Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16729 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 12/04/2016, dep. 09/08/2016), n.16729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3127-2010 proposto da:

COPER SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore, elettivamente

domiciliato in ROMA P.ZZA GIUNONE REGINA 1, presso lo studio

dell’avvocato ANSELMO CARLEVARO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARLO GONELLA giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI CIRIE’, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE SEDE CENTRALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6/2009 della COMM.TRIB.REG. del PIEMONTE,

depositata il 14/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato CARLEVARO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta al

controricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 6 del 14 gennaio 2009 la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dalla CO.PER. s.r.l. in liquidazione, confermando la sentenza di primo grado che, riuniti i giudizi instaurati dalla società contribuente, aveva rigettato le impugnazioni da questa proposte avverso quattro provvedimenti di diniego di definizione del condono fiscale ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, emessi in relazione ad IRPEG per l’anno di imposta 2002 ed IRPEF per gli anni di imposta 2000, 2001 e 2002, nonchè avverso cartella di pagamento relativa ad IRPEG, IRPEF ed IVA per l’anno di imposta 2001.

1.1. Sosteneva il giudice di appello, per quanto ancora qui di interesse, che in caso di adesione al condono di cui alla citata disposizione, con rateizzazione degli importi dovuti, il tempestivo pagamento della sola prima rata non seguito dall’adempimento delle successive, era insufficiente a determinare il perfezionamento del condono fiscale e che a diversa soluzione non poteva pervenirsi nè attraverso una interpretazione teleologica del citato art. 9 bis, nè attraverso applicazione analogica della previsione contenuta nella L. 289 del 2002, art. 16.

2. Ricorre per cassazione la società contribuente che deduce due motivi, cui l’Agenzia replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di censura, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, comma 1, e art. 12, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’opzione interpretativa cui aveva acceduto il giudice di merito per escludere che il ricorso all’analogia iuris al fine di colmare la lacuna rinvenibile nel citato art. 9 bis per la mancata previsione delle conseguenze derivanti dall’omesso versamento delle rate successive alla prima.

1.1. Il motivo è inammissibile ed infondato.

1.2. In relazione al primo profilo è agevole rilevare l’insanabile contrasto logico della congiunta formulazione della denuncia di omessa motivazione con quella di motivazione insufficiente o contraddittoria, essendo evidente che il primo di tali vizi non può coesistere con gli altri, in quanto – come desumibile dalla formulazione alternativa e non congiuntiva delle ipotesi in questione contemplate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – una motivazione mancante non può essere insufficiente o contraddittoria, mentre l’insufficienza e la contraddittorietà presuppongono che una motivazione, della quale appunto si ci duole, risulti comunque formulata (in termini, ex multis, Cass. n. 3530 del 2012; n. 19769 del 2008; 21122 del 2015; id. n. 29153 del 2014).

1.3. L’inammissibilità del motivo si trae anche dalla modalità con cui sono stati formulati i quesiti ex art. 366 bis c.p.c. che, sebbene abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 è applicabile “ratione temporis” alla fattispecie, giacchè la sentenza impugnata è stata pubblicata il 14 gennaio 2009.

Premesso che il complesso quesito trascritto a conclusione dell’esposizione del primo motivo si articola in tre distinti quesiti, osserva questa Corte che i primi due, che in ragione del loro contenuto sono riferiti alla censura di diritto prospettato nel motivo, non mettono la Corte in grado di poter comprendere, dalla loro sola lettura, l’errore asseritamene compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile, essendo generici e teorici, consistendo nel mero interpello della Corte sull’esatta applicazione di una norma, in un senso piuttosto che in un altro (in termini, Cass. 3530 del 2012, n. 19769 del 2008). Infatti, la ricorrente nel primo quesito chiede a questa Corte “se mancando un’esplicita previsione normativa in caso di ritardato versamento dei ratei successivi al primo nelle definizioni per condono di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 9 bis e 12 resta ferma l’intervenuta definizione ex art. 9 bis della citata legge” e, nel secondo, chiede di affermare se la prospettata lacuna “possa essere colmata attraverso l’estensione “a simili”del regime di non inefficacia dei condoni e il recupero del non versato a titolo definitivo D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 14 e l’irrogazione di sanzioni pari al 30% delle somme non versate, oltre interessi, contemplato dalla L. n. 289 del 2002, art. 7, comma 5, art. 8, comma 3, art. 9, commi 12 e 17, art. 15, comma 5 e art. 16 comma 2”.

