Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16731 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 11/06/2010, dep. 16/07/2010), n.16731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, MINISTERO

DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

GIMAVA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. MORDINI 14, presso lo studio

dell’avvocato TRAMONTI EUGENIO GIANALBERTO, che lo rappresenta e

difende, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 27/2004 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 23/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/06/2010 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il resistente l’Avvocato TRAMONTI, che si riporta agli

scritti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con avviso di rettifica per l’anno di imposta 1992. L’Ufficio Iva di Roma recuperava, nei confronti della s.r.l. Gimava, l’indebito riporto del credito dell’anno precedente, in quanto non risultava presentata la relativa dichiarazione. La società impugnava l’atto sostenendo di aver tempestivamente presentato la dichiarazione a credito, sebbene all’Ufficio Iva (OMISSIS) di Roma, anzichè al competente Ufficio IVA Roma (OMISSIS). La CTP rigettava il ricorso, che era accolto in appello. L’Amministrazione finanziaria ricorre per la cassazione della sentenza della CTR con un motivo. La società contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso richiama le risultanze processuali, pacifiche in causa, secondo le quali la dichiarazione 1991, presentata all’incompetente primo Ufficio IVA di Roma, fu inoltrata al competente secondo Ufficio Iva di Roma su sollecitazione della società contribuente del 10 febbraio 1998. Avrebbe dovuto dedursene – secondo la ricorrente – che la dichiarazione doveva considerarsi omessa, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 37 e 40 (dei quali è denunciata la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto pervenuta all’ufficio competente oltre trenta giorni dopo la scadenza del termine di presentazione.

Il motivo è infondato.

Le disposizioni invocate prevedono che le dichiarazioni prescritte debbano presentarsi entro trenta giorni dalla scadenza del termine all’ufficio provinciale IVA nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del contribuente, e che le dichiarazioni presentate ad Uffici diversi si considerano fatte al momento in cui pervengano all’Ufficio competente. Inoltre il D.P.R. N. 633 del 1972, art. 37, u.c. ratione temporis) prescrive che le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a trenta giorni si considerano omesse.

Ciò posto, va rilevato che – sotto il titolo “Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente” – la L. n. 212 del 2000, art. 10 sullo “Statuto dei diritti del contribuente”, in vigore dall’1.8.2000, recita ai primi due commi:

1. “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.

2. Non sono irrogate sanzioni nè richiesti interessi moratori al contribuente qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorchè successivamente modificata dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa”. La elaborazione giurisprudenziale della disposizione è pervenuta alla conclusione che “… il principio di tutela del legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1. (Statuto dei diritti del contribuente) trovando origine nella Costituzione, e precisamente negli artt. 3. 23, 53 e 97, espressamente richiamati dall’art. 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa”. Ne ha, quindi, desunto che “a differenza di altre norme dello Statuto, che presentano un contenuto innovativo rispetto alla legislazione preesistente, la previsione del citato art. 10 è dunque espressiva di principi generali, anche di rango costituzionale, immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario anche prima della L. n. 212 del 2000, sicchè essa vincola l’interprete, in forza del canone ermeneutico dell’interpretazione adeguatrice a Costituzione, risultando così applicabile sia ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore (Cass. nn. 7080/2004, 17576/2002) sia ai rapporti fra contribuente ed ente impositore diverso dall’amministrazione finanziaria dello Stato, sia ad elementi dell’imposizione diversi da sanzioni ed interessi, giacchè i casi di tutela espressamente enunciati dal cit. art. 10, comma 2 (attinenti all’area dell’irrogazione di sanzioni e della richiesta d’interessi), riguardano situazioni meramente esemplificative, legate ad ipotesi maggiormente frequenti, ma non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti” (Cass. n. 17576/2002).

L’applicazione, al caso di specie, degli esposti principi (dai quali il collegio ritiene di non doversi discostare) comporta che il combinato disposto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 40 (che qualifica, competente a ricevere le dichiarazioni, l’ufficio provinciale iva nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del contribuente e che puntualizza che le dichiarazioni presentate ad Uffici diversi si considerano fatte al momento in cui pervengano all’Ufficio competente) e dall’u.c. del'(ora abrogato) precedente art. 37 (secondo cui le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a trenta giorni si considerano omesse), debba essere necessariamente letto alla luce del criterio di cooperazione, collaborazione e buona fede nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente contemplato dalla L. n. 212 del 2000, art. 10. E, in tale ottica, è indubbio che non possa ritenersi omessa dal contribuente, perchè pervenuta all’Ufficio competente con ritardo di oltre trenta giorni, la dichiarazione iva tempestivamente presentata dal contribuente ad ufficio territorialmente incompetente, da questo ricevuta senza obiezione di sorta, benchè si trattasse d’incompetenza riscontrabile già sulla base dei soli dati contenuti nelle dichiarazioni presentate, e, solo successivamente (oltre il termine per l’utile presentazione della dichiarazione), trasmessa all’ufficio competente, in ossequio – tardivo e successivo al radicamento nel contribuente del ragionevole affidamento circa la tempestività del proprio operato e l’assoluzione da ogni decadenza – al dovere di rimessione (Cass. 2007/1949. 2005/9407).

Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve escludersi che la contribuente sia, nella specie, incorsa nella contestata omissione di dichiarazione e riconoscersi la correttezza della sentenza impugnata che ha in tal senso pronunciato. Il ricorso va quindi respinto.

Per la natura della controversia e la sua definizione in base a giurisprudenza solo di recente affermatasi, si ravvisano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

 

 

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