Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16734 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 16/07/2010), n.16734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1049/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PODENZANA BONVINO Davide con studio in GENOVA

VIA PALESTRO 12/3, (avviso postale), giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 36/2004 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 09/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GIACOBBE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.G. impugnava le iscrizioni a ruolo e le cartelle di pagamento Irpef ed Ilor per gli anni 1982-84, emesse dopo che i relativi precedenti avvisi di accertamento erano stati confermati per la parte non coperta dal condono, pari ad un terzo del totale, dal primo giudice. La commissione di primo grado rigettava il ricorso, mentre quella regionale annullava quelle cartelle sul presupposto che il contribuente dovesse solo versare quanto dovuto in base alla dichiarazione integrativa, presentata in pendenza del giudizio, per la definizione della controversia ai sensi della L. n. 154 del 1989.

Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di unico motivo.

Il contribuente ha resistito con controricorso, ed ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorrenti hanno dedotto il vizio di violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, ed in particolare quello di extrapetizione e di inosservanza del giudicato sul presupposto che il giudice di appello inesattamente disattendeva l’eccezione proposta dall’ufficio con l’atto di controdeduzioni, secondo cui l’importo condonato non era corrispondente a quanto accertato dal medesimo e riconosciuto dalle sentenze di prime cure passate in giudicato circa l’impugnazione originaria degli avvisi di accertamento, per le quali l’appellante doveva versare la differenza rispetto al maggiore debito d’imposta tra tali atti impositivi e quello integrato, per cui le cartelle erano state emesse, mentre invece la CTR riteneva erroneamente che gli avvisi fossero stati annullati integralmente, e che A. fosse debitore soltanto del debito relativo alla dichiarazione integrativa.

La Corte ritiene che la doglianza formulata dal Ministero e dall’agenzia è inammissibile, atteso che si propone una rivisitazione del materiale in base al quale la pretesa tributaria era stata definitivamente resa inefficace a seguito dell’annullamento degli atti impositivi mediante le sentenze del giudice di prime cure pronunciate nel 1996, passate in giudicato, senza che ogni altra questione quindi potesse essere più sollevata in contrasto con quanto ritenuto dal giudicante, in mancanza di appello.

Peraltro tale questione ha carattere assorbente rispetto alla considerazione che la tesi sostenuta dal contribuente potesse o meno essere condivisa sotto il profilo che la fattispecie in esame fosse riconducibile al disposto della L. n. 154 del 1989, art. 17, comma 1, seconda parte, alla stregua del quale “ratione temporis” per i periodi di imposta per i quali sono stati notificati accertamenti in rettifica non definitivi, se la dichiarazione è inferiore ai redditi derivanti dagli accertamenti, il rapporto non si considera esaurito limitatamente alla differenza. Invero non è possibile prospettare in sede di legittimità un vaglio alternativo degli elementi acquisiti dal giudice di merito. Al riguardo la giurisprudenza insegna che la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (V. anche Cass. sent. 00322 del 13/01/2003).

Ne deriva che il ricorso va rigettato.

Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti in solido al rimborso delle spese a favore del controricorrente, e che liquida in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila/00), di cui Euro 200,00 per esborsi, ed Euro 3.800,00 per onorario, oltre a quelle generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

 

 

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