Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16733 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 11/06/2010, dep. 16/07/2010), n.16733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, MINISTERO

DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

AMA AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE SPA (già A.M.N.U.), in persona

dell’Amm.re Delegato e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA ANTONIO BERTOLONI 29, presso lo

studio dell’avvocato PETTINATO SALVO c/o studio CAMOZZI/BONISSONI,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 41/2003 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 22/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/06/2 010 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del primo motivo,

l’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’azienda Municipale Nettezza Urbana di (OMISSIS) (oggi Azienda Municipale Ambiente) ottenne dalla Sezione 00.PP. del Banco di Sicilia un mutuo finalizzato ad opere di investimento, che fu depositato su un conto fruttifero accesso presso lo stesso istituto di credito. Alla chiusura del 31.12.1990 il Banco accreditò gli interessi maturati operando una ritenuta di imposta del 30% in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, comma 2. L’ente municipale presentò istanza di rimborso della ritenuta all’Intendenza di Finanza di Palermo e – formatosi il silenzio rifiuto – lo impugnò davanti alla locale commissione tributaria provinciale. Il ricorso venne respinto, ma accolto in sede di appello dalla CTR di Palermo.

Ministero delle Finanze ed Agenzia delle Entrate ricorrono contro la sentenza di secondo grado con due motivi. L’AMA resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La CTR ha accolto l’istanza di rimborso ritenendo illegittimo il versamento all’erario della somma di L. 342.176.782 pari a Euro 176 mila/00 circa, essendo l’AMNU (oggi AMA) esente dall’imposta su dette somme per il combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, comma 6 e del D.L. n. 377 del 1986, n. 318, art. 9, comma 6 convertito nella L. 9 agosto 1986, n. 488″.

Il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze non è inammissibile. come sostenuto nel controricorso, perchè in caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso la causa prosegue tra le parti originane (art. 111 c.p.c.) ed il Ministero risulta aver partecipato anche al giudizio d’appello, sicchè non si pone alcuna questione di estromissione tacita dal processo.

Col primo motivo del ricorso si deduce violazione dell’art. 100 c.p.c. e difetto di motivazione sul punto decisivo. Questo sarebbe costituito dal fatto che analoga domanda di rimborso della medesima trattenuta era stata proposta quale sostituto d’imposta dal Banco di Sicilia, ed in relazione a ciò l’AMA, con lettera 20.05.1996. aveva dichiarato “di rinunciare ad ogni opposizione, contestazione od ulteriore pretesa nei confronti dell’Amministrazione finanziaria in relazione al rimborso che quest’ultima effettuerà al suddetto Banco di Sicilia S.p.A.”. Ne sarebbe derivata la perdita di ogni interesse alla prosecuzione del presente giudizio, promosso dall’AMNU prima di quella rinuncia.

Il motivo è infondato, poichè la sentenza impugnata chiarisce che il giudizio promosso dal Banco di Sicilia è stato definito col rigetto della domanda, e la rinuncia enunciata nella dichiarazione sopra riportata era chiaramente subordinata alla condizione che fosse stato operato il rimborso nei confronti del sostituto di imposta.

E’ fondato il secondo motivo, col quale è dedotta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26 e della L. n. 28 del 1999, art. 14. Questa corte ha invero ripetutamente chiarito che, in tema di imposte sui redditi, in virtù della L. n. 28 del 1999, art. 14, applicabile anche ai rapporti non ancora definiti – senza che tale efficacia retroattiva possa dar luogo a dubbi di illegittimità costituzionale, essendosi in presenza di norma di interpretazione autentica, della quale ricorrono tutti i presupposti, quali il contenuto non inequivoco della precedente norma e la riconducibilità della esegesi prescelta dal legislatore in una delle alternative potenzialmente desumibili dal testo della norma stessa – il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, comma 4, terzo periodo che dispone che la ritenuta sugli interessi e proventi similari è effettuata a titolo di imposta “nei confronti dei soggetti esenti dall’IRPEG ed in ogni altro caso”, deve intendersi nel senso che detta ritenuta si applica anche nei confronti dei soggetti esclusi dall’IRPEG. Ne deriva che essa deve essere applicata anche sugli interessi maturati sui conti di deposito bancario intestati ad azienda municipale, esclusa, quale organo del Comune, dal novero degli enti assoggettati ad IRPEG ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88 (nuovo testo) (Cass. 3423/2000, 12585/2004. 14934/2006, 693/2009).

E’ appena il caso di notare, in relazione all’argomento difensivo spiegato in merito col controricorso, che non esclude la rilevanza della denunciata violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26 e L. n. 28 del 1999, art. 14) il richiamo, operato dalla sentenza impugnata, “del D.L. 1 luglio 1986, n. 318, art. 9, comma 1 convertito nella L. 9 agosto 1986, n. 488”, che concerne materia estranea alla fattispecie (le somme retrocesse agli enti locali dagli istituti di credito a norma delle disposizioni sul sistema della tesoreria unica).

Va dunque cassata la sentenza impugnata e – non essendo necessari altri accertamenti di fatto – decisa la causa nel merito col rigetto dell’originario ricorso introduttivo della lite. Poichè l’indirizzo affermato non era consolidato quando fu promosso il giudizio, e questo ha avuto esiti alterni nei diversi gradi, è giustificata la compensazione delle spese di tutto il processo.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata e – decidendo nel merito – rigetta l’originario ricorso introduttivo della lite. Compensa le spese di tutto il processo.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

 

 

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