplice in pubblica udienza. La ricorrente ha depositato ulteriore memoria, con documenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 404 e 407 c.c., per non avere la Corte d’appello ritenuto necessario disporre un approfondimento diagnostico sulla persona dell’amministrando, confermando la ricostruzione del quadro clinico effettuata dal giudice tutelare unicamente sulla base di una certificazione del medico curante, malgrado i gravi episodi di violenza narrati in ricorso; con il secondo motivo, si denuncia poi la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, degli artt. 91 e 96 c.p.c., in punto di condanna alle spese, disposta in primo e secondo grado.

2. Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, non essendo stata disposta con il decreto impugnato l’apertura dell’amministrazione di sostegno.

3. Con la memoria ex art. 380 bis c.p.c., la ricorrente ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari in un procedimento penale a carico di C.M., moglie del G., per i delitti di circonvenzione di incapace e di maltrattamenti, con due perizie espletate nel gennaio – febbraio 2019 su incarico del PM (dalle quali emergerebbe che il G., persona offesa, verserebbe in stato di infermità e deficienza psichica rilevante ai fini di cui all’art. 643 c.p.). Con la memoria del 6/7/2020, la ricorrente ha depositato il decreto che ha disposto il rinvio a giudizio di C.M. ed un decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno del 20/11/2019 del Tribunale di Rimini, con nomina di un amministratore, motivato sull’incapacità del G. di provvedere alla cura dei propri interessi.

4. Preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente, è infondata.

Il decreto della Corte d’appello che nega l’apertura dell’Amministrazione di sostegno non può che essere considerato alla stregua del decreto di apertura dell’amministrazione, e quest’ultimo, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (Cass., n. 10187 del 2011; Cass. n. 13747 del 2011; cfr. Cass. 9839/2018 e Cass. 10187/2018: “In tema di amministrazione di sostegno, solo i provvedimenti a carattere decisorio che la dispongono, o revocano, sono suscettibili di sindacato in sede di legittimità, e non anche i provvedimenti di designazione o sostituzione dell’amministratore, in quanto aventi natura amministrativa e gestoria”), deve ritenersi senz’altro ricorribile per Cassazione, ai sensi dell’art. 720 bis c.c..

Il principio di diritto (“Il decreto della corte d’appello che nega l’apertura dell’amministrazione di sostegno è ricorribile per cassazione”) è stato già affermato espressamente nel precedente n. 14983/2016 di questa Corte (conf. Cass. 12998/2019).

5. Tanto premesso, la prima censura, implicante esclusivamente un vizio di violazione di legge, è inammissibile.

In materia di amministrazione di sostegno l’art. 407 c.c. prevede che il giudice tutelare, assunte le necessarie informazioni d’ufficio e sentiti i soggetti di cui all’art. 406 c.c., disponga, anche d’ufficio, “gli accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi utili ai fini della decisione”.

Nella specie, è pacifico che il giudizio espresso dal giudice tutelare sulla pienezza delle facoltà cognitive e volitive dell’amministrando si sia fondato principalmente sull’esame diretto del G. (padre della ricorrente), oltre che su di una certificazione del medico di base, prodotta dallo stesso amministrando, di segno contrario alle allegazioni della ricorrente, senza alcuna necessità di ulteriore approfondimento istruttorio.

Ora, a fronte dell’apprezzamento del giudice di merito, la ricorrente si limita, in ricorso, a lamentare la mancata indagine di natura medico-specialistica, a fronte di allegati episodi di violenza verbale e fisica del beneficiario del sostegno; peraltro, come indicato dalla stessa ricorrente, il giudice tutelare aveva sollecitato il deposito di documentazione medica pubblica attestante le condizioni di salute del medesimo.

Si osserva quindi, da un lato, che il giudizio sulla necessità ed utilità di farvi ricorso e, quindi, sulla deduzione del fatto posto a fondamento della domanda e sull’indispensabilità dell’intervento del consulente per le sue cognizioni tecniche, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, il cui esercizio si sottrae al sindacato di legittimità anche quando difetti un’espressa motivazione al riguardo, dovendo ritenersi implicita nell’ammissione del mezzo istruttorio la valutazione della sua opportunità (Cass. 27002/2005; Casss.11143/2003); ne consegue che, quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è sindacabile in sede di legittimità sotto l’anzidetto profilo (Cass. n. 72 2011, Cass. n. 4853 del 2007); nè viene denunciato, nella specie, un vizio motivazionale, nell’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. in tema di mancata ammissione di consulenza tecnica ed obbligo di motivazione Cass. 7472/2017 e Cass. 17399/2015).

Dall’altro lato, se è vero che la natura tendenzialmente inquisitoria del procedimento in esame (in correlazione ai connessi profili pubblicistici che esso tende ad assolvere) non è condizionata dalle richieste probatorie di parte, ben potendo il giudice, una volta depositato il ricorso, procedere ex officio all’accertamento della situazione di non autonomia del beneficiario in funzione protettiva dell’essere umano in condizioni di disagio, privo di autonomia e bisognoso di tutela civilistica, tuttavia, nella specie, non risulta che vi sia stata una totale carenza di istruttoria officiosa ed il ricorso risulta anche del tutto generico sui fatti allegati nel merito dalla parte che chiedeva l’apertura della procedura di sostegno.

Peraltro, la doglianza si rivela anche inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto, dalla stessa documentazione prodotta dalla ricorrente unitamente alle memorie depositate (a prescindere dai profili di inammissibilità ai sensi dell’art. 372 c.p.c.), si evince che, nel 2019, l’amministrazione di sostegno del beneficiario è stata poi effettivamente aperta dal Tribunale di Rimini.

7. Il secondo motivo è invece fondato.

In generale, l’art. 96 c.p.c., nei suoi tre commi, disciplina la responsabilità per i danni causati dall’attività di parte in qualsiasi tipo di processo: non soltanto nei processi cognitivi, cautelari ed esecutivi, ma anche nei procedimenti di volontaria giurisdizione (Cass. 1251/1974).

La ricorrente afferma, del tutto tautologicamente, che la condanna per lite temeraria non poteva essere irrogata in mancanza di espletamento della chiesta consulenza tecnica medico-legale al fine di accertare l’effettivo possesso delle facoltà psichiche in capo al G..

Il che non è corretto in quanto la condanna per la responsabilità processuale aggravata di cui all’art. 96 c.p.c., comma 3, è conseguita alla soccombenza nel giudizio ed all’accertamento di un fatto illecito, qual è l'”abuso del processo”, per aver agito in giudizio pretestuosamente.

Risulta, tuttavia, fondata la denuncia di carenza in concreto dei presupposti per la disposta condanna, nella specie essenzialmente rinvenuta dal giudice di merito nella sola carente allegazione di supporto documentale per la richiesta di apertura di una procedura di amministrazione di sostegno; come rilevato anche dal PG, la condanna per temerarietà è stata quindi pronunciata senza effettivi elementi di supporto.

8. Per tutto quanto sopra esposto, dichiarato inammissibile il primo motivo, va accolto il secondo motivo, con cassazione, sul punto, del decreto impugnato e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori elementi fattuali, va respinta la domanda di condanna della G. per lite temeraria.

In considerazione dell’oggetto del contendere e di tutte le peculiarità della vicenda processuale, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali del giudizio.

PQM

La Corte, dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, con cassazione, sul punto, del decreto impugnato e, decidendo nel merito, respinge la domanda di condanna della G. per lite temeraria; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali del giudizio.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2020

 

 

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