Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16735 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 18/04/2016, dep. 09/08/2016), n.16735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7553-2010 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. VICO 22,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO SIGNORELLO, che lo rappresenta

e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI NOTO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 64/2009 della COMM.TRIB.REG della Sicilia,

SEZ. DIST. DI SIRACUSA, depositata il 09/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/04/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

accoglimento del 1 motivo di ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. C.C., già raggiunto da un avviso di accertamento per attività non dichiarate, ricorre a questa Corte avverso la sentenza in data 9.2.2009 con la quale la CTR Sicilia, in parziale accoglimento dell’appello erariale, ha provveduto a riformare la decisione di primo grado, integralmente favorevole al contribuente, e a rideterminare l’imponibile evaso secondo la valuta del tempo in Lire 13.000.000.

Il giudice d’appello, respinta l’eccezione di giudicato opposta dal contribuente, in quanto “i motivi di appello vanno riferiti esplicitamente allo statuito difetto di motivazione”, ha osservato che dal dettaglio delle singole somme che compongono il maggior imponibile portato in accertamento è rilevabile che “alcuni importi non sono da assoggettare a recupero ad imposizione perchè possono essere giustificati, atteso che i versamenti eseguiti sui conti correnti trovano riscontro nelle operazioni già fatturate e quindi già assoggettate ad imposta, mentre altri non si prestano a tale riscontro”. Sono perciò fondate riguardo ad essi le argomentazioni addotte dall’ufficio, posto che tali rilievi “acquisiscono la forza di presunzioni legali che ammettono prova contraria”, a fronte delle quali tuttavia il contribuente “non ha fornito alcuna prova”, limitandosi soltanto ad argomentare l’illegittimità del recupero senza però dimostrarla.

Per la cassazione di detta sentenza, il C. si affida a sei motivi di ricorso. ai quali non ha inteso replicare l’erario.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con il primo motivo di ricorso il C. si duole per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, della violazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, dal momento che, sebbene l’Agenzia non avesse appellato il capo della decisione di primo grado che aveva accolto l’eccepito difetto di motivazione dell’atto impugnato, il giudice di secondo grado, contrariamente a quanto statuito, “avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello proposto, essendosi formato il giudicato sul punto e non spiegando alcun effetto devolutivo proposto rispetto agli altri capi della sentenza e non a quello preliminare ed assorbente rappresentato dal difetto di motivazione”.

2.2. Il motivo è infondato.

Invero, in disparte da ogni rilievo in punto di autosufficienza del motivo, atteso che la parte, disattendendo il precetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, ha omesso di riprodurre nei suoi esatti termini i motivi dell’appello erariale, consta dalla piana lettura della sentenza impugnata che anche il capo della decisione relativa all’eccepito difetto di motivazione dell’atto impositivo abbia costituito oggetto di impugnazione, avendo la CTR statuito, con giudizio di fatto che non si presta a revisione in questa sede nei termini del formulato motivo di ricorso, che “i motivi di appello vanno riferiti esplicitamente allo statuito difetto di motivazione”, onde rettamente il giudice di seconde cure, sulla base del premesso giudizio di fatto, ha disatteso la formulata eccezione di giudicato.

3.1. Con il secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, svolti tutti a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il C. lamenta il vizio di motivazione in cui l’impugnata sentenza è caduta nel ritenere che l’appello abbia spiegato “effetto devolutivo” anche in ordine al capo relativo al difetto di motivazione, senza tuttavia spiegare da quali espressioni letterali utilizzate nel relativo atto fosse possibile dedurre un effetto siffatto (secondo motivo); e nel ritenere, altresì, la legittimità dell’atto impugnato, malgrado se ne fosse eccepita l’irregolarità per la mancata allegazione sia della richiesta che del provvedimento di autorizzazione alle indagini bancarie, essendosi il giudice d’appello astenuto dall’offrire “alcuna motivazione al riguardo”, essendo rimasto il motivo di cui sopra “totalmente” ignorato (terzo motivo); malgrado se ne fosse eccepita l’infondatezza in difetto di ulteriori riscontri a conforto delle risultanze bancarie, essendosi limitato il giudice d’appello a ribadire l’efficacia di presunzione legale di queste ultime, senza tuttavia “spiegare le ragioni per le quali agli stessi va attribuito tale carattere pur in assenza di ulteriori elementi indiziari, gravi precisi e concordanti” (quarto motivo); malgrado se ne fosse eccepita l’irregolarità per mancata attivazione del contraddittorio, punto su cui “il giudice del gravame non offre alcuna motivazione”, ignorandolo totalmente (quinto motivo); e malgrado se ne fosse eccepita ancora l’infondatezza riguardo alla ripresa a tassazione dei compensi, di cui si era dedotta la riscossione nell’anno precedente, essendosi al riguardo il giudice d’appello limitato “ad esprimere un giudizio di improbabilità’, senza adeguatamente motivare il fatto che il contribuente non avesse effettuato in relazione a detti compensi alcun versamento nell’anno di competenza (sesto motivo).

3.2. Tutti i rassegnati motivi sono inammissibili per difetto di sintesi.

Previamente ricordato che la specie soggiace ratione temporis al vigore dell’art. 360 bis c.p.c., è noto infatti che, secondo lo stabile insegnamento della Corte “anche nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ed autonoma, del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità” (SS.UU 20603/07) e da consentire l’immediata “rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente”. (7865/15; 7847/15; 5858/13).

Nella specie la ricorrente, pur orchestrando un largo ventaglio di censure motivazionali, ha tuttavia omesso di accompagnare l’illustrazione di ciascun corrispondente motivo con la predisposizione del necessario momento di sintesi, sicchè di essi va conseguentemente dichiarata l’inammissibilità.

4. Il ricorso va dunque respinto.

Nulla per le spese in difetto di costituzione avversaria.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 18 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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