Oltre al rilievo che nel quesiti si fa riferimento all’ipotesi di ritardato versamento dei ratei dovuti per la definizione agevolata, e quindi a fattispecie diversa da quella qui vagliata, osserva la Corte che, così come formulati, i quesiti non contengono neanche la sintesi logico-giuridica della questione, venendo meno alla funzione di far comprendere al giudice di legittimità, dalla loro sola lettura, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (in termini. Cass. S. U, ord. n. 7433 del 27/03/2009; id. n. 8463 del 2009).

1.4. A completamento dei profili di inammissibilità dei quesiti in esame deve rilevarsi che la società ricorrente muove dal presupposto dell’esistenza di un vuoto normativa, di una lacuna nella disciplina della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis in ordine agli effetti del ritardato pagamento di una rata dell’importo dovuto per la definizione agevolata, invece espressamente esclusa dalla CTR che nel silenzio del legislatore ha ravvisato una precisa “volontà di non accordare il beneficio” ai contribuenti inadempienti nel pagamento delle rate.

1.5. I1 terzo quesito, che deve ritenersi formulato in relazione al dedotto vizio motivazionale, è inammissibile perchè in esso non viene specificato chiaramente il fallo controverso nè le ragioni che rendono inidonea la motivazione a giustificare la decisione. Come costantemente ribadito da questa Corte, il momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che deve accompagnare la deduzione del vizio di motivazione, deve essere formulato in modo tale da circoscrivere puntualmente i limiti della censura, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità” (Cass. sez. un, 1 ottobre 2007, n. 20603; id. n. 3441/2008, n. 2697/2008, n. 13368/2014). Contenuto che non è affatto rinvenibile nel quesito in esame.

2. Il motivo, come sopra anticipato, è anche infondato.

Invero, secondo il costante orientamento di questa Corte, il condono previsto dalla L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9 bis, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono demenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate della L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se tale condizione venga rispettata, essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive (Cass. 7 maggio 2013, n. 10650; 3 maggio 2013, n. 10309; 23 settembre 2011, n. 19546; 6 ottobre 2010, n. 20745) ed escludendosi che 1e previsioni contenute nella L. n. 289 del 2002, artt. 8, 9, 15 e 16, che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, siano suscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di condono, sono di carattere eccezionale (cfr. Cass. ord. n. 25238 del 08/11/2013; sent. 30 novembre 2012, n. 21364; id. 23 settembre 2011, n. 19546 e, più recentemente, nn. 5861, 5967, 5968 e 5969 del 2016).

3. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 7 e art. 23 Cost., nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’iscrizione a ruolo senza la previa verifica dell’esistenza di un condono, con conseguente emissione di cartella di pagamento per importi, comprensivi di interessi e sanzioni, non dovuti.

3.1. Il motivo che, in relazione al vizio di violazione di legge, è stato accompagnato da un quesito di diritto assolutamente inammissibile per l’estrema genericità che lo connota – sostanziandosi nella richiesta a questa Corte di affermare “se sia applicabile in via autonoma il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. h) e se risulti violato l’art. 23 Cost.” – e che, con riferimento al vizio motivazionale, è del tutto privo del momento di sintesi (cfr. Cass. sez. un, 1 ottobre 2007, n. 20603; id. n. 3441/2008, n. 2697/2008, n. 13368/2014), è comunque assorbito dal rigetto del primo motivo di ricorso.

4. In applicazione del principio della soccombenza, la società ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. Giustizia n. 55 del 2014.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in 8.000,00 Euro, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 12 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